Netflix sta considerando molto attentamente l’idea di limitare o controllare l’utilizzo di password condivise a partire dal 2023, tramite la richiesta di un pagamento aggiuntivo all’utente proprietario e principale utilizzatore di un determinato account, per consentirne la condivisione libera (o quasi), anche al di fuori del nucleo domestico.
Già a partire dal 2019, analisti interni a Netflix avevano notato un drastico calo delle sottoscrizioni, e dopo delle indagini interne, era stato stabilito che la condivisione password rappresentava uno dei fattori d’impatto. L’arrivo della pandemia di Covid aveva però improvvisamente messo un freno all’emorragia, con più di 16 milioni di nuovi abbonati nel primo semestre del 2020; lo stabilizzarsi della situazione sanitaria e il graduale ritorno alla normalità ha di nuovo portato all’attenzione del gigante dello streaming la questione degli account condivisi.
Secondo fonti interne all’azienda, ad oggi sono più di 100 milioni gli utenti di Netflix che utilizzano un account “in prestito”, spesso da un familiare o da un amico; l’intenzione è quella di limitare questa pratica a partire dai primi mesi del 2023, chiedendo appunto al proprietario dell’account un pagamento aggiuntivo a cadenza mensile per permettere la condivisione, con tutta probabilità a un massimo di due persone estranee al nucleo familiare non convivente.
Dettagli riguardo le tempistiche e i prezzi dell’operazione non sono noti, ma sempre secondo fonti interne all’azienda, l’idea sarebbe quella di proporre, almeno per il mercato statunitense, un prezzo di poco inferiore a quello attualmente richiesto per usufruire del piano con pubblicità lanciato lo scorso novembre (e che in Italia costa 5.49 euro); così facendo, si incentiverebbero coloro che usano account di altri, a crearne uno nuovo, e personale, a costo contenuto. In questa ottica, verrebbe offerta anche la possibilità di trasferire dal vecchio account (quello “in prestito”) al nuovo, le informazioni del profilo, le preferenze, e la cronologia di visione.
Ad ogni modo, Netflix sta già ormai da mesi conducendo test di fattibilità, per l’implementazione del pagamento aggiuntivo, in molti paesi dell’America Latina, una delle zone del mondo in cui la condivisione degli abbonamenti è pratica consolidata; in paesi come la Colombia, il gigante dello streaming deve addirittura vedersela con vere e proprie organizzazioni fraudolente di compravendita di password e account rubati.
La sperimentazione si articola come segue: se un utente X diverso dal proprietario, accede a un account condiviso, Netflix invierà sul cellulare del proprietario un codice temporaneo, da comunicare all’utente X, che poi effettuerà l’accesso sul device di sua scelta. Secondo fonti coinvolte in questi test, però, quella del codice temporaneo viene vista come una soluzione tappabuchi: l’utente X in questione potrebbe continuare a ricevere avvisi o richieste di inserimento codice, finché il proprietario non verserà la quota richiesta per la liberalizzazione della condivisione.
A questo proposito, Netflix dovrà anche cercare di risolvere il problema legato a legittimi proprietari di account che fruiscono di contenuti in mobilità, o in una seconda casa, o in albergo. Una delle soluzioni allo studio è quella di permettere al proprietario di comunicare a Netflix un eventuale cambio di domicilio, anche protratto per un certo periodo di tempo (pensiamo ai figli di genitori separati che dividono il loro tempo tra la madre e il padre).
Come detto, al momento non vi sono notizie certe su tempistiche di implementazione di un’eventuale “quota condivisione”, e nemmeno sui prezzi, ma dal canto suo, in un incontro con gli investitori svoltosi lo scorso novembre, il co-CEO Ted Sarandos ha dichiarato: “Intendiamoci, non credo proprio che i consumatori ameranno alla follia una mossa del genere”, aggiungendo che spetta all’azienda far sì che i suoi utenti riconoscano il valore delle scelte fatte.