Nel 2004 Donato Bilancia concesse un’intervista in carcere a Paolo Bonolis per Domenica In. Un’intervista che andò in onda alle 19.00 del 25 aprile che sollevò, prevedibilmente, numerose polemiche anche da parte di Lucia Annunziata, presidente della Rai, che disse: “Terrificante assistere alle confessioni televisive di un serial killer sulla rete ammiraglia del servizio pubblico nel contenitore seguito ogni domenica pomeriggio da milioni di famiglie“.
Paolo Bonolis iniziò l’intervista con una semplice domanda, chiedendo al serial killer perché uccideva e cosa lo spingesse a farlo. “Questa è una domanda alla quale io non posso rispondere, e non posso tuttora dare nessun genere di spiegazione – replicò Donato Bilancia – stiamo lavorando con un pool di persone che mi sta seguendo, stiamo cercando di arrivare a svelare questo arcano. Però è un percorso lungo, difficoltoso“.
Donato Bilancia affermò di ricordare tutto dei suoi omicidi ma di non poterne dare una spiegazione: “Sono lì sul divano che sto guardando la TV, mi alzo, vado a uccidere una donna su un treno. Perché? Non posso rispondere. Io ricordo tutto, momento per momento, però sul perché non posso rispondere“. Aggiungendo di non sentirsi responsabile perché: “Non ero io quello, Era come se, guidando un’autovettura, fossi finito sulla pensilina di un autobus e avessi ammazzato 15 persone. Questa è la sensazione che sento”.
Quando Donato Bilancia aveva 37 anni, rimase sconvolto per la morte di suo fratello: l’uomo si suicidò gettandosi sotto un treno con il figlio di quattro anni in braccio. Questo inciso è necessario per capire un passo dell’intervista di Bilancia. “Tracce del suo sperma sono state trovate su una delle vittime uccise sul treno“, gli disse Paolo Bonolis. Anche in questo caso, Bilancia affermò di non ricordare, ma ipotizzò che potesse essere stata “Una sorta di vendetta per mio fratello, però non ne sono sicuro”. Alcuni degli omicidi di Bilancia si sono consumati a bordo dei treni, e la morte del fratello, secondo alcuni criminologi, potrebbe essere la causa di questa sua atipica scelta di cercare le sue vittime.
Tre delle diciassette vittime del serial killer sono metronotti, e anche su questo la giustificazione di Bilancia fu poco chiara. L’uomo chiamò in causa episodi del passato: “Anche gli omicidi dei guardiani notturni potrebbero essere collegati ad episodi del passato, 25, 30 anni fa, non mi ricordo quando. Un guardiano notturno mi ha sparato nella notte, così, probabilmente, può essere stato per questo motivo che li ho uccisi, ma non posso dirlo con certezza”.
Nel 1990 Donato Bilancia fu vittima di un incidente stradale e rimase in coma per alcuni giorni, questo gli ha fatto credere che Dio non volesse un suo ravvedimento. In quel periodo Bilancia aveva smesso di vivere di espedienti e lavorava trasportando merci. Qui, il suo ragionamento si fece contorto, l’omicida disse di non credere in Dio ma, allo stesso tempo, affermò che: “Se l’inquilino del piano di sopra avesse voluto farmi morire in quell’incidente“, quello che è venuto dopo, ossia gli omicidi, si sarebbero evitati. “Evidentemente, lui, Dio, non voleva che io avessi un’esistenza normale“.
Donato Bilancia è stato un giocatore incallito, ma aveva la cosiddetta faccia da poker, anche quando ammazzava: “Io avevo lo stesso identico viso che ho in questo momento che glielo sto raccontando, uguale identico, non traspariva nulla. Difatti anche i miei genitori non si sono mai accorti di niente, eppure io come sempre, anche in quel periodo, andavo a casa loro, stavamo assieme, nessuno si è mai potuto accorgere di niente“.
Questa freddezza, questa capacità di bluffare, gli ha permesso di farla franca anche una sera quando: “In quel di Ventimiglia avevo appena finito di fare una rapina con un morto, mi ha fermato la polizia e io parlavo con la Polizia come sto parlando con lei in questo momento. Uguale”.
“Lei ha dichiarato di voler mettere fine alla sua vita con il suicidio, ma di non esserne stato capace. Lei ritiene quindi che la condanna che le è stata data, 13 ergastoli, sia una condanna insufficiente?“, gli chiese Paolo Bonolis. Lui replicò “Sì, sì secondo me la pena erogabile in questo tipo di circostanze è una soltanto, e non lascia spazio ad altre iniziative, anche perché io, vede, avrei bisogno di una cosa soltanto, cioè del suicidio”.
Bilancia intendeva il suicidio come arma di riscatto, ma non aveva intenzione di impiccarsi con un lenzuolo. “Io sono disposto a dare la mia vita domani mattina, senza nessun problema, a una persona che ha bisogno di vivere e che non può. Voglio intendere uno che è in dialisi, che ha cinque figli, la famiglia da mantenere, e ha questo strazio tutto il giorno, tutti i giorni, non è giusto e allora io, che non merito di vivere, in questa circostanza, gli do a questa persona la possibilità di vivere, perché io non lo merito e lui sì. In questa maniera io, un minuto prima di mettermi lì sulla barella per farmi fare l’anestesia, mi sento riscattato”.
Donato Bilancia afferma che in quel periodo aveva perso l’equilibrio: “In quel momento lì, fatta eccezione per i bambini, io avrei potuto fare qualsiasi cosa”. Questo pensiero lo lacerava, affermò Bilancia, ritenendo che la morte potesse essere essere una liberazione perché in prigione riviveva continuamente quello che aveva fatto.
Bonolis però, a queste parole si dimostrò perplesso: “Lei dice queste cose perché sa che la pena di morte nel nostro ordinamento non esiste”, ma il serial killer ribadì: “Io sono straziato dal dolore di questa vicenda” ribadendo che morire per aiutare una persona sfortunata potesse essere un “riscatto morale”.
Donato Bilancia è morto il 17 dicembre 2020. Nel carcere padovano scoppiò un focolaio di COVID-19 che contagiò detenuti e agenti, e Bilancia fu l’unico per il quale si rese necessario il ricovero presso l’Azienda ospedaliera di Padova, nel reparto di pneumologia. L’omicida, a cui erano stati rifiutati dei permessi premio, riteneva che i giudici non avevano compreso i suoi sforzi per cambiare e rifiutò le cure per non essere “più un problema per la società“.