Il film A caccia al vedovo d’oro è ispirato alla storia vera di Celeste Johnson Beard, una cameriera condannata all’ergastolo per aver ucciso il marito Steven Beard. Ma vediamo la faccenda punto per punto, un intreccio denso di omicidi, matrimoni, accuse e ricoveri ospedalieri, provando a tratteggiare la personalità della donna.
Celeste Johnson nasce nel 1963 da una donna che la abbandona subito dopo il parto e che conoscerà solo qualche anno più tardi. La madre biologica di Celeste si definirà solo la sua incubatrice. La ragazza viene quindi adottata dalla famiglia Johnson dove viene abusata dal patrigno Edwin.
Dopo aver tentato il suicidio in giovane età, Celeste dà alla luce due gemelle, Jennifer e Kristina, avute dal primo marito Craig Batcher. Un uomo violento che si toglie la vita nel 1996. Prima di conoscere Steven Beard, la Johnson si sposa altre due volte. Fino a quando, lavorando come cameriera nel country club di Austin, in Texas, non incontra Beard.
L’uomo è quello che si dice un ottimo partito. Tycoon televisivo locale, classe 1924, vedovo, dopo la morte per cancro della moglie, è un multimilionario, molto più vecchio di Celeste che ha 32 anni. Resta subito affascinato dalla Johnson e si propone di adottarne le figlie, dopo averle chiesto la mano. I due si sposano il 18 febbraio del 1995. E come da copione, i figli di Beard, Steven III, Becky e Paul sospettano di Celeste e sono convinti che la donna sposi il loro padre solo per interesse.
Il 2 ottobre 1999, Steven Beard viene sparato allo stomaco nel sonno nella casa di Westlake Hills. L’uomo è in gravissime condizioni, ma si salva. Morirà qualche mese più avanti, il 22 gennaio del 2000, a causa di un coagulo di sangue, connesso al suo precario stato di salute dopo l’agguato.
Nel febbraio del 2011, del tentato omicidio viene accusata Tracey Tarlton, una donna che la Johnson ha conosciuto nell’ospedale psichiatrico, dov’era stata ricoverata per depressione. La Tarlton confessa, viene arrestata e imputata. Le indagini però non si fermano certo a questo livello. Gli inquirenti si focalizzano anche sulla Johnson che in più di un’occasione aveva parlato male del marito.
Tuttavia, è la Tarlton la principale indiziata. La donna non collabora con gli investigatori. Ma quando scopre che la Johnson, di cui è innamorata, si è risposata sei mesi dopo la morte di Beard con il falegname Cole Johnson, decide di parlare. Poco prima dell’inizio del processo, nel marzo 2002, la donna confessa che è stata la Johnson ha istigarla a uccidere Beard. Perché l’uomo l’avrebbe abusata a tal punto da tentare il suicidio. La Tarlton accettò, spinta dalla speranza di passare la vita con la Johnson, subito dopo la morte del marito.
La Johnson finisce in manette. Durante il dibattimento emerge quello che fosse il piano della donna. Ovvero uccidere il marito che aveva deciso di divorziare, stanco delle stravaganze della moglie e dei soldi da lei spesi. Nel processo le testimonianze di difesa e accusa si succedono senza soluzione di continuità. E ogni parte in causa tutela i propri interessi.
Così, mentre i legali della Johnson sottolineano che la loro assistita non avesse nulla a che spartire con la Tarlton, quelli della vittima spiegano che Beard non aveva intenzione di separarsi. Nonostante le cifre strabilianti sborsate dalla donna per acquistare cannabis curativa. Quindi l’omicidio pianificato dalla moglie non avrebbe avuto alcuna motivazione reale.
Al termine del processo, la Johnson è condannata alla pena di morte, poi trasformata in ergastolo. È rinchiusa tuttora nella prigione di Gestesville, da cui continua a professarsi innocente. Potrà accedere alla libertà condizionale solo nel 2042. Nel frattempo, assieme ad altre compagne di cella ha pubblicato un libro di ricette, From the Big House to Your House. La Tarlton ha ottenuto uno sconto di pena di 10 anni sui 20 totali comminati, per aver testimoniato contro la Johnson. È uscita dal carcere nel 2011. Vive a San Antonio.