Quando ha debuttato nelle sale di tutto il mondo a partire dalla fine del 2019, Cena con delitto – Knives Out è diventato con il tempo, con le ottime recensioni e con il passaparola del pubblico un vero e proprio cult. Quinto lungometraggio dietro la macchina da presa per Rian Johnson dopo i solidi Brick – Dose mortale, The Brothers Bloom, Looper e Star Wars: Gli ultimi Jedi, Cena con delitto è riuscito a ottenere l’anno successivo alla sua uscita nelle sale una meritata candidatura all’Oscar per la miglior sceneggiatura originale.
Ed è proprio la scrittura il pezzo forte dell’inedito e sovversivo whodunit di Rian Johnson, un intricato e provocatorio cluedo cinematografico che non soltanto omaggia la grande tradizione dei detective movie e la struttura narrativa “alla Agatha Christie”, ma la infonde di sottotesti sociali contemporanei di grande attualità. Un affresco corale che parte da un omicidio, oppure un suicidio? Per sbrogliare la complessa matassa del film, vi aiutiamo con la nostra spiegazione del finale di Cena con delitto – Knives Out, in attesa di vedere su Netflix il prossimo 23 dicembre il sequel Glass Onion, sempre scritto e diretto da Johnson e interpretato ancora una volta da Daniel Craig.
Tutti mentono… o quasi
Il famoso scrittore ed editore di romanzi gialli Harlan Thrombey (Christopher Plummer) riunisce tutta la sua famiglia nella casa di campagna dove vive per festeggiare i suoi 80 anni. Al compleanno si presentato tutti, dai figli alla nuora fino ai nipoti, la governante della casa e la fedele infermiere di origine cubane (Ana de Armas). Quella notte però, mentre tutti sono andati a letto, succede l’inaspettato: prima di andare a dormire, Harlan insiste affinchè l’infermiera Marta giochi una partita notturna con lui a Go, ma inavvertitamente le due fiale di medicine salvavita destinate all’anziano cascano in terra e Marta si confonde; quando capisce che, presa dal panico, ha iniettato all’uomo una dosa letale di morfina e che avrà meno di dieci minuti di tempo di vita a meno di soccorsi medici immediati, Marta scoppia in lacrime perché in quella situazione disperata l’antidoto era addirittura scomparso. Harlan, però, cosciente del fatto che l’errore della ragazza era stato fatto inavvertitamente e senza premeditazione, escogita un piano perfetto per farla sgattaiolare di casa senza che nessuno degli altri famigliari se ne accorga, prima che la additino come colpevole della sua imminente morte e che rispediscano la madre a Cuba dopo l’accaduto. Per salvare il buon nome della sua amata infermiera, Harlan mette in atto una scena del crimine perfetta fino all’ultimo per non destare sospetti su Marta, prendendo infine un coltello e tagliandosi la gola da solo.
Scioccati dalla scomparsa del capofamiglia, gli altri membri dei Thrombey si riuniscono per organizzare prima il funerale, poi per aprire l’indagine supervisionata dall’enigmatico e sagace ispettore Benoit Blanc (Daniel Craig) e poi per la lettura del testamento; quando il documento viene letto ad alta voce dal funzionario, si viene a scoprire che Harlan aveva lasciato tutte le sue proprietà, la sua casa editrice e la sua magione all’infermiera Marta. Quest’ultima fugge spaesata e sconvolta mentre gli altri membri della famiglia inveiscono contro di lei: perché Harlan aveva lasciato tutto all’infermiera? Cosa aveva contro i suoi figli, i suoi nipoti, i suoi cognati e la nuora? La realtà dietro all’omicidio/suicidio ovviamente è molto più complessa di quello che sembra all’apparenza, e questo Benoit Blanc lo sa perfettamente, accorgendosene nel momento in cui interroga i vari membri della famiglia Thrombey sul loro rapporto con Harlan. Alla fine tutti, chi più chi meno sembrano avere un movente per l’assassinio del capofamiglia e tutti sembrano bravissimi a mentire sul loro pasato… tranne Marta.
Vivere sul tabellone del Cluedo
Ebbene sì, perché Marta è l’unica a non riuscire letteralmente a mentire se interrogata sulla verità; quando la ragazza cubana dice una bugia, le viene istintivamente un conato di vomito; per questa sua curiosa debolezza, l’ispettore Benoit Blanc si fida della testimonianza dell’infermiera, molto più di altri membri della famiglia avvoltoio di Harlan. Ovviamente, lo spettatore di Cena con delitto sa benissimo che nessuno della famiglia Thrombey è il diretto colpevole dell’omicidio/suicidio dell’anziano capofamiglia (vediamo ciò che è accaduto quella fatale notte in un lungo flashback nella mente di Marta quando interrogata da Blanc), eppure il detective francese ha una strana sensazione su ciò che è accaduto ad Harlan, come se questo caso parzialmente irrisolto avesse “un buco al centro, come un donut”. Del resto, come sostiene più e più volte Benoit, è stato ingaggiato per risolvere il caso da una fonte anonima, una fonte che sapeva sin dall’inizio quale fosse il contenuto del testamento…
In questa costante sensazione di vivere letteralmente su un tabellone di Cluedo, entra in scena forse il personaggio più importante del film, probabilmente il vero deus ex machina dell’intero intrigo: Ransom “Hugh” Drysdale (Chris Evans), nipote spavaldo di Harlan Thrombey; è lui il vero artefice dietro l’uccisione di suo nonno, l’unico che sin dall’inizio ha tramato affinché la colpa della morte del capofamiglia ricadesse sull’infermiera immigrata, scambiando le etichette sulle medicine e rubando l’antidoto mentre gli altri erano al funerale del nonno, a cui Ransom non aveva preso curiosamente parte. Un colpevole insospettabile, visto che all’apertura del testamento si era addirittura offerto di mettere in salvo Marta dalla furia dei suoi parenti. Ma qual era il piano malefico di Ransom e come è arrivato a metterlo in atto? Cerchiamo di sciogliere la matassa in maniera chiara.
Sciogliere la matassa
Il piano di Ransom “Hugh” non era poi così complesso, almeno all’inizio: tutto comincia la notte dell’omicidio/suicidio di Harlan, quando il personaggio interpretato da Chris Evans va via dalla cena di famiglia per il compleanno furioso per quello che aveva saputo dalle parole del nonno: non avrebbe ricevuto nemmeno un centesimo dal suo testamento, e tutto sarebbe andato all’infermiera Marta. Quella stessa notte sarebbe sgattaiolato senza farsi vedere da nessuno salendo il traliccio fino alla stanza di Harlan; lì, senza farsi vedere da nessuno, avrebbe preso con sé l’antidoto e scambiato le etichette dei medicinali, di modo che Marta avrebbe poi iniettato un dosaggio letale al nonno, provocandone la morte e addossando la colpa all’infermiera. Scendendo nuovamente dal traliccio, viene però “scoperto” dalla bisnonna Wanetta, malata però di Alzheimer e non più con la facoltà di intendere e di volere. La mattina del funerale, a cui Ransom non partecipa, torna a casa Thrombey e riporta al loro posto le due fialette e l’antidoto per non destare alcun sospetto.
Con la notizia del suicidio di Harlan, Ransom decide di ingaggiare in forma anonima il detective Benoit Blanc affinché riesca a incriminare Marta del dosaggio mortale, ma il suo piano fallisce miseramente come spiega lo stesso ispettore dall’accento francese nel terzo atto del film, di fronte a Marta e allo stesso Ransom. Innanzitutto, il ragazzo non avrebbe potuo prevedere che la mattina in cui stava rimestando i medicinali in assenza dei famigliari, la governante Fran lo avesse visto di soppiatto; di certo non avrebbe potuto prevedere nemmeno che le due fiale sarebbero rovinosamente cadute a terra e che Marta, inavvertitamente, le avrebbe nuovamente scambiate iniettando ad Harlan la dose corretta di medicinale; un imprevedibile caso del destino che si è concluso con il gesto più inaspettato nel piano di Ransom: il gesto suicida del nonno, convinto di essere stato avvelenato da Marta e pronto ad abbracciare gli ultimi istanti della sua vita escogitando un piano per scagionare una volta per tutte la ragazza e salvare così il destino della famiglia immigrata. Ma non finisce di certo qui.
Il piano fallace di Ransom
Quando Marta rivela a Ransom di essere stata lei ad aver inavvertitamente ucciso Harlan, il nipote si rende conto che gli esami del sangue sul nonno non avrebbero rilevato tracce di sovradosaggio di morfina, che la morte di Harlan sarebbe stata archiviata come suicidio e che quindi Marta, completamente scagionata dall’accusa, avrebbe intascato il testamento del nonno come messo nero su bianco dallo stesso anziano. Per fare in modo che ciò non accada, Ransom brucia al suolo il laboratorio delle analisi, senza però fare i conti con la governante Fran; la donna aveva rovistato i medicinali e si era fatta stampare una copia singola dell’esame tossicologico dalla cugina che lavorava guarda caso nello stesso laboratorio. Con in mano la prova di colpevolezza, Fran minaccia Ransom inviandogli i risultati dell’esame, che rilevavano valori assolutamente normali nel sangue di Harlan. Ransom deve assolutamente fare fuori Fran, così fissa un appuntamento segreto con lei e allo stesso tempo invia l’esame tossicologico con il messaggio “So cosa hai fatto” a Marta, che così si sente accusata, stavolta dalla governante.
All’appuntamento, Marta trova Fran agonizzante: Ransom le aveva precedentemente somministrato una dose mortale di morfina, tanto che la donna prima di venire ricoverata d’urgenza in ospedale riesce a dire queste parole raggelanti all’infermiera: “You did this!”, ovvero “Tu hai fatto questo”; un gioco di parole ingegnoso che nella lingua italiana non è efficace, visto che Fran, prima di venire soccorsa, pronunci in realtà “Hugh” e non “You”, facendo riferimento al vero nome di Ransom, quello con cui veniva ancora chiamato dalla servitù di casa. Peccato però che nel terzo atto del film il detective Benoit Blanc, con in mano il documento dell’esame tossicologico, affermi che Marta è assolutamente innocente e che il colpevole è Ransom “Hugh” Drysdale.
Mia la casa, mie le regole, mio il caffè
Benoit Blanc fa uscire dalla casa tutti i membri della famiglia e rimane da solo assieme a Marta e a Ransom, dove spiega per filo e per segno tutto l’ingegnoso piano del nipote per assassinare il nonno e per far cadere la colpa sulla povera infermiera immigrata. All’improvviso, Marta riceve una chiamata dall’ospedale; Fran è sana e salva e può confessare le malefatte di Hugh Drysdale; con le spalle ormai al muro, il ragazzo confessa tutto, per venire però “fregato” dalla stessa Marta. Incapace di mentire, gli rivela che in realtà Fran era morta, schizzandogli addosso un conato di vomito; Ransom tenta di uccidere la ragazza con uno dei tanti pugnali che il nonno aveva lasciato in bella mostra nel salotto, per poi scoprire troppo tardi di aver scelto proprio una lama finta per colpire al cuore Marta. Ransom “Hugh” viene arrestato e la ragazza cubana eredita la casa Thrombey come spettante dal testamento di Harlan.
Il film si chiude con Marta che si affaccia dal balcone della magione e incrocia lo sguardo con i parenti di Harlan, amareggiati e sconvolti dagli esiti dell’indagine; tra le mani della ragazza, una tazza fumante su cui c’è scritto “Mia la casa, mie le regole, mio il caffè”. Un modo originale e nemmeno troppo sottile per il regista Rian Johnson di chiudere una storia che mette alla berlina le contraddizioni dell’America liberale e il razzismo di ritorno nei confronti degli immigrati che arrivano nel Paese. In fin dei conti, Cena con delitto – Knives Out è geniale proprio nell’aver saputo coniugare una trama tipicamente investigativa a una corrosiva denuncia sociale di sconcertante attualità.