Il film: Benedetta, 2021. Regia: Paul Verhoeven. Cast: Virginie Efira, Lambert Wilson, Charlotte Rampling, Daphné Patakia, Olivier Rabourdin, Louise Chevillotte, Hervé Pierre, Clotilde Courau. Genere: drammatico. Durata: 132 minuti. Dove l’abbiamo visto: al Festival di Cannes, in lingua originale.
Trama: La storia di Benedetta Carlini, suora cattolica che sosteneva di avere visioni mistiche nel XVII secolo.
Tra gli idiomi più curiosi e geniali partoriti dalla lingua olandese c’è il verbo swaffelen (o zwaffelen), che significa letteralmente “percuotere con i propri genitali, in segno di scherno, oggetti, persone o edifici religiosi”. Parola dell’anno nei Paesi Bassi nel 2008, e associata soprattutto a un memorabile episodio di blasfemia goliardica (un turista aveva messo in atto la cosa davanti al Taj Mahal), è anche il termine ideale per descrivere gran parte della carriera di Paul Verhoeven, regista olandese che sia in patria che negli Stati Uniti non ha mai esitato a schernire chicchessia a colpi con gli attributi (a volte letteralmente, in alcune delle sue opere non hollywoodiane). Una pratica che continua a portare avanti con il recente filone francese del suo percorso, e che nell’estate del 2021 lo ha reso uno dei nomi più chiacchierati durante il Festival di Cannes, dove ha presentato in prima mondiale il film di cui parliamo nella nostra recensione di Benedetta.
La trama: Benedetta di nome, forse non di fatto
Pescia, in provincia di Pistoia, nel XVII secolo: Benedetta Carlini, come da consuetudine all’epoca, viene mandata in convento dai genitori per diventare una suora. Quasi due decenni dopo, mentre interpreta Maria in una rappresentazione sacra, la giovane comincia ad avere visioni di Gesù. Queste si fanno più frequenti ed esplicite, ponendo Benedetta direttamente in conflitto con le autorità ecclesiastiche che non ritengono credibile questo percorso mistico. Non aiuta il fatto che lei, a tratti neanche tanto di nascosto, abbia una relazione molto fisica con tale Bartolomea, venuta al convento per salvarsi dal padre violento e affidata a Benedetta per la formazione volta a trasformarla in suora. Con la peste dietro l’angolo, la crisi di fede a Pescia si fa sempre più forte, con l’apice quando Felicita, superiore di Benedetta, contatta il Vaticano per denunciare gli avvenimenti recenti…
Il cast: è una donna, non è una santa
Benedetta è un’intensissima, strepitosa Virginie Efira, alla seconda collaborazione con Verhoeven dopo una parte minore – guarda caso nei panni di una donna molto cattolica – nel precedente Elle. Il ruolo di Bartolomea è stato invece la rivelazione internazionale per Daphné Patakia, attrice greca nata in Belgio che da diversi anni si presta al cinema ellenico e a quello transalpino, qui in modalità sensuale e “terra terra” come contrappeso per la fase più ultraterrena della performance della collega.
Felicita è una grandissima Charlotte Rampling, ormai abbonata ai ruoli di figure autoritarie severe, ed è uno dei massimi punti di forza sul piano umoristico Lambert Wilson, che per l’occasione presta il corpo all’inviato del Vaticano incaricato di indagare sulle presunte visioni di Benedetta. Al suo fianco c’è anche Olivier Rabourdin, nei panni di Alfonso Cecchi, ed è la seconda volta che i due recitano insieme in un film a tema religioso dopo Uomini di Dio di Xavier Beauvois, in concorso a Cannes nel 2010.
Monaca o dimonia?
Soprattutto per il coinvolgimento di Verhoeven, non sono mancate le polemiche prima dell’uscita del film circa il suo presunto approccio blasfemo. In realtà, al netto di alcune scelte strategiche di irriverenza visiva (a seconda di com’è inquadrata/illuminata, Bartolomea ha un che di demoniaco in volto), l’attacco frontale è non nei confronti della religione in quanto tale (Verhoeven è da sempre molto interessato alla figura di Gesù, avendola talvolta integrata nei suoi film in modo allegorico come in RoboCop), ma di chi se ne serve per scopi tutt’altro che altruistici, mettendo a nudo le ipocrisie delle autorità sedicenti competenti con la sua classica carica dissacrante.
In costante bilico tra sacro e profano, presentando le visioni di Benedetta come autentiche dal punto di vista di lei senza mai giudicare esplicitamente in un senso o nell’altro, il cineasta porta sullo schermo uno stralcio di Storia da cui è ancora possibile imparare, con intelligenza e humour, quanto i sistemi di potere sappiano essere marci. E nel caso di Verhoeven, ogni tanto si ricorre alle percosse con i genitali, e questo non solo tramite l’immagine di una statuina della Vergine usata come strumento di piacere…
La recensione in breve
Paul Verhoeven affronta le ipocrisie della Chiesa con la sua rilettura della vicenda di Benedetta Carlini, un personaggio intrigante interpretato alla perfezione da una strepitosa Virginie Efira.
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Voto CinemaSerieTV