Tre gemelle identiche scoprono l’esistenza l’una dell’altra in seguito alla morte di una di loro. Una storia da fiato sospeso, che sembra avere tutte le caratteristiche per risultare interessante. Un thriller proposto dalla piattaforma Netflix, che proprio nelle ultime ore ha aggiornato il suo catalogo con la serie Triptych, di produzione messicana. Una serie in realtà molto ambiziosa, che nel tentativo di diventare memorabile scivola nel caos e nell’incompreso. Noi l’abbiamo guardata e, nella spiegazione del finale di Triptych, cercheremo di capire cosa degli eventi narrati possa aiutare a comprenderla. Lo diciamo subito: la storia all’inizio ingrana bene, salvo poi perdersi in digressioni e cambi di genere, con un finale privo di logica e colmo di vuoti narrativi.
Triptych: i cloni di una nazista
Per cercare di comprendere al meglio il finale di Triptych, purtroppo pregno di buchi di trama, bisogna risalire al sesto episodio. Dopo che Becca apprende da Beatriz (l’infermiera presente alla loro nascita) di essere stata scelta con le sue gemelle per un esperimento in cui era coinvolto Bernardo Saenz, si incontra con Tamara e Pilar (madre di Aleida) a casa della madre adottiva. In quell’occasione Pilar svela che a occuparsi dell’adozione di Aleida ci aveva pensato Bernardo, il padre di Eugenio (il marito di Aleida), ma non riescono ancora a capire perché l’adozione sia avvenuta a New York. Pilar però confessa che a fare da mentore sia a Bernardo che a Federico c’era un altro uomo, il cui vero nome si saprà solo in seguito. Essendo stati a capo della Humanitas Vita, Becca decide di infiltrarsi nei sotterranei dell’ospedale con l’aiuto di Pilar, sperando di ottenere qualche informazione riguardo il suo passato.
Ed è proprio lì che insieme a Umberto scopre un baule con le iniziali di Bernardo Saenz, in cui all’interno è posta una foto di una donna nazista identica alle gemelle. Credendo di essere loro il suo clone, Becca torna sconvolta dalla psichiatra Julia, la quale le svela che il terzo uomo di cui parlava Pilar si chiama Marcus Erzoc, ricercato dai servizi segreti israeliani che al tempo erano impegnati a scovare criminali nazisti nascosti in Sud America. Ma questo si scoprirà essere tutto un depistaggio e Marcus Erzoc si rivelerà chiamarsi Thomas Meyer.
Il depistaggio
Nello svolgersi delle dinamiche, ad un certo punto Becca riceve una chiamata da Beatriz, la quale la invita a raggiungerla a casa sua perché ha delle cose da confessarle. La donna va da lei dopo una grossa sbronza, in cui chiama anche Eugenio sempre più convinta che dietro la morte della sorella ci sia proprio lui. Quando però arriva dalla donna, Becca la trova assassinata e, ricordandosi di aver svelato a Eugenio dove si sarebbe recata, si convince della sua colpevolezza. È solo allora che scappa a casa di quest’ultimo ma, arrivata davanti al portone, qualcuno inizia a spararle. Riuscita a fuggire, Becca cerca l’aiuto di Umberto, il quale la rassicura dicendole che porterà sia lei che Tamara in un rifugio della procura per proteggerle.
La scoperta della verità
Arriviamo così all’atto conclusivo di Triptych, abbastanza complesso poiché privo di sviluppi logici. Quel che si apprende nell’immediato è che il rifugio in cui Tamara e Becca vengono trasferite è in realtà la villa della psicologa Julia, la quale altri non è che l’artefice di tutto l’esperimento. Umberto si svela essere il suo galoppino (non si sa né perché né che rapporto li leghi), colui che per tutto questo tempo era incaricato di tenere sott’occhio Becca mentre Julia costruiva storie volte a depistarla. Le due gemelle vengono così rinchiuse in una sorta di bunker, e quando chiedono spiegazioni alla dottoressa, essa confessa loro l’inquietante verità.
Julia era collega del professor Thomas Meyer, colui che aveva fatto da mentore a Bernardo e Federico. Il suo scopo era capire cosa avesse più influenza sulle persone, se l’ambiente in cui vivevano oppure la loro genetica. Per farlo e dunque poterle studiare, aveva bisogno di gemelle che potesse separare alla nascita, per poter calare ognuna di loro in ambienti familiari e socio-economici diversi. Il progetto “Triada”, che è anche il titolo della serie, Julia lo aveva iniziato con Meyer negli Stati Uniti, fino a quando quest’ultimo non si era tirato indietro per paura di essere arrestato. Costretta a tornare in Messico, aveva incontrato il dottor Bernardo Saenz, che l’aveva messa a capo del dipartimento di psichiatria. Julia dichiara di essere così riuscita ad ottenere la prima fecondazione in vitro di trigemine del tutto identiche e di essere loro madre.
Un finale ambiguo
Solo dopo Julia confessa di voler continuare l’esperimento, ed è proprio in quel momento che Becca e Tamara scoprono che in realtà Aleida non è morta. L’ultima gemella è infatti tenuta prigioniera nella stessa villa dove sono loro. Con l’aiuto di Umberto, Julia era riuscita a scambiare i corpi in ospedale (quando ad Aleida avevano sparato) e fatto cremare un’altra paziente deceduta. Mentre parlano però, seppur a livello narrativo non sia ben spiegato, Aleida si sveglia dallo stato di trance in cui si trova e riesce a far scattare il contatore, la cui corrente mantiene serrate le porte in cui sono imprigionate. Tamara e Becca possono fuggire e, attraversata la villa labirintica, si ricongiungono alla sorella creduta morta. Ma Julia è riuscita a raggiungerla prima e ha fra le mani una pistola.
La sequenza successiva mostra le tre gemelle in un’auto, mentre sfrecciano verso la libertà. La costruzione narrativa del finale risulta scarna di informazioni ma si suppone che Becca, la quale aveva in mano un’altra pistola, riesca ad avere la meglio su Julia e spararle prima che lei possa farlo ad Aleida. Nella corsa furiosa, le tre incontrano per strada Eugenio, che è innocente. C’è uno stacco. La scena seguente si svolge in ospedale, dove Aleida è stata ricoverata per accertamenti. Quando la polizia arriva nella struttura, Becca viene chiamata per alcune domande su Julia, l’artefice di tutto. “Questa criminale è finita in un luogo in cui nessuno potrà trovarla”, risponde Becca mentre la macchina da presa con una carrellata in avanti ci mostra Julia imprigionata nel bunker, con solo una torcia e un’altra luce fioca a farle compagnia. Si suppone, dunque, che le gemelle siano state in grado di confinarla proprio dove loro erano state rinchiuse: il bunker sotto la villa, un luogo dimenticato da Dio.