Il film: Gonzo Girl, 2023. Regia: Patricia Arquette. Cast: Camila Morrone, Willem Dafoe, Patricia Arquette. Genere: Drammatico, biografico. Durata: 107 minuti. Dove l’abbiamo visto: Alla Festa del Cinema di Roma 2023.
Trama: Alley, giovane e aspirante scrittrice, accetta un lavoro come assistente del celebre giornalista Walker Reade, padre del Gonzo Journalism. L’opportunità si rivela presto un’esperienza più dura del previsto.
Dopo una vita professionale trascorsa davanti la macchina da presa, Patricia Arquette sceglie di esordire alla regia. Lo fa con Gonzo Girl, l’assurda ma vera storia di una giovane assistente di Hunter Stockton Thompson, il padre del Gonzo Journalism. Uno stile di scrittura che mescola la ricerca oggettiva dei fatti alla ricchezza cruda e visiva di un racconto narrativo, che il film di Arquette, scritto da Rebecca Thomas e Jessica Caldwell a partire dall’opera autobiografica ed omonima di Cheryl Della Pietra, prova ad imitare nella forma. Ne parliamo in questa recensione di Gonzo Girl.
La trama di Gonzo Girl
Nel 1992 New York offre molte opportunità per un’aspirante scrittrice, ma è anche decisamente costosa. Bisogna trovare il modo di guadagnare qualcosa e tra le mani di Alley (Camila Morrone) capita una ghiotta opportunità: diventare per alcuni mesi assistente del celebre ed istrionico Walker Read (Willem Dafoe). È la chance di prendere due piccioni con una fava. Poter affiancare uno dei più importanti giornalisti dell’epoca durante il suo processo creativo e allo stesso tempo portarsi a casa un assegno da venticinque mila dollari una volta che Reade avrà consegnato il manoscritto.
C’è solo un problema: Read è nella fase calante della sua carriera e non riesce a scrivere nemmeno una pagina. Passa le giornate a sballarsi in un tripudio di feste, droghe, alcol e donne. Normale routine che lo ha accompagnato lungo il corso della sua vita professionale, salvo che adesso al calare della notte non riesce più a trovare l’ispirazione. Non fa altro che chiedere soldi al suo editore e far trotterellare in giro la storica segretaria (la stessa Arquette).
Ci vuole poco perché nel vortice finisca per roteare anche Alley, portatrice di una fresca novità nella vita di quest’uomo che emana un odore a metà tra fascino e decadenza. Alley pensa di poter raddrizzare le sorti creative di una creatura che lotta e strepita perché prossima al declino, ma presto viene plagiata dal peso di questo mondo vicino al collasso.
Intuizioni a metà
Forse il più grande peccato di Gonzo Girl è di non credere mai per davvero alle intuizioni che per qualche istante sembra avere e poi accantona. La figura di Reade è complessa e quasi inafferrabile, trascinante ma anche sgradevole. La dipingeva passandola sotto acidi Paura e delirio a Las Vegas, trasposizione cinematografica di uno scritto del vero Thompson che di quel film era appunto anche protagonista nella performance di Johnny Depp.
Nonostante Gonzo Girl parta da tutt’altra parte e da tutt’altra parte voglia andare a parare, soprattutto considerando l’importanza del punto di vista femminile, per alcuni istanti Arquette sembra inquadrare il rapporto sotto un’intrigante prospettiva. Scioglie le briglie al film quando Alley inizia ad essere contaminata dall’influenza di Read: la regia risponde all’abuso di sostanze dei suoi protagonisti e si impianta con inserti alterati, cartooneschi, deformati nei contorni e nei colori.
È qualcosa che dura poco. Una traccia solo suggerita e presto abbandonata a se stessa, che così va a creare uno scarto riguardo ciò che l’opera vuole fare e che lascia freddi quando Gonzo Girl rientra in carreggiate del tutto convenzionali. Ci sono la seduzione come quella di un attore belloccio che frequenta la tenuta di Reade (Ray Nicholson), le sfuriate, i momenti di obliqua tenerezza, il caos e i tentativi di ordine nel caso.
Una visione ambigua su un rapporto ambiguo
Dopo una prima parte che propone l’idea di parlare sfruttando il linguaggio a cui sono assoggettati i suoi stessi protagonisti, il resto si fa insomma classica storia di un rapporto di ambigua dipendenza. Ambigua perché di certo sano non è il modo in cui Alley è stipata tra il mobbing e l’abuso psicologico, dipinta forse anche con eccesso come scolaretta sprovveduta. Ambigua anche a causa del fatto che la sceneggiatura ribadisce comunque la centralità della figura di Reade nello sviluppo personale e lavorativa di Alley.
Cosa che può starci – dopotutto si tratta di un racconto autobiografico – ma fatica a mettere in chiaro alcuni paletti di demarcazione. Esempio lampante ne sono gli ultimissimi minuti del film, in cui la protagonista è in una scena bersaglio di un attacco fisico e in quella successiva si ritrova in sostanza a ringraziare il proprio mentore-carnefice. Come a suggellare involontariamente il concetto che la crescita o un successo abbiano il diritto di passare da una violenza subita.
Insomma, ad essere ambigua è un po’ tutta la lente sotto la quale regista e sceneggiatrici passano il racconto di Gonzo Girl. Ne sbuca fuori un’opera a cui manca estro – nonostante un sempre ottimo Dafoe – e visione, piglio interpretativo e chiara presa di posizione.
La recensione in breve
Gonzo Girl, esordio alla regia cinematografica di Patricia Arquette, è un film che nonostante alcune interessanti premesse scade presto nel convenzionale. Si fa poi anche ambiguo quando tratta con indecisione il rapporto contrastante tra i suoi due protagonist.
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