Il 20 dicembre 2002 usciva nelle sale italiane Natale sul Nilo, forse l’apice del filone festivo inaugurato dai fratelli Vanzina e poi portato avanti soprattutto da Neri Parenti. Un autentico fenomeno, maggiore incasso della stagione 2002/2003, seguito a ruota dal Pinocchio di Benigni e da La leggenda di Al, John e Jack. Un risultato oggi irripetibile, al punto che molti dei volti storici del cinepanettone hanno optato per altre soluzioni (vedi Christian De Sica attualmente protagonista di una commedia natalizia su Netflix). Un pezzo di storia del cinema italiano, che vogliamo ricordare in occasione del ventennale.
Un teaser epocale
A contribuire al grande successo del film è sicuramente stato l’azzeccatissimo teaser, uscito qualche mese prima del debutto della pellicola. Un filmato che, scoperto in sala (nel 2002 YouTube non c’era ancora e vedere i trailer in rete era impresa ardua per questioni banda larga), si presentava quasi come un documentario, introducendo un cunicolo nascosto della piramide di Cheope. E poi, la svolta: al suo interno c’è il cast principale – Massimo Boldi, Christian De Sica, Biagio Izzo, Enzo Salvi e i Fichi d’India – che balla (o, nel caso di Boldi, cerca di farlo) sulle note di Asereje, il tormentone estivo di quell’anno e parte integrante della colonna sonora del film (il brano appare due volte). Non era la prima volta che si sottolineava l’importanza delle canzoni da hit parade in questi film, ma un teaser del genere, quasi completamente privo di legami con il contenuto del lungometraggio stesso, lasciò il segno. Ancora oggi, se lo si va a cercare sul canale YouTube della Filmauro, c’è chi ammette nei commenti che lo va a rivedere regolarmente.
Il cast perfetto
Altro probabile motivo del successo di Natale sul Nilo è il suo aver saputo individuare le caratteristiche imprescindibili che lo spettatore associa agli interpreti principali, distillandole nella versione ideale dei vari archetipi: De Sica l’impenitente t(r)ombeur de femmes, Boldi quello che non riesce a tenere sotto controllo la famiglia (nella fattispecie la figlia teenager che, da buona adolescente di quegli anni, vuole fare la letterina e sposare un calciatore), Izzo l’eterno sottomesso, Salvi il burino fissato con i commenti scatologici, e i Fichi d’India quelli che ogni tanto irrompono nella trama principale con fare quasi surreale. Il ritratto perfetto di una società italiana da mettere alla berlina a suon di eccessi e turpiloquio: “Cento parolacce in cento minuti”, titolò il Corriere della Sera ai tempi, parlando di momenti come quello, esilarante, in cui Izzo recita il contenuto di un’intercettazione e censura, dicendo bip, le parolacce (“Il vaffanculo è l’unica passabile”).
“E allora vada a cagare al Colosseo!”
Il grande errore della Filmauro è stato quello di cercare di replicare la formula negli anni successivi, in particolare con Natale in India che era palesemente una pallida fotocopia della vacanza in Egitto. Una vacanza che è rimasta impressa, anche nei luoghi più insospettabili: qualche anno fa (vedi video), parlando di un tizio che era andato alla Reggia di Caserta per fare il bagno nella fontana, il comico Maurizio Crozza ha ironizzato “È come se uno andasse a Luxor per pulirsi il culo con le bende di Tutankhamon.” Una frase che fa immediatamente pensare a una delle scene più iconiche del film, in cui Boldi, afflitto da un improvviso attacco di diarrea, usa inavvertitamente le bende di una mummia per rimettersi a posto dopo aver espletato i bisogni e quasi tramortito tutti i visitatori della piramide. E da bravo turista proveniente dal Belpaese, prova a giustificarsi elencando le bellezze nostrane: “I am generale dei carabinieri. Italian. Pizza, spaghetti, Roma, Colosseo.” La risposta, corredata da nuovo cartello su quello che non si può fare dentro la piramide, la potete leggere qualche riga più sopra…