Il discorso del re, il film del 2010 diretto da Tom Hooper, è tratto dalla storia vera, quella di re Giorgio VI, sovrano del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, nonché padre di Elisabetta II. Nato come principe Albert Frederick Arthur George, figlio di Giorgio V, non era destinato a diventare il nuovo re inglese. Anche a causa di una pesante balbuzie e di un carattere non particolarmente risoluto. Tuttavia, lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e l’abdicazione del fratello, re Edoardo VIII a causa dello scandaloso rapporto con la divorziata americana Wallis Simpson, lo spinsero sul trono.
Ma andiamo con ordine. Il film di Hooper, con Colin Firth, Geoffrey Rush ed Helena Bonham Carter, racconta in particolare dell’incontro tra il duca di York e il logopedista Lionel Logue, un professionista specializzato nella cura della balbuzie. Australiano, classe 1880, Logue si trasferì nella capitale inglese nel 1924, dove prosperò come esperto nella terapia delle disfunzioni del linguaggio. Tra i suoi pazienti vi era dunque anche il duca di York, futuro sovrano. Nei primi tempi della loro collaborazione, il duca apprese i primi rudimenti del public speaking, mettendosi alla prova con successo nel 1927 all’apertura del Parlamento australiano a Canberra.
Ma la sfida più grande sarebbe dovuta ancora arrivare per i due. Con la morte di Giorgio V, nel gennaio del ’36, la successiva incoronazione di Edoardo VIII e soprattutto la sua abdicazione, il 12 maggio 1937, motivata dalla relazione con la Simpson, Albert diventò re Giorgio VI. E fu il monarca a cui tutta la nazione guardò nei terribili giorni antecedenti al conflitto mondiale.
Logue fu vicino a Giorgio VI durante la sua incoronazione a Westminster. E soprattutto in previsione della dichiarazione di guerra alla Germania nazista. Il 3 settembre 1939, infatti, Giorgio VI tenne uno storico discorso radiofonico, preparato a lungo e con minuzia, assieme a Logue, per evitare ogni indecisione nella resa. Ancora oggi viene ricordato come uno dei momenti chiave della recente storia europea. Affrontato con grande dignità e partecipazione da un re che anno dopo anno divenne un punto di riferimento centrale per i britannici.
E che, grazie al costante supporto di Logue, conquistò l’amore dei sudditi con i suoi discorsi radiofonici pieni di pathos e molto incoraggianti. A dispetto della sua balbuzie. Giorgio VI non smise mai di essere amico del suo professore. Nel 1937, infatti, Logue venne nominato membro dell’Ordine reale vittoriano. E nel 1943, dieci anni prima della sua morte, commendatore. La sua esperienza ispirò il nipote, Mark Logue, a scrivere un libro assieme a Peter Conradi. Si intitola Il discorso del re: come un uomo salvò la monarchia britannica, adattato poi per il grande schermo da Hooper.