Grande cinema travestito da teatro dell’assurdo. Un’isola sperduta, due uomini e un litigio in apparenza futile, sciocco, banale. Non serve una trama quando hai un grande pretesto. Gli spiriti dell’isola è tutto così: basato sulla fragilità dei sentimenti umani. Sull’ignoranza che genera mostri, sull’isolamento che chiude gli uomini dentro le proprie prigioni. Rimasto ingiustamente a mani vuote dopo la Notte degli Oscar, lo splendido film di Martin McDonagh prova a risplendere su Disney Plus, dove è disponibile da qualche giorno. Un’ottima occasione per apprezzare un’opera intelligente (in perfetto equilibrio tragicomico), una regia che ti fa familiarizzare con gli spazi (più che con le persone) e soprattutto un grottesco braccio di ferro tra disgraziati. Tra uomini guardati con compassione da asini e donne insofferenti. Un film intelligente sulla stupidità dal forte significato simbolico, che ripercorriamo insieme
I motivi della lite
Pàdraic, il giovane stolto. Colm, l’anziano stanco. Sono loro le anime in pena del film. Due vecchi amici che di colpo amici non lo sono più. Perché? Il vecchio Colm è stanco della futile compagnia di un uomo stupido come Padraic. Una persona che nulla aggiunge alle sue noiose giornate passate su un’isola dimenticata dal mondo. Colm vuole dare un senso agli ultimi anni della sua vita. Non ha più tempo da perdere. E così decide di dedicarsi soltanto alla sua musica, composta col suo amato violino.
Senza l’intralcio del suo compare, che nulla aggiunge alla sua esistenza. Il problema è che Padraic è stolto per davvero, e non riesce ad accettare la fine della loro amicizia. Per lui il rifiuto continuo di Colm (fondamentale figura di riferimento) diventa un’ossessione sempre più tartassante, che attraversa più fasi: sorpresa, negazione, non accettazione e rabbia. Una lenta discesa negli inferi che mostra tutta l’inettitudine di un uomo incapace di gestire con maturità i cambiamenti della vita. Perché lì, nell’isola sperduta di Inisherin, tutto è fermo, immobile, uguale a come è sempre stato. Appena una tradizione viene violata, ecco che l’inquietudine serpeggia nel cuore degli uomini. Ecco la tragedia pronta ad andare in scena.
Uno specchio distorto
Gli spiriti dell’isola è una grande metafora. Un film dal forte impianto allegorico. Nonostante la futilità dello spunto iniziale, il film di McDonagh si apre a una lettura molto più significativa e universale. Un discorso che va oltre il semplice rapporto logoro tra due persone. Gli indizi sono sparsi lungo tutto la pellicola, dove spesso viene citata la guerra civile che riecheggia all’orizzonte. Lontana eppure vicinissima. Sulla terra madre (l’Irlanda) si combatte e si muore. Altri irlandesi ammazzano altri irlandesi. I motivi dello scontro? I violenti dissidi tra i nazionalisti irlandesi, sostenitori dello Stato Libero d’Irlanda e i moderati, a sostegno di una subordinazione alla Gran Bretagna.
E così Inisherin diventa la proiezione di quel conflitto fratricida, lo specchio distorto di quella battaglia sanguinaria. Ecco che Colm e Padraic diventano l’incarnazione della guerra civile. Uno scontro intestino senza scrupoli che trova la sua allegoria più potente nella mutilazione fisica di Colm, che decide di tagliarsi un dito ogni volta che Padraic gli rivolge la parola. Quel folle atto di autolesionismo ha un doppio significato: da una parte rappresenta la crudeltà fisica (e insensata) di una guerra tra pari (gli irlandesi erano di fatto dita della stessa mano), dall’altra impedisce all’uomo si suonare il violino, tarpando di fatto ogni forma di poesia e bellezza.
Il significato del finale
Arriviamo al vero e proprio significato del finale de Gli spiriti dell’isola. Lo scontro tra Padraic e Colm arriva all’apice della sua folle assurdità quando un dito mozzato del secondo soffoca l’asinella del primo. A quel punto la presunta innocenza dell’innocuo stolto evapora del tutto, diventando pura furia vendicativa. Pura cattiveria. Padraic decide di dare fuoco alla casa di Colm, e poco importa che il suo vecchio amico sia in casa. La sequenza lascia presumere che l’anziano muoia nell’incendio, ma la scena finale ribalta tutto mostrando Colm ancora vivo, che scruta l’orizzonte sulla spiaggia. Ma l’uomo è davvero ancora vivo? Secondo noi no. Quella scena finale è l’ultima metafora del film.
La morale della tragedia raccontata attraverso un ultimo faccia a faccia tra Colm e Padraic che, non a caso, guardano verso l’Irlanda. I due si chiedono se la guerra civile sia finita, per poi arrivare a un’amara conclusione: “Alcune cose non si superano mai”. L’odio ha vinto, la vendetta ha consumato ogni cosa. Padraic ha ucciso Colm. La conferma arriva dalla frase finale dell’anziano che dice: “Grazie per prenderti cura del mio cane”. Conferma definitiva della sua dipartita. Morte sottolineata dalla splendida inquadratura finale in cui McDonagh mette in primo piano una banshee (lo spirito dell’isola), la vecchia strega che sembra quasi godersi lo spettacolo. Ovvero l’ultima resa dei conti tra due uomini il cui spirito è ormai dannato per sempre.