Tutti sono destinati a crescere. Anche i giovani maghi considerati i prescelti per combattere il ritorno del Signore Oscuro. È per questo che il quarto capitolo della saga potteriana mette in evidenza proprio questa caratteristica, ampliando notevolmente il racconto. Con il calice di fuoco, infatti, J.K. Rowling porta i suoi ragazzi eccezionali fuori dal recinto ancora rassicurante dell’infanzia e li fa immergere nelle atmosfere più confuse e pericolose dell’adolescenza.
Per dare corpo a tutto questo, considerando anche l’aggiunta di un contorno più minaccioso, era stato chiesto ad Alfonso Cuarón di continuare la sua avventura nel magico mondo di Hogwarts. Un’offerta che, però, il regista rifiuta per i tempi troppo stretti tra la post produzione de Il prigioniero di Azkaban e l’inizio delle riprese di Harry Potter e il calice di fuoco. Per questo motivo la macchina da presa passa nelle mani di Mike Newell, il primo regista effettivamente britannico ad entrare nell’universo potteriano.
È il 2005 quando Newell si trova a confronto con un materiale narrativo dalle proporzioni notevoli. Il calice di fuoco, infatti, ha rappresentato una sfida soprattutto per riuscire a sintetizzare un capitolo dettagliato e fin troppo ampio, in un film della durata di 157 minuti. Il tutto senza snaturarne intenti e natura. Sono riusciti in questo proposito? La questione è ancora aperta e genera non poche discussioni tra gli appassionati. In quest’ambito, però, limitiamoci a considerare le 5 curiosità su Harry Potter e il calice di fuoco.
1. Mike Newell ed il suo tocco britannico
Poco prima che l’avventura potteriana iniziasse, J.K.Rowling aveva espresso un desiderio che aveva il sapore di un dictat: i registi dovevano essere britannici. Una questione che, però, è stata evidentemente ignorata per i primi tre capitoli considerando la presenza di Chris Columbus e Alfonso Cuarón dietro la macchina da presa. Il fatto è che si è sempre dovuto fare i conti con degli impegni presi precedentemente dai prescelti.
Nel 2005, però, il desiderio della Rowling viene soddisfatto grazie all’arrivo sul set di Mike Newell. Ad essere più precisi, la sua scelta non dovrebbe creare stupore. Sembrerebbe, infatti, che il regista fosse stato la prima opzione della produzione fin da Harry Potter e la pietra filosofale. A frapporsi fra lui e il magico mondo di Hogwarts, però, c’erano degli accordi presi in precedenza per altri film.
Così, finalmente libero, Newell approda sul set di uno dei film più coreografici, considerando tutte le prove del Torneo Tre Maghi, caratterizzando le riprese con il suo tocco un po’ folle. E’ lo stesso Rupert Grint a definirlo incredibilmente alla mano ma anche pazzo come un cavallo. D’altronde è stato l’unico ad ingaggiare un vero corpo a corpo con gli attori che interpretano i gemelli Weasley per dare loro un esempio di come avrebbero dovuto realizzare una scena. Un esperimento terminato con una costola incrinata. Ovviamente di Newell.
2. Hermione, regina del ballo
Com’è stato preannunciato, elemento centrale di questo quarto capitolo, oltre alle prove del torneo Tre Maghi e alla minaccia sempre più concreta di Voldemort, è anche l’adolescenza con un numero imprecisato d’incertezze. Oltre a questo, poi, si entra ufficialmente nell’era delle prime cotte e dei balli scolastici, gioia e dolore di qualsiasi adolescente. Almeno nel mondo anglo-americano. Ecco, dunque, che il classico Prom entra anche nel mondo potteriano scatenando gelosie, insicurezze ed un numero imprecisato di gaffe. Compresa una rovinosa caduta dalle scale. L’unica consolazione è che nessuno l’ha mai vista, dato che è stata tagliata dal montaggio finale. Protagonista è la sempre perfetta e sicura di se Hermione che, diventata oggetto di attenzioni sentimentali da parte dell’atletico Viktor Krum, si reca al ballo come sua accompagnatrice.
La scena che la Rowling e Newell costruiscono è importante. Hermione, infatti, appare all’improvviso all’inizio della scalinata e, sotto gli occhi sorpresi di tutti, avanza bellissima nello splendore di un vestito da sera rosa. Questa scena, dunque, rappresenta il suo passaggio da bambina goffa a ragazza consapevole della propria femminilità. Peccato, però, che Emma Watson non lo fosse ancora. Almeno non sotto gli occhi di tutti. Per questo motivo Newell le fa ripetere la scena tante di quelle volte, modificando la sua postura, che, alla fine, cade rovinosamente dalle scale sotto gli occhi dell’intero cast riunito.
3. Le prove del Torneo Tre Maghi
La struttura della narrazione si basa essenzialmente sul Torneo Tre Maghi e sulle prove che i quattro ragazzi prescelti devono sostenere. Come sappiamo Harry Potter è stato coinvolto con l’inganno, nonostante la sua età non gli permetterebbe di essere selezionato. Come riportare, però, la spettacolarità delle prove sul grande schermo. La scrittura della Rowling è sempre stata particolarmente dettagliata ma nel Calice di fuoco diventa ancora più minuziosa. Per questo motivo, dunque, la produzione ha dovuto cercare un modo per non deludere le aspettative dei lettori senza sfiorare la bancarotta.
Per ottenere questo, ad esempio, si è ricorso al riciclo perché, anche nel mondo dei maghi è vietato gettare scenografie. Così, per realizzare l’ungaro spinato, il drago che deve affrontare Harry nella prima prova, si è ricorsi alla struttura dello storico basilisco. Questa, ovviamente modificata, ha dato vita ad un altro temibile avversario.
Chi non ricorda, però, le scene acquatiche della seconda prova? In questo caso si è ricorso ad una piscina dalle proporzioni notevoli dove è stato ricostruito, in parte, il mondo sottomarino. Un luogo dove Daniel Radcliffe ha trascorso circa 41 ore totali di riprese. Ovviamente non consecutive. Nelle sue profondità, poi, sono stati inseriti anche degli animatronic con le sembianze di Ron, Hermione, Cho e Gabrielle. Di tanto in tanto producevano dei movimenti per dare l’effetto del sonno subacqueo.
4. Arriva Ralph Finnes
Harry Potter e il calice di fuoco è anche il film che vede il ritorno effettivo di Voldemort. La minaccia non è più solo psicologica ma anche fisica. Dal punto di vista produttivo, però, questo vuol dire l’arrivo sul set di un altro importante protagonista. Si tratta, ovviamente, di Ralph Finnes. L’attore ha interpretato alla perfezione l’anima corrotta dalla sete di potere del Signore Oscuro, diventando uno degli interpreti simbolo di questa saga, nonostante l’aspetto ovviamente negativo del personaggio.
Nonostante questo, però, all’inizio non era assolutamente sicuro dio voler farsi carico del ruolo. A far svanire ogni esitazione pare siano state le sue nipoti, ovviamente grandi fan della saga. Le ragazze erano elettrizzate all’idea che entrasse nel cast, anche se nei panni di Voldemort. Altrettanto convincente, poi, è stato il concept del personaggio creato per il film. Una visione cui Finnes ha reso giustizia impegnandosi per dare corpo e, forse, introspezione a questa figura oscura. Oltre a questo, però, ha lavorato anche per mantenere alto il livello di tensione sul set con gli interpreti più giovani. Nelle scene cruciali del suo primo vero confronto con Potter, ad esempio, ha continuato a gridare addosso a Radcliffe per condurlo alla performance migliore.
5. Voldemort, identikit del male
Colui che non può essere nominato e il signore oscuro. Così Voldemort viene chiamato in causa fin dal primo capitolo della saga potteriana. Oltre a questo vengono accennate le sue origini e si cerca di definire le caratteristiche principali alla base della malvagità che lo anima. Nonostante si tratti di una presenza costante, però, fino ad ora non aveva mai avuto un volto. In Harry Potter e il calice di fuoco, dunque, J.K. Rowling lo presenta ufficialmente al pubblico attraverso delle fattezze che, nei successivi capitoli, diventeranno sempre più note. Come riportarlo, però, sul grande schermo.
Abbiamo detto che il ruolo viene affidato alla maestria di Ralph Finnes il cui volto, però, non ha tratti inquietanti. Questo vuol dire che sono stati apportati dei cambiamenti sostanziali per rimandare un senso di terrore senza trascurare il vuoto interiore vissuto dal personaggio. E proprio per questo motivo Finnes è intervenuto in modo diretto per chiedere di eliminare gli occhi rossi. Il suo timore era che un particolare così evidente avrebbe catalizzato l’attenzione del pubblico senza farlo concentrare su elementi emotivi più importanti.
Per quanto riguarda, poi, le altre caratteristiche estetiche, si è lavorato per rimandare l’idea di una creatura a metà tra un teschio, un cadavere e un serpente. Da qui deriva la scelta del biancore, i lineamenti scavati e la totale assenza del naso, effetto realizzato in CGI. Un lavoro lungo che ha richiesto di aerografare un manichino, copiare la resa su carta per poi realizzare dei tatuaggi trasferibili grazie ai quali ricoprire l’intera testa di Fiennes. Una fatica degna del Signore Oscuro.