Nel 2012, con il ritorno di Alberto Barbera alla direzione del settore Cinema della Biennale di Venezia, e quindi della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, fu introdotta la sezione Venezia Classici, sulla falsariga del Cannes Classics del collega francese Thierry Frémaux: non più una retrospettiva tematica, intorno a un filone o un autore, bensì una selezione di film importanti, in versione restaurata (in anteprima assoluta per il pubblico), e di documentari sul cinema. Con l’aggiunta di un’apposita giuria, composta da studenti e coordinata da una personalità della settima arte, incaricata di premiare il più bello tra i film restaurati e il miglior documentario. Una sezione di cui vogliamo tracciare un bilancio per quanto riguarda l’edizione 2022 di Venezia Classici, in occasione del decimo anniversario.
Titoli imprescindibili
Ogni anno, Venezia Classici attira numerosi spettatori e accreditati, soprattutto fra gli studiosi, grazie alla possibilità di (ri)vedere quelli che, come da nome della sezione, sono a tutti gli effetti dei classici conclamati e praticamente indiscussi. Titoli che, nel 2022, includono La farfalla sul mirino di Seijun Suzuki, I giardini di Compton House di Peter Greenaway, The Black Cat di Edgar G. Ulmer (raro caso di film in cui recitano insieme due icone horror come Béla Lugosi e Boris Karloff), Cavalcade di Frank Lloyd (che nel 1934 vinse l’Oscar nella categoria Miglior Film) e, per l’Italia, Teorema di Pier Paolo Pasolini. Opere epocali che la Mostra – e successivamente altri eventi, come ad esempio il Festival Lumière a Lione – ripropone sul grande schermo, ribadendone l’importanza storica e sottolineando il lavoro prezioso di enti come la Cineteca di Bologna, la Film Foundation di Martin Scorsese e tutti gli altri che si occupano della salvaguardia del patrimonio cinematografico mondiale.
Ricorrenze importanti
Anche se non c’è l’organizzazione precisa che ha luogo per una retrospettiva più tradizionale, come quelle del Cinema Ritrovato o delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone, la sezione non disdegna singoli anniversari importanti, e il 2022 non ha fatto eccezione: la proiezione di Teorema ha permesso alla Mostra di festeggiare il centenario della nascita di Pasolini, e lo stesso è accaduto con Ugo Tognazzi tramite la duplice proiezione de La voglia matta di Luciano Salce (anche lui classe 1922) e La marcia su Roma di Dino Risi. Entrambi film del 1962, con quello di Risi che era finito un po’ nel dimenticatoio ed è stato restaurato anche in occasione del centenario dell’evento che racconta in chiave umoristica.
Perle semisconosciute
Altro elemento importante della selezione, dare risalto a pellicole meno note di registi importanti o titoli che per un motivo o l’altro circolavano poco. Prezioso, in tal senso, il restauro di Una gallina nel vento di Yasujirō Ozu, una delle più belle collaborazioni fra il regista e la sua musa Kinuyo Tanaka, così come quello de L’orecchio di Karel Kachyna, oggetto di culto in Repubblica Ceca ma poco visto al di fuori della patria in quanto non parte della cosiddetta Nouvelle Vague nazionale. Per non parlare di Therese and Isabelle, il cui restauro è stato curato da uno dei grandi estimatori del film, Nicolas Winding Refn, a partire dalla versione in lingua francese, che era quella preferita del regista Radley Metzger ma poco vista nel corso degli anni. E dopo Cannes, anche Venezia ha partecipato, con Mes petites amoureuses, all’operazione di riscoperta su grande scala di Jean Eustache, la cui filmografia integrale è stata restaurata dopo anni di problemi legati ai diritti che ne rendevano difficile la circolazione in sala e la distribuzione in home video.
Documenti curiosi
Infine, come ogni anno, i documentari, dedicati a film specifici come Un uomo da marciapiede e personalità come Jonas Mekas, Richard Harris, Sergio Leone, Franco Zeffirelli, Jerry Schatzberg e Jean-Luc Godard. E anche qui, come spesso capita, salta fuori il ritratto di un nome meno noto, ma non per questo meno degno di nota. Per l’edizione 2022 tale onore spetta a Bonnie di Simon Wallon, che ripercorre la carriera di Bonnie Timmermann, direttrice del casting che ha collaborato soprattutto con Michael Mann (che è tra gli intervistati insieme a Brian Cox, la cui carriera americana è dovuta a Manhunter) e contribuito in maniera fondamentale all’immaginario cinematografico e televisivo dagli anni Settanta a oggi.