Quando cento anni fa Walt Disney ha iniziato la sua avventura nel mondo della fantasia capace di dar vita a tutti i sogni, soprattutto quelli “chiusi in fondo al cuor”, certo non immaginava i cambiamenti e le rivoluzioni che la sua creatura avrebbe affrontato più o meno in modo consenziente. E non stiamo certo parlando delle evoluzioni tecniche, che lui stesso ha iniziato a sperimentare, né dell’incontro fortunato con la Pixar, grazie alla quale il livello della narrazione si è fatto sempre più adulto.
Tutto questo, probabilmente, era già nei suoi sogni e nelle prospettive future, anche se con forme e modi diversi. Di sicuro non avrebbe mai immaginato che, un giorno, la Disney avrebbe prodotto dei film degni dell’apertura di festival internazionali e guadagnato il titolo di animazione, contribuendo a creare un genere ben diverso dai classici cartoni animati.
Tra tutte le evoluzioni vissute in questi lunghi anni, però, quella che lo avrebbe maggiormente stupito, se non sconvolto, riguardano i cambiamenti sociali che, da oltre i cancelli degli Studios, hanno finito con andare a influenzare anche il mondo della fantasia dove tutto è perfetto e tendenzialmente immutabile.
In modo particolare ci si riferisce a una nuova visione del femminile che, un passo alla volta, ha iniziato a discostarsi dalla tradizione dell’angelo del focolare o della dolce donzella in attesa del bacio salvifico. Questo vuol dire che, nonostante eroine storiche come Biancaneve, Cenerentola e Aurora rimangano nell’immaginario collettivo, hanno iniziato ad essere sempre più desuete rispetto al modello d’indipendenza ricercato nella realtà.
Alla Disney, dunque, non è rimasto che fermarsi a riflettere, prendere nota dei mutamenti sociali e iniziare a pensare a delle “principesse” moderne per cui vestire una scarpetta di cristallo non era più la priorità. Frutto di tutta quest’attività, sono dei nuovi modelli femminili autonomi come Belle, Rebel e Mulan per poi arrivare a Elsa e Anna. Senza dimenticare, ovviamente, Tiana, prima protagonista di colore ne La principessa e il ranocchio. Un lungo cammino, soprattutto se ci si sofferma a guardare da dove si è partiti, che non ha nessuna intenzione di fermarsi.
I mutamenti più interessanti, infatti, stanno avvenendo proprio negli ultimi tempi. E se si osservano tre tra i prodotti animati più recenti è possibile scorgere chiaramente i loro segnali. Perché la cultura sociale è in continua evoluzione e la Disney non può fare altro che seguire la corrente per rimanere al passo con i tempi e, soprattutto, con un pubblico che va rinnovandosi costantemente generazione dopo generazione.
Per comprendere meglio questo nuovo percorso, a poche settimane dell’inizio ufficiale delle celebrazioni per questo centenario, dunque, lasciamoci guidare da due animazioni e un cortometraggio che ha fatto molto parlare di se: Red, Strange World e Reflect.
Red, la femminilità raccontata dalle donne
Pensata e realizzata per andare a nutrire il mondo streaming, il film d’animazione Red rappresenta un passo importante per la Disney. Sotto il “marchio” Pixar, abituato a guardare al futuro, per la prima volta è stato affidato un lungometraggio a una donna.
Domee Shi, infatti, debutta in solitaria alla regia, mentre Julia Cho firma la sceneggiatura. Si tratta di un evento rilevante e al tempo stesso bizzarro visto che, fino ad oggi, a nessuna voce femminile era stata offerta la possibilità di dare forma alla propria visione, lasciando agli uomini il compito di raccontare mondi fatati e di tratteggiare un femminile di cui, probabilmente, conoscevano ben poco se non la visione tradizionale.
In questo caso, invece, due professioniste vengono messe a capo di un progetto e la differenza si sente. Red, infatti, ha come protagonista una frizzante Mei Lee, una tredicenne come tante alle prese con la scuola, il suo gruppo di amiche fedelissime, delle cotte improvvise e il naturale imbarazzo per l’atteggiamento di una madre fin troppo protettiva. Anche il suo aspetto differisce da qualsiasi canone estetico sostenuto fino a questo punto dagli Studios.
Lo scopo di Mei Lee, infatti, non è quello di rappresentare un mondo teen da sogno e irreale. Piuttosto il fine è proprio quello di narrarlo con tutti gli eccessi, le imperfezioni e le insicurezze di cui è composto. Partendo da questi pochi ma essenziali elementi, dunque, Domee Shi e Julia Cho hanno già dimostrato la loro intenzione di cambiare completamente rotta, attribuendo una sana dose di realismo anche alla storia più fantasiosa.
Però, l’evoluzione più importante è proprio nella scelta di raccontare la femminilità in uno dei momenti più sconvolgenti e difficili: l’adolescenza. Si tratta di un vero e proprio salto ad ostacoli dove l’insidia di un errore, di un eccesso e di un senso d’inadeguatezza perenne è sempre dietro l’angolo. E Red riesce a raccontare tutto questo alla perfezione attraverso la figura simbolica ed evocativa del Panda Rosso, un animale dall’aspetto tenero che, però, rappresenta anche una natura selvaggia difficile da domare.
Ma sarà poi necessario imparare a dominarla o negarla? Ecco l’altro passo avanti compiuto verso la modernizzazione del linguaggio e delle prospettive. L’animazione, infatti, rappresenta sostanzialmente un incitamento a non negare mai se stesse, a riconoscere anche la parte più selvaggia di noi e ad amarla ignorando le imposizioni sociali o le aspettative degli altri. Inutile dire, a questo punto, che ci troviamo anni luce lontani dal mondo fatato di Biancaneve. E va benissimo così.
Reflect e la body positivity
Se guardiamo alle tradizionali eroine con cui la Disney ha popolato l’infanzia di tante generazioni, notiamo che sono tutte accomunate da una caratteristica precisa: la bellezza. E non poteva essere diversamente, visto che si trattava di ragazze destinate alla nobiltà e, quindi, dotate di un’eleganza naturale. Questa, però, come la bontà d’animo, passava sempre per un aspetto quanto meno piacevole fatto di capelli biondi, labbra vermiglie, grandi occhi e, soprattutto, un fisico esile come un giunco. Insomma, quanto di più distante dalla realtà.
Trattandosi di un mondo fantasioso, però, per molto tempo non si è riflettuto sulle eventuali conseguenze di questa scelta. Raccontare delle vicende con all’interno delle eroine dall’aspetto perfetto, infatti, non ha fatto altro che mettere molte bambine in un costante confronto con un modello estetico irrealizzabile, visto che non esiste. Un rapporto che, nel corso della crescita, si è spostato sulle copertine dei magazine, dove s’insegue la perfezione a colpi di Photoshop.
L’andamento generale, però, sta cambiando. Molto si deve ad alcune attrici, come Kate Winslet, che hanno rifiutato il fotoritocco, e campagne contro il body shaming. Tutti imput che la Disney sembra aver ascoltato ed assorbito a modo proprio. Oltre a Mei Lee, infatti, propone un’altra eroina normale in Encanto anche se il vero passo avanti verso l’identificazione con un modello concreto e reale viene fatto con il cortometraggio Reflect.
Inserito sulla piattaforma Disney+ tra i film sperimentali Short Circuit, in soli otto minuti questo corto riesce veramente ad aprire una porta sulla realtà, segnando una strada che, si spera, gli Studios decidano di continuare a percorrere. Protagonista, infatti, è una ragazza dalle forme morbide che, nonostante il suo corpo sembri non adattarsi alle caratteristiche imposte dal ballo classico, continua a danzare. Il confronto con l’immagine che vede costantemente riflessa nello specchio, però, non è facile.
Soprattutto se tutto viene aggravato dalle continue critiche di un’insegnante mentalmente rigida. Per questo motivo la ragazza si trova ad affrontare l’infinita rifrazione delle sue forme fina a quando non si libera dal peso del proprio giudizio. Un risultato che ottiene comprendendo quanto armonia si cela nel suo corpo, dando sfogo al piacere liberatorio del ballo.
Un piccolo gioiello, dunque, che potrebbe veramente aiutare molte ragazzine a sentirsi meno sole e “sbagliate”, spingendole a dare il giusto valore al giudizio degli altri e a delle consuetudini sociali destinate a mutare. In questo senso, dunque, un’animazione potrebbe riuscire nell’intento di dare un tocco di magia anche alla realtà, rendendo il mondo delle favole finalmente inclusivo.
Strange World e la normalizzazione della sessualità
Si dice che i cambiamenti più importanti avvengono senza fare troppo rumore, un passo alla volta, fino a che non diventano una realtà riconosciuta e riconoscibile. Questo è quanto è accaduto con l’ultimo Classico Disney, Strange World – Un mondo misterioso. Diretto da Don Hall, premio Oscar per Big Hero 6, e scritto da Qui Nguyen, si presenta come un film per famiglie che custodisce al suo interno un piccolo, grande gioiello di modernità.
In questa storia famigliare di rapporti che si ripetono e si stringono da padre in figlio, infatti, spicca senza nessun tipo di clamore il personaggio di Ethan, un adolescente innamorato di un suo coetaneo. Per la prima volta, dunque, la tematica omosessuale trova spazio all’interno di un’animazione Disney e lo fa nel modo migliore, ossia riuscendo a ricreare un’atmosfera di assoluta normalità. Anzi, a Don Hall e Qui Nguyen va il merito di aver utilizzato il mondo del fantastico per rimandare un’immagine da cui, per la prima volta, la realtà dovrebbe prendere esempio.
Grazie al potere della narrazione, infatti, ci consegnano un ambiente famigliare in cui la sfera sessuale dei propri figli, come di chiunque altro, non viene catalogata in “giusta” o “sbagliata”. A quest’atteggiamento, dunque, consegue una totale normalizzazione tanto che le preferenze sentimentali del giovane protagonista non vengono mai discusse, ma semplicemente prese in considerazione come qualsiasi altro elemento. Lo stesso comportamento che il regista ha assunto verso questa tematica e la sua decisione d’inserirla nel film, desideroso che, almeno nel mondo della fantasia, non esista alcun tipo di discriminazione.