Damsel è il titolo del nuovo film con Millie Bobby Brown distribuito da Netflix dal sapore fantasy, in cui l’attrice veste i panni della Principessa Elodie. Allo stesso tempo, però, damsel è il termine che, per molto tempo, è stato utilizzato per evidenziare l’archetipo narrativo della “damigella in pericolo”. Un personaggio senza il quale l’ampia tradizione cavalleresca della letteratura e, poi, del cinema favolistico, non sarebbe potuta esistere.
Attualmente, però, questo concetto della femminilità indifesa, bisognosa di essere salvata da una figura maschile valorosa ed impavida sta perdendo nettamente terreno. Al suo posto, infatti, sono subentrati una serie di eroine consapevoli in grado di cadere perfettamente a se stesse e di portare a compimento una missione. Che sia per il bene di un regno o per determinare il diritto a vivere la propria esistenza. Un trend che risponde ai cambiamenti sociale e alle esigenze culturali. Lo stesso che Millie Bobby Brown ha vestito proprio in Damsel, portando alla ribalta un’altra principessa valorosa. Una giovane donna tradita dagli uomini e utilizzata come vittima sacrificale ma che, alla fine, si libera degli orpelli di una femminilità predestinata e decide di lottare per la propria sopravvivenza e per quella della sorella più piccola. Ma, come detto, non è certo la prima né la sola. A precederla, infatti, ci sono altre damigelle pronte a combattere e salvarsi da sole. Scopriamo chi sono.
Enola Holmes e Lidia Poët, l’indipendenza d’inizio novecento
Millie Bobby Brown non è certo nuova a vestire i panni di personaggi autonomi ed indipendenti, capaci di andare contro i dettami sociali dell’epoca in cui vivono. Prima di diventare una testa coronata in Damsel, infatti, ha indossato alla perfezione lo spirito indipendente ed arguto di Enola Holmes.
Tratto dal primo romanzo, Il caso del marchese scomparso della serie The Enola Holmes Mysteries scritta da Nancy Springer, il film viene diretto da Harry Bradbeer e segna l’arrivo di una delle eroine più amate degli ultimi anni. Enola, infatti, è l’incarnazione stessa della modernità capace di rinunciare ad un destino prestabilito da altri per dare voce al suo talento.
Sorella più giovane di Mycroft e Sherlock Holmes, deve il suo spirito avventuriero all’educazione ricevuta dal madre. Rimasta vedova, infatti, la donna si è dedicata ad insegnare alla giovane figlia il valore della cultura, del ragionamento e, soprattutto, del libero pensiero. Tutte attitudini scandalose per una ragazza di buona famiglia nell’Inghilterra vittoriana il cui unico scopo dovrebbe essere quello di diventare un grazioso ornamento per la società.
Un destino che la unisce ad un’altra figura femminile che, dalla realtà storica, è passata alla rappresentazione cinematografica. Si tratta di Lidia Poët, prima donna ad entrare nell’ordine degli avvocati e, quindi, abilitata ad esercitare. Il tutto nell’Italia del 1884, quando una donna con pretese professionali e in grado di mostrare di possedere un intelletto costituiva uno scandalo senza pari. A portare sul piccolo schermo la sua storia di testardaggine ed autonomia è stata Matilda De Angelis nella serie tv la Legge di Lidia Poët, diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire. Il progetto ha avuto un grande successo di pubblico e, proprio per questo motivo, è prossima ad uscire la seconda stagione.
Al di là dei risultati artistici, comunque, vale la pena interrogarsi sui motivo che hanno trasformato dei personaggi così fortemente collocati nel passato, in eroine moderne. Probabilmente il segreto è proprio nella forza e nell’autonomia della loro vita che bene si armonizza con la visione contemporanea della femminilità.
Dal mondo Marvel a Star Wars, le donne guerriere
Nel mondo dei supereroi il concetto di damigella in pericolo è stato sempre un elemento centrale ed indiscutibile. Basti pensare al rapporto tra Lois Lane e Superman, Peter Parker/Spiderman e la sua Mary Jane. In entrambi i casi all’elemento maschile della coppia è sempre spettato il ruolo di difendere quello femminile, il più delle volte afferrandola al volo in caduta libera.
Oggi, però, anche nel mondo dei comics e dei film ispirati a questi le cose sono cambiate. Le damigelle non chiedono più aiuto ma fanno affidamento sulle proprie capacità, sfoggiando anche dei poteri altrettanto validi rispetto a quelli dei loro “colleghi”. In questo senso, dunque, si presenta un nuovo assetto di combattimento e resistenza dove si lotta fianco a fianco senza l’identificazione di una parte forte, in dovere d’intervenire, ed una debole, con il diritto di essere salvata. A dimostrare questo trend, che non è poi così nuovo, sono i personaggi di Balck Widow, Captain Marvel, Jane Foster, La principessa Shuri, Wanda Maximoff. A loro, poi, si collega, in qualche modo, ‘universo fantascientifico che, nella principessa Leia dii Star Wars ha visto un primo esempio di forza ed indipendenza. La stessa che il personaggio di Rey ha espresso, diversi anni dopo, al massimo delle sue potenzialità. D’altronde lei ha finito con incarnare tutti gli jedi. E non è certo stato un caso.
Alla Disney non ci sono più le principessa di una volta
Nessun luogo come la Disney si è fatto, nel corso dei decenni, portavoce del modello femminile fragile e bisognoso di essere accudito. D’altronde nella sua prolifica fabbrica dei sogni sono state forgiate e consegnate delle delicate principesse il cui unico scopo della vita è cantare, parlare con gli uccellini, vivere con i nani, fare le sguattere sognando un mondo migliore e addormentarsi in un sonno profondo per aver mangiato una mela avvelenata o essersi punta con l’ago di un telaio.
Ovviamente nessuna di loro è stata “programmata” per trovare da sola una soluzione interrompendo, magari, i loro discorsi con topini parlanti pensando a come trasformare i sogni in realtà. Il loro compito, piuttosto, è sempre stato quello di attendere il provvidenziale arrivo di un principe con tanto di scarpetta di cristallo o portatore del bacio salvifico. Insomma il “vissero felici e contenti” è sempre dipeso esclusivamente da una figura maschile.
Ma se ogni principessa avesse iniziato a lavorare attivamente per il proprio lieto fine? Questa è la domanda che, ad un certo punto, hanno iniziato a porsi gli sceneggiatori Disney, riflettendo sui cambiamenti sociali al di fuori dei loro uffici. Così, arrivando alla conclusione che il modello “damigella in pericolo” o “angelo del focolare” non era più di moda, hanno consegnato all’immaginario favolistico modelli femminili finalmente in grado di salvarsi da sole.
Da La principessa e il ranocchio, passando per Rapuntzel, Ribelle e Frozen tutto ha iniziato a parlare di autonomia e consapevolezza. Ognuno di loro, infatti, accetta l’avventura e, come premio finale, ha la scoperta di se stessa. Una parabola ascendente che non ha certo intenzione di arrestarsi ma che, anzi, nelle ultime animazioni presentate, come Oceania e Incanto, ha proposto una femminilità sempre più consapevole del percorso autonomo da affrontare.