È finalmente arrivato nelle sale Killers of The Flower Moon, ambizioso e maestoso lungometraggio di Martin Scorsese, che per l’occasione fa interagire sullo schermo entrambi i suoi attori-feticcio, Leonardo DiCaprio e Robert De Niro (potete leggere di più al riguardo nella nostra recensione). Un film che, come molti di quelli precedenti del regista, medita sulla famiglia, sul tempo, sulla giustizia, aggiungendo anche una riflessione sull’evoluzione dell’audiovisivo. Tutti questi elementi si incontrano, magnificamente, nella conclusione della pellicola, una catarsi fulminante dopo poco più di tre ore di complotti e omicidi. Una commistione di ingredienti di cui vogliamo parlare nella nostra spiegazione del finale di Killers of The Flower Moon. Ovviamente questo articolo contiene spoiler!
Cosa succede nel finale di Killers of the Flower Moon
Dopo anni di attività criminali, Ernest Burkhart e suo zio William King Hale vengono arrestati dall’FBI per i molteplici omicidi ai danni della popolazione Osage (terribile vicenda vera che ha ispirato il film). Il primo accetta inizialmente di testimoniare contro il secondo, salvo poi ripensarci su suggerimento dell’avvocato di Hale, e poi decide di tornare alla posizione iniziale dopo aver appreso che uno dei suoi figli è morto di pertosse. Hale cerca di farlo uccidere, invano. Ernest cerca di riconciliarsi con la moglie Mollie, ma lei lo abbandona definitivamente quando lui nega di aver cercato di avvelenarla tramite le sue iniezioni quotidiane di insulina. Uno spettacolo radiofonico funge da epilogo, sostituendo le consuete scritte riassuntive sul destino dei personaggi: Ernest e Hale furono entrambi condannati all’ergastolo, ma furono poi rilasciati e vissero senza contatti reciproci fino alla morte. Mollie, dopo aver divorziato da Ernest, morì di diabete nel 1937, all’età di cinquant’anni, e fu sepolta con i parenti Osage. Il necrologio, specifica il commentatore radiofonico, non menzionò per nulla gli omicidi.
Da un medium all’altro
Il film inizia con la scoperta del petrolio sul territorio Osage, il fenomeno che trasformò la loro terra nell’impero criminale di William King Hale, e tra quella scena e l’inizio effettivo dell’intreccio gangster, con il ritorno di Ernest dalla guerra in Europa nel 1918, c’è un riassunto della storia e cultura Osage sotto forma di film d’epoca, materiale che riproduce gli stilemi del cinema muto con la filologia che siamo soliti associare a Scorsese, già avvezzo di questa pratica (basti pensare a The Aviator, dove la fotografia sottolineava il passare del tempo alterando leggermente gli schemi cromatici in base alle convenzioni Technicolor dei decenni in questione).
Per la conclusione, invece, ricorrendo ancora una volta a metodi creativi per evitare didascalie o voci narranti classiche, ha scelto di affidare i dettagli finali a un radiodramma, di quelli con cui lui stesso, nato nel 1942, cinque anni dopo la morte di Mollie, sarà cresciuto insieme al cinema, principale passatempo consentito a un ragazzino che, come la protagonista femminile del film, era debilitato dalla malattia (ma lui finì per riprendersi dall’asma d’infanzia) e quindi limitato nelle attività del tempo libero. L’evoluzione dell’entertainment – con possibile allusione alla popolarità di cui gode ancora oggi il genere del thriller basato su veri casi di cronaca nera, al cinema, in televisione e sotto forma di podcast – va di pari passo con quella della famiglia criminale di Hale, raccontando quasi l’intera prima metà del Novecento americano.
Dare voce agli Osage
Come spiegato dalle persone direttamente coinvolte nella lavorazione, il film era inizialmente molto diverso a livello di concezione (tanto per dirne una, era previsto che DiCaprio interpretasse l’agente federale Tom White e non il perfido Ernest), e la consulenza della popolazione Osage ha influito sulla forma finale del progetto, rendendo le vittime delle macchinazioni di Hale e il loro sfruttamento da parte dei bianchi una parte molto più integrante della trama, al fine di dare loro la voce che per decenni gli era stata negata. Questo rende ancora più significativo non solo il fatto che la pellicola si apra e chiuda con scene di rituali Osage, ma anche il cameo che lo stesso Scorsese si è ritagliato, il suo ruolo più sostanzioso in uno dei propri film dai tempi di Taxi Driver: è lui, infatti, a commentare gli eventi finali al termine del radiodramma, esplicitando in particolare il destino di Mollie.
Con un dettaglio in particolare: non ci fu alcuna menzione degli omicidi commessi dagli uomini di Hale nel necrologio della donna, anch’ella vittima degli intrighi del “re” di Osage County. Otto decenni dopo, prima con il libro di David Grann e poi con il film, quella svista è stata rettificata. Parlando non solo degli assassini, come dice il titolo, ma anche di chi ha sofferto per mano loro.