Terzo capitolo cinematografico della serie ispirata alle opere letterarie di Agatha Christie, Assassinio a Venezia è attualmente il campione di incassi del botteghino italiano. Diretto, interpretato e prodotto da Kenneth Branagh, che qui veste ancora una volta i panni del baffuto ispettore Hercule Poirot, il film nelle sale da giovedì 14 settembre ha come da tradizione un intreccio narrativo molto complesso, tra elementi apparentemente sovrannaturali, tantissimi sospettati ed un omicidio da risolvere, proprio come vi avevamo già anticipato nella nostra recensione del film. Chi ha assassinato la giovanissima Alicia Drake?
Questa è la domanda che assilla il detective belga nel corso di tutto il film. Nella nostra spiegazione del finale di Assassinio a Venezia sbroglieremo la matassa della stratificata trama del giallo liberamente ispirato al racconto “Poirot e e la strage degli innocenti”, rivelandovi l’assassino e il suo terribile movente.
Venezia, 1947
Ci troviamo nella città lagunare per eccellenza, nell’anno 1947. Dopo la fine del secondo conflitto mondiale, il celebre detective belga Hercule Poirot (Kenneth Branagh) si ritira a vita privata, stanco del suo lavoro e deciso fermamente a non accettare più casi criminosi da risolvere. L’arrivo inaspettato della scrittrice di gialli Ariadne Oliver (Tina Fey) spronerà Poirot a seguirla per assistere assieme a lei ad una curiosa seduta spiritica all’interno di un antico palazzo veneziano. Lì vive Rowena Drake (Kelly Reilly), madre disperata che ha perso la figlioletta Alicia in circostanze assolutamente misteriose; la governante Olga Seminoff (Camille Cottin) è convinta che la bimba si sia suicidata e che un ruolo lo abbiano giocato gli spiriti dei bambini che ancora vivono all’interno delle mura del palazzo. Una seduta spiritica assieme alla medium Joyce Reynolds (Michelle Yeoh) nella notte di Halloween sarà l’inizio di un viaggio tra razionalità e superstizione.
Per arrivare con chiarezza e trasparenza al terzo ed ultimo atto di questo intricato giallo veneziano, cerchiamo innanzitutto di capire perché la seduta spiritica sia avvenuta veramente nella casa di Rowen Drake, che ruolo hanno e avevano tutti gli invitati a questa fantasmagorica notte di Halloween in Laguna e qual è stato il vero ruolo della comparsa a sorpresa della scrittrice di gialli Ariadne Oliver, vecchia conoscenza di Poirot intenzionata a defraudare ogni possibile elemento sovrannaturale da quella nottata da brivido. Per farlo, convince Hercule Poirot a seguirla nella casa Drake, che pare sia infestata da spettri di bambini del passato, incluso il fantasma della povera Alicia Drake, figlia adolescente di Rowena, gettatasi da balcone all’ultimo piano per sospetto suicidio. Ma non è così…
Chi ha ucciso Alicia Drake?
Ad uccidere Alicia Drake è stata la madre Rowena, come si evince nell’ultimo atto di Assassinio a Venezia, ed il piano che ha messo in scena la donna inglese per seppellire le prove della sua responsabilità sono lo scheletro per comprendere tutti gli eventi, tutte le concatenazioni e il sistema di personaggi del terzo capitolo cinematografico di e con Kenneth Branagh. Il personaggio femminile interpretato da Kelly Reilly è il responsabile non solo della morte della figlia, ma anche della convocazione generale in casa per l’infausta seduta spiritica con la medium Joyce Reynolds, che verrà successivamente uccisa proprio dalla madre di Alicia, incappucciata e con una maschera veneziana in volto. Prima della scomparsa tragica di Alicia, Rowena era molto gelosa della figlioletta, tanto che quando venne a sapere che si stava frequentando con un ragazzo di nome Maxime (Kyle Allen) decise che quel ragazzo non lo avrebbe mai più rivisto. Così, giorno dopo giorno ed in piccolissime dosi, Rowena avvelenava la figlia con un miele allucinogeno che la costringeva a letto e debilitata, fino a quando la governante Olga Seminoff (ignara della velenosità del miele) gliene somministrò una quantità tale che Alicia ne fu vittima fatale; per insabbiare eventuali responsabilità personali e assecondare le voci degli spiriti che infestavano la casa, Rowena gettò il corpo senza vita della figlia nel canale, trasformando la scena del delitto in un potenziale suicidio. Di questa storia, Olga avrà sempre il dubbio religioso che ad aver ucciso Alicia fossero stati gli spiriti dei bambini che vivevano precedentemente nella casa.
Lo stesso miele allucinogeno che Hercule Poirot ingerisce casualmente quando accetta volentieri una tazza di tè caldo, poco dopo essere stato aggredito da una presenza incappucciata mentre stava addentando una mela in un catino d’acqua, e subito dopo la scoperta della morte violenta di Joyce Reynolds. Una bevanda che era stata prontamente avvelenata con quel miele dalla stessa Rowena, che di certo non si aspettava di vedere il famoso detective belga assistere alla pantomima della seduta spiritica in casa assieme alla scrittrice Ariadne Oliver. Il piano di Rowena Drake difatti era anche quello di irretire nella sua casa in un sol colpo anche il dottore di Alicia Leslie Ferrier (Jamie Dornan) e la medium, ritenendoli entrambi responsabili di un ricatto di denaro anonimo di cui era vittima da tempo, convinta che i due fossero a conoscenza della verità dietro la morte della piccola Alicia.
Il confine sottile tra realtà e aldilà
Soffermiamoci ancora per un momento sul tè avvelenato somministrato a Poirot a sua insaputa. All’interno di quella bevanda c’era un miele allucinogeno (lo stesso assunto dalla piccola Alicia a sua insaputa tempo addietro) che inizia a fare progressivamente effetto sul nostro detective. Quando la sua indagine prende piede all’interno della casa “infestata”, inizia a sentire lontane voci di bambini che cantano una inquietante ninna nanna, fino ad incontrare addirittura ad un certo punto, dietro una porta scricchiolante, lo stesso spirito di Alicia Drake. Effetto allucinogeno del particolare miele, oppure il veleno ha fatto in modo di agire anche sulla percezione sensoriale dell’investigatore interpretato da Kenneth Branagh?
In verità la sceneggiatura del film curata da Michael Green non dà una risposta certa al legame sottile tra realtà sensoriale e possibile mondo dell’aldilà. Sta di fatto che nello scontro finale del film tra Poirot e Rowena Drake, sulla balconata in cima al palazzo, la donna scivola “accidentalmente” dalla balaustrata e precipita nelle acque del canale, proprio come accadde alla figlia Alicia. E non è un caso che, poco prima del piede falso di Rowena verso il suo baratro, Poirot sembri scorgere tra le nuvole cariche di tempesta della notte proprio lo spirito della povera ragazza avvelenata e poi annegata dalla madre. Che quindi il nostro protagonista sia veramente entrato in contatto con una dimensione “oltre la morte”, oppure è tutto effetto del miele allucinogeno e della suggestione quasi occulta del palazzo veneziano? L’interpretazione dello spettatore in questo caso, è fortemente gradita dal regista.
Cosa succede nel finale di Assassinio a Venezia?
La morte di Rowena Drake però non chiarifica immediatamente tutte le responsabilità degli altri invitati alla seduta spiritica. L’intuito di Poirot fa sì che il legame tra Ariadne Oliver e il poliziotto Vitale Portfoglio (Riccardo Scamarcio) sia svelato una volta per tutte: i due erano inizialmente in combutta per ingaggiare il detective e portarlo all’appuntamento notturno in casa Drake. La prima, scrittrice di gialli molto amica di Poirot, era da tempo che non vendeva con le sue opere e aveva quindi bisogno di una storia valida che potesse riaccendere l’interesse dei potenziali lettori e tornare in vetta alle classifiche dei libri più venduti; il poliziotto italiano, invece, aveva accettato segretamente la proposta di Ariadne di fare da guardia del corpo di Poirot, accompagnandolo quindi alla seduta spiritica ed espiando alcune delle sue colpe. Ma quali?
Anche se inizialmente Portfoglio aveva allontanato ogni illazione riguardante la conoscenza pregressa del caso Alicia Drake, Poirot scopre invece che non solo conosceva la famiglia inglese, ma era stato anche l’agente di polizia che aveva tirato fuori con le sue stesse mani il corpo della povera ragazza dal canale. Accettare le macchinazioni della Oliver era come fare pace con il suo passato, scoprire chi aveva veramente ucciso la bambina tramite l’intuito di Hercule, e fare i conti una volta per tutte con i suoi fantasmi privati. Che è esattamente quello che tutti i protagonisti dell’ensemble di Assassinio a Venezia faranno al termine delle indagini, chi più chi meno. Quasi Branagh volesse suggerire, alla fine del suo giallo cinematografico, che i veri spettri di cui avere paura veramente sono quelli delle nostre azioni passate, dai quali cerchiamo di fuggire per tutta la vita, ma che prima o poi tornano a bussare alla nostra porta, chiedendo un riscatto doloroso e avvelenato.