Ha appena fatto il suo debutto su Netflix il primo dei due capitoli cinematografici dedicati alla saga di Dune, diretto da Denis Villeneuve e uscito al cinema nel 2021 (qui la nostra recensione).
Il film, come già il suo predecessore del 1984 a firma di David Lynch, è l’adattamento per il grande schermo di un grande classico della narrativa di fantascienza, nato dalla penna del geniale Frank Herbert e pubblicato in due parti sulla rivista americana Analog tra il 1963 e il 1965.
A differenza di Lynch, tuttavia, Villeneuve ha scelto di non adattare le oltre 600 pagine del romanzo in un unico lungometraggio, e ha suddiviso il racconto in due film, proprio com’era accaduto al momento della pubblicazione dell’opera letteraria.
In attesa di emettere un verdetto definitivo sul progetto dopo l’uscita nelle sale del secondo capitolo, che approderà al cinema il 3 novembre 2023, possiamo però già provvisoriamente constatare come la scelta di scindere in due parti il materiale di partenza abbia consentito un adattamento molto più fedele e scrupoloso del monumentale romanzo di Herbert.
Scompaiono quindi la famigerata “tecnica estraniante” e le altre fantasiose invenzioni di David Lynch, e affiorano le vicende, i personaggi e i luoghi del romanzo originale.
Tuttavia, anche nel recente adattamento cinematografico non mancano alcune invitabili differenze rispetto alla controparte cartacea: ecco le 10 maggiori differenze tra il Dune di Denis Villenueve e il romanzo di Frank Herbert.
1. Manca ogni riferimento al Jihad Butleriano
All’inizio del romanzo, in occasione dell’incontro tra Paul e la reverenda madre Gaius Helen Mohiam che culmina nella memorabile prova del dolore, la donna rivela alcune, preziose informazioni che ci consentono di comprendere l’universo di Dune.
Millenni prima, l’umanità ha combattuto contro una schiera di macchine senzienti guidate da una pericolosa intelligenza artificiale fuori controllo.
La guerra – che non può non farci pensare alle saghe di Matrix a Terminator – prese il nome di Jihad Butleriano, e portò alla sistematica abolizione di ogni forma di tecnologia intelligente.
Il trauma ancestrale rappresentato dal Jihad Butleriano sta alla base di tutta la saga di Dune, ed è la ragione per cui tutte le grandi case fanno ricorso ai “computer umani” mentat come Thufir Hawat, anziché utilizzare tablet e pc.
È per questo motivo che il consumo della Spezia, con i suoi forti effetti psicotropi, rappresenta l’unico modo con cui i piloti interstellari riescono a fare a meno dei calcolatori meccanici e pilotare una nave nello spazio.
Perfino lo spregiudicato barone Vladimir Harkonnen teme la tecnologia automatica: per questo fa murare vivo un agente segreto nel palazzo di Arrakeen, così che questi possa pilotare a breve distanza il “cercatore assassino” che attenta alla vita di Paul.
Nel film di Villeneuve lo “spiegone” della reverenda madre Gaius Helen Mohiam non è presente, e scompare ogni esplicito riferimento al Jihad Butleriano e al divieto di utilizzare tecnologia automatica di calcolo.
A beneficiarne è la fluidità narrativa di un lungometraggio già decisamente denso di informazioni, dialoghi e contenuti, ma molti spettatori potrebbero finire per perdere, o quantomeno sottovalutare alcuni elementi-chiave della storia.
Confidiamo che a porre rimedio a questa lacuna sarà la serie televisiva prequel Dune: The Sisterhood, attualmente in corso di produzione.
2. Il Barone non rivela i suoi piani a Feyd-Rautha
In questo caso Denis Villeneuve compie una scelta molto saggia, ed evita quello che, a nostro avviso, è uno dei passaggi meno riusciti del romanzo.
All’inizio del romanzo, sul pianeta Giedi Prime, il barone, il suo assistente mentat Piter de Vries e suo nipote Feyd-Rautha discutono sulle strategie di casa Harkonnen.
Con una mossa che si sarebbe rivelata decisamente suicida sul grande schermo, Vladimir Harkonnen rivela per filo e per segno al nipote – e a noi lettori! – tutti i dettagli del piano da lui ordito contro il duca Leto, ivi comprese l’identità del traditore – il dottor Yuhe – e le tattiche con cui intende indurre in trappola i poveri Atreides.
Fortunatamente, Villeneuve ha lasciato fuori dal copione questa scena, che avrebbe rappresentato un clamoroso auto-spoiler sulle vicende dell’intera ora successiva.
Così facendo, il regista si è risparmiato anche l’introduzione del nipote del barone, Feyd-Rautha, che entrerà in scena soltanto nel secondo film, evitando di sovraffollare una galleria di personaggi già decisamente numerosa.
La scelta risulta particolarmente ben riuscita: nel romanzo, Feyd-Rautha scompare per oltre trecento pagine, per poi fare ritorno soltanto nella seconda metà del volume.
In omaggio a questa scena, Villeneuve ci propone comunque un breve dialogo tra il barone, Piter e l’altro nipote di casa Harkonnen, ossia Rabban.
Anziché svelare tutto ciò che sta per accadere, la sequenza si conclude con una sibillina domanda del barone al suo furibondo nipote: “Quand’è che un dono non è un dono?”.
Evidentemente l’imperatore stesso sta lavorando dietro le quinte al fianco degli Harkonnen, ma in questa fase non ci è dato saperne di più.
3. Su Giedi Prime compare una misteriosa creatura ragno
Per conferire comunque la giusta profondità narrativa ai suoi antagonisti, il regista introduce invece una scena completamente assente dal romanzo: nel film, la reverenda madre Gaius Helen Mohiam fa visita al barone sul pianeta Giedi Prime, e gli porta le istruzioni dell’imperatore Shaddam IV.
In questo modo, diventa ora esplicito che è l’imperatore stesso a tirare le fila della congiura contro gli Atreides, e appare così evidente che la stessa reverenda madre è che una marionetta nelle sue mani.
Nella scena compare una mostruosa creatura dai tratti simili a quelli di un gigantesco ragno, che cerca invano di spiare il dialogo tra i due finché non viene cacciato dalla stessa Gaius Helen Mohiam con il potere della Voce.
Nel libro non c’è alcuna traccia di questa creatura, che a prima vista sembrerebbe contrastare anche con il canone della saga: ad eccezione dei vermi delle sabbie, nell’universo di Dune non esistono specie aliene, siano esse mostruose o intelligenti.
Durante una recente intervista, tuttavia, il responsabile degli effetti speciali Robyn Luckham ha rivelato che si tratta di qualcosa di molto più sottile e perverso: la creatura in questione è un essere umano modificato geneticamente e trasformato in un ragno come “giocattolo personale” del barone.
Con questa bizzarra comparsa, quindi, Denis Villeneuve non infrange affatto le regole dell’universo di Dune, bensì introduce un’esplicita citazione alla setta del Bene Tleilax, che nei libri successivi giocherà un ruolo centrale nella manipolazione genetica del DNA umano.
Che il regista sia davvero interessato a realizzare un terzo film dedicato al secondo volume della saga, ossia Messia di Dune?
Le sue dichiarazioni sembrano confermarlo, e il nostro “poco amichevole uomo-ragno di quartiere” potrebbe rappresentare un primo, cruciale tassello in tal senso.
4. I navigatori della Gilda non hanno sembianze mostruose
Nel film, i navigatori della Gilda spaziale che si occupano di pilotare i giganteschi trasporti interstellari sono individui dalle sembianze umanoidi che indossano un casco opaco, ricolmo di un fluido arancione ad altissima concentrazione di Spezia.
Soltanto attingendo in dosi massicce e continuative alla droga estratta su Arrakis, infatti, un essere umano può sviluppare capacità cognitive tali da riuscire a pilotare un trasporto spaziale e calcolare correttamente la rotta delle astronavi senza fare ricorso ai computer.
Computer che, del resto – come già si è detto – sono stati messi al bando in tutta la galassia!
La differenza tra film e libri, in questo caso, è di natura estetica: il romanzo afferma che i navigatori della Gilda hanno ormai perso ogni sembianza umana, e hanno assunto le sembianze di giganteschi pesci che si spostano all’interno di enormi vasche di Spezia, senza mai uscirne.
Sotto questo punto di vista bisogna ammettere che il film del 1984 di David Lynch era molto più accurato, e ci proponeva dei navigatori decisamente più mostruosi, costantemente immersi con tutto il corpo nella Spezia allo stato liquido.
È possibile che quelli visti all’inizio del film di Villeneuve fossero navigatori a uno stadio molto meno avanzato di trasformazione?
5. Gurney Halleck non è un cantastorie
Nel romanzo, Gurney Halleck non è soltanto un formidabile guerriero che istruisce Paul nell’arte della scherma, e nell’utilizzo dello scudo personale, ma è anche un talentuoso bardo cantastorie.
Decisamente più burbero, serio e marziale del Dandelion di The Witcher e delle altre incarnazioni di questo tipo di figura, il Gurney del romanzo porta sempre con sé uno strumento a corde, il baliset, ed è sempre pronto a sfoderare massime, poesie e canzoni.
A onor del vero in questo caso non si tratta di un vero e proprio cambiamento, bensì di un semplice taglio dovuto all’eccessiva durata del montaggio originale: come possiamo vedere nella scena tagliata qui sopra, anche la versione di Josh Brolin avrebbe dovuto suonare il baliset.
Resta decisamente possibile, quindi, che questa seconda natura del suo personaggio possa emergere nel corso del prossimo film… Ma, ovviamente, non aspettiamoci un musical!
6. Non c’è traccia dell’avvertimento di Lady Fenring
Appena arrivata su Arrakis, lady Jessica avrebbe dovuto ritrovare nei corridoi del palazzo un messaggio cifrato scritto da una consorella Bene Gesserit, lady Margot Fenring, che era presente sul pianeta fino al momento della partenza degli Harkonnen.
Tra le righe del messaggio, lady Fenring avrebbe messo in guarda Jessica sulla cospirazione degli Harkonnen, parlando di un traditore delle fila degli Atreides e di alcuni elementi chiave, che si sarebbero tuttavia rivelati insufficienti per prevenire l’agguato del barone.
L’intera sottotrama del romanzo è stata tagliata dal film, e per un valido motivo: il regista ha voluto semplificare il quadro, ed escludere una storyline poco chiara, dedicata a un personaggio fisicamente assente dalla scena, e mai visto fino a questo punto.
Gli appassionati del romanzo, tuttavia, non devono temere: lady Margot Fenring comparirà in carne e ossa nel secondo film, e sarà interpretata dall’attrice Léa Seydoux.
7. Manca la falsa pista che conduce a lady Jessica
Nel libro, gli uomini del duca Leto intercettano alcune informazioni su un presunto tradimento da parte di lady Jessica.
Il duca, innamorato di Jessica, rifiuta di prestare ascolto alle voci, ma Thufir Hawat e Gurney Halleck iniziano a nutrire parecchi sospetti nei suoi confronti, finendo per abbassare la guardia nei confronti della strana condotta del dottor Yuhe.
Anche in questo caso, la sottotrama è stata tagliata dal film per esigenze di minutaggio e di linearità narrativa, anche se forse, in questo caso, sarebbe valsa la pena mantenerla, così da enfatizzare il clima di sospetto e di minaccia che aleggia sull’intero palazzo di Arrakeen.
In questo caso, il taglio della storyline è destinato ad avere delle inevitabili ripercussioni anche sulla trama del prossimo film: nel romanzo, dopo la morte del duca Leto, Gurney Halleck è alla ricerca di vendetta nei confronti di Jessica, e Thufir Hawat arriva addirittura a stringere un’incredibile patto di fedeltà pur di vederla morta.
Se i due faranno le stesse scelte, occorrerà quantomeno introdurre – anche a posteriori – la subdola campagna di disinformazione messa in circolazione del barone.
8. Liet Kynes è una donna, anziché un uomo
Gli standard culturali e cinematografici sono molto cambiati rispetto agli anni Sessanta, e l’esigenza di dare il giusto spazio anche al genere femminile ha indotto il regista a compiere un’operazione di gender swapping, facendo diventare femminile il personaggio di Liet Kynes, planetologo imperiale e arbitro del cambio incaricato di vigilare sull’insediamento del duca Leto su Arrakis.
Nel film come nel libro, Liet Kynes è in realtà il capo della resistenza Fremen, e gioca un ruolo decisivo nella fuga di Paul attraverso il deserto.
In questo caso, il cambiamento risulta decisamente ben riuscito e “innocuo” a livello narrativo, dal momento che nel romanzo di Herbert il profilo di Kynes non viene connotato in maniera particolarmente marcata.
Pur essendo il padre di un importante personaggio della saga, infatti, non lo vediamo mai in vesti o atteggiamenti paterni, anche a causa della sua morte prematura nel deserto.
Con il casting dell’attrice Sharon Duncan-Brewster, quindi, il regista riesce a evitarsi polemiche e accuse di maschilismo senza commettere l’errore di creare nuovi personaggi femminili dal nulla (qualcuno ricorda la famigerata Tauriel di Lo Hobbit?).
Un altro gender swapping, nel secondo film, riguarderà Shishakli, un valoroso guerriero Fremen che sullo schermo assumerà un’identità femminile.
9. È stato tagliato (di nuovo!) il banchetto di Arrakeen
Nel 1984, al momento dell’uscita del film di David Lynch, lo scrittore Frank Herbert espresse il suo dispiacere per l’assenza della sequenza dedicata al banchetto di Arrakeen, in cui i rappresentanti di molte forze politiche dialogano e si minacciano alla tavola del duca Leto.
Pur avendo apprezzato il film, l’autore riteneva particolarmente importante la presenza di quell’episodio, che fotografa alla perfezione tutte le forze e le fazioni in gioco nell’universo di Dune, dalla Gilda spaziale ai contrabbandieri, e dai Fremen all’impero.
Purtroppo, anche nel film del 2021 non c’è stato spazio per questa sequenza così delicata, degna del miglior episodio di Game of Thrones.
A livello cinematografico, tuttavia, è probabilmente meglio così: rappresentare nel migliore dei modi il banchetto e i suoi commensali avrebbe richiesto una sequenza piuttosto lunga, che avrebbe finito per spezzare il ritmo della storia e complicare ulteriormente il quadro narrativo.
Come si può vedere dall’immagine qui sopra, anche in questo caso si tratta di una scena girata e tagliata soltanto al momento del montaggio finale.
10. Perché Paul esita durante il duello con Jamis?
Il film si conclude con il fatidico duello tra Paul e il suo oppositore Jamis, che si rifiuta di accogliere il ragazzo e sua madre tra i Fremen.
Il protagonista, addestrato nell’uso del pugnale dai migliori guerrieri della galassia, come Gurney Halleck e Duncan Idaho, ha facilmente la meglio sul suo avversario ma esita più volte al momento dell’affondo decisivo, lasciando esterrefatti tutti gli spettatori.
Nel film, Jessica spiega al comandante della tribù Stilgar che Paul non sta giocando con il suo nemico, ma semplicemente indugia perché non ha mai ucciso un uomo.
Nel libro, la situazione è ben più drammatica, e tiene in sospeso il lettore fino alla fine del duello: Paul è infatti molto più agile e addestrato del suo avversario, ma esita al momento dell’affondo perché è sempre stato abituato a combattere con lo scudo energetico attivato.
Come spiega Gurney all’inizio del film, solo un colpo lento può penetrare lo scudo di un nemico, e Paul è troppo condizionato dal suo addestramento per sferrare un affondo rapido in un contesto in cui, invece, gli scudi non esistono.
Così facendo, il protagonista finisce per esitare di continuo, rischiando anche di perdere il duello e la propria vita contro gli assalti disperati di Jamis.
La versione del romanzo avrebbe sicuramente reso molto più avvincente la battaglia finale, ma si tratta di un concetto decisamente difficile da rappresentare sullo schermo.
A conti fatti, riteniamo comunque efficace la versione proposta da Villeneuve, dal momento che dare esplicitamente voce ai pensieri di Paul (come accadeva nel film di Lynch) sarebbe risultato molto pesante e artificioso.