Nel 1998 lo scrittore americano Doug Chiang ha dato alle stampe il racconto Storia della tua vita, al quale è poi stato conferito il Premio Nebula, prestigioso riconoscimento da parte della Science Fiction and Fantasy Writers Association. Tra i primi ammiratori di quella storia c’è stato lo sceneggiatore Eric Heisserer, il quale è poi entrato in contatto con il regista canadese Denis Villeneuve per adattare l’opera di Chiang per il grande schermo, con il titolo Arrival. Un lavoro che al contempo rispetta l’essenza della prosa originale e va oltre le intuizioni iniziali dell’autore, in particolare nella conclusione che differisce in alcuni punti fondamentali dalla fonte letteraria. Di questo vogliamo parlare nella nostra spiegazione del finale del film. Ovviamente l’articolo contiene spoiler.
La lingua del futuro
Come nel racconto originale, la linguista Louise Banks viene reclutata per comunicare con degli alieni che sono misteriosamente apparsi nel cielo sopra vari luoghi della Terra. Dopo vari tentativi lei si rende conto che le creature percepiscono il tempo in modo non lineare, e questo si riflette nella loro lingua scritta. Una volta decifrata questa modalità, la stessa Louise comincia ad esperire il flusso temporale esattamente come gli alieni, i quali prima di tornare nello spazio svelano di essere arrivati per donare all’umanità la loro lingua, perché in futuro loro avranno bisogno del nostro aiuto in cambio. Con le sue nuove capacità di premonizione, Louise è in grado di riappacificare le diverse nazioni che sono sull’orlo del conflitto, e il pubblico scopre che i ricordi della protagonista, segnata dalla morte di sua figlia, sono in realtà reminiscenze di eventi futuri: la bambina nascerà tra molti anni (nel racconto Louise comincia a narrare gli eventi il giorno in cui rimane incinta).
Una risposta definitiva
Nel suo avvicinarsi al testo di Chiang per portarlo al cinema, Arrival contiene delle espansioni e alterazioni di non poco conto, tra cui la spiegazione di perché gli alieni fossero arrivati sulla Terra: nel testo originale partono senza lasciare alcuna risposta in merito, e per motivi drammaturgici Heisserer e Villeneuve hanno aggiunto una motivazione. E dopo aver inizialmente pensato a una sorta di arca spaziale, le cui planimetrie sarebbero state il dono degli alieni (un’opzione scartata dopo l’uscita di Interstellar, arrivato nelle sale durante la preproduzione), i due hanno concordato sulla lingua, equamente divisa tra i dodici punti in cui si trovavano le navicelle, dando agli umani l’ennesimo esempio di come la collaborazione abbia la meglio sull’individualismo. Una soluzione forse troppo ottimista, alla luce degli ultimi anni in cui crisi globali hanno messo in evidenza l’egoismo di singole nazioni, ma anche il giusto contraltare alle implicazioni più cupe dell’elemento intimo del finale.
Il libero arbitrio
Non è la prima volta che la fantascienza affronta la questione della libertà di scelta (basti pensare a un film come Minority Report, dove gli individui vengono incarcerati a vita per omicidi che non hanno ancora commesso). Arrival declina l’argomento in chiave intima e romantica, approfondendo la medesima sezione del racconto di Chiang: nella versione cartacea, Louise si interroga sulla possibilità di cambiare il futuro una volta a conoscenza di esso, dal momento che sua figlia è destinata a morire prematuramente all’età di dodici anni a causa di un male incurabile; il film aggiunge un ulteriore strato di tragedia, con premonizioni che svelano che il padre è nientemeno che Ian Donnelly, lo scienziato che nel corso del lungometraggio ha aiutato Louise, e che il loro rapporto si concluderà quando lui verrà a sapere che lei già conosceva il destino della piccola Hannah.
Ma nonostante quel destino sembri ineluttabile, Villeneuve sembra voler sottolineare l’importanza di vivere nel presente e concentrarsi sugli attimi a disposizione, chiudendo il film con un’inquadratura intrisa di tenerezza e speranza, mostrandoci Louise che accetta felice l’abbraccio (con annessa dichiarazione d’amore) di Ian e con esso un futuro che non avrà un lieto fine ma conterrà abbastanza momenti belli da valerne la pena. Con una nota ironica implicita: dopo essersi conosciuti grazie a una missione sull’importanza della comunicazione, andranno per strade separate a causa della mancanza della stessa.