Il film: La battaglia di Hacksaw Ridge, 2016. Regia: Mel Gibson. Cast: Andrew Garfield, Teresa Palmer, Hugo Weaving, Sam Worthington, Vince Vaughn, Rachel Griffiths. Genere: Drammatico, Guerra. Durata: 131 minuti. Dove l’abbiamo visto: Su Netflix.
Trama: Durante la Seconda guerra mondiale ha luogo l’epica battaglia per prendere la tristemente nota fortezza giapponese di Okinawa. L’improbabile eroe che cambia le sorti della violenta e sanguinosa battaglia è Desmond T. Doss, un giovane soldato e medico dell’esercito americano che si rifiuta di portare le armi. Il suo comportamento contribuirà a renderlo un eroe agli occhi dei suoi commilitoni, facendone il primo obiettore di coscienza nella storia americana a ottenere una medaglia d’oro dal Congresso.
A febbraio 2017 usciva nelle sale italiane con Eagle Pictures La battaglia di Hacksaw Ridge, quinto lungometraggio dietro la macchina da presa per il regista premio Oscar Mel Gibson, e uno dei suoi più importanti dal punto di vista tematico e narrativo. Il ritorno nella cabina di regia per l’autore (e attore) australiano arriva ben dieci anni dopo il suo discusso Apocalypto, e dodici dal successo planetario de La passione di Cristo.
Mettendo in scena la vera storia dell’obiettore di coscienza Desmond T. Doss, Gibson sembra ritrovare una verve cinematografica che forse si era in parte diluita nelle ambiziose visioni che lo avevano portato a raccontare il Vangelo e la civiltà Maya a modo suo. Con questo film basato su una sceneggiatura curata da Andrew Knight e Robert Shenkkan, Gibson ha anche l’occasione di far pace con la natia Australia, tornando a girare esattamente in quei luoghi. Nella nostra recensione di La battaglia di Hacksaw Ridge ci soffermeremo proprio sull’elemento australiano, il suo peso artistico nella filmografia dietro la macchina da presa di Mel Gibson, e come con un atipico war movie biografico abbia realizzato il suo film più convincente dai tempi di Braveheart- Cuove impavido.
La trama: un obiettore di coscienza che ha fatto la Storia
Primavera 1945. Mentre infuria la Guerra del Pacifico, un giovane obiettore di coscienza dello stato americano della Virginia decide di arruolarsi nell’esercito americano. Si chiama Desmond T. Doss (Andrew Garfield), è un avventista del settimo giorno, e proprio per il suo credo religioso è fermamente convinto nell’uso improprio delle armi; arruolandosi dunque nell’esercito Usa, viene inizialmente deriso dai suoi commilitoni perché di natura docile, dal fisico magrolino e perché di regime alimentare vegetariano. Quando il suo distaccamento viene però chiamato a conquistare il massiccio Maeda nella battaglia di Okinawa in Giappone, Desmond sfodera tutto il suo coraggio e la sua determinazione non nel vincere la guerra per l’Occidente, bensì nel salvare il maggior numero di vite possibili. Senza mai imbracciare neppure un’arma.
Queste sono le premesse di La battaglia di Hacsaw Ridge, quinto lungometraggio dietro la macchina da presa per il regista premio Oscar Mel Gibson e uno dei suoi più riusciti. Messo da parte il fervore e l’attenzione mediatica e narcisistica di film come La Passione di Cristo e Apocalypto, il cineasta australiano firma una pellicola biografica che trova la sua dimensione cinematografica ideale nel sapersi appoggiare a una solidissima sceneggiatura a quattro mani e a una storia incredibilmente vera che sembra appartenere più alla fantasia del grande schermo che al passato storico.
Per diventare un eroe non serve un’arma
Come strenuo e orgoglioso obiettore di coscienza, Desmond T. Doss è entrato di diritto nella storia dei più grandi eroi della Seconda Guerra Mondiale quando si è arruolato nell’esercito Usa come medico di fanteria, esempio virtuoso di testardaggine e di coraggio senza eguali; come sarebbe potuto riuscire a sopravvivere alla guerra del Pacifico senza mai imbracciare un’arma per fede religiosa? Mel Gibson indaga la psicologia e le scelte di Doss realizzando un biopic idealmente suddiviso in due atti: il primo è maggiormente improntato sull’intimità di Desmond e i suoi rapporti con il mondo circostante: dalla relazione con i suoi genitori a quella con la fede intransigente che mette in pratica quotidianamente, fino all’amore della sua vita Dorothy (Teresa Palmer), che lascia in Carolina del Sud per partire con grande coraggio come soccorritore militare.
Il secondo atto narrativo del film, invece, si concentra sul duro addestramento nell’esercito e su una struttura narrativa che non lesina dal tramutarsi in spettacolare messa in scena della brutalità della carneficina che il protagonista e i suoi commilitoni hanno dovuto affrontare nella battaglia di Hacksaw Ridge, in Giappone. Il risultato finale è una confezione cinematografica precisa e fortemente rigorosa, che si prende i suoi tempi per donare respiro bidimensionale ai personaggi per poi buttarli in pasto all’orrore della Seconda Guerra Mondiale.
Gibson firma l’antidoto a Braveheart
Come racconta la Storia, alla fine del sanguinoso scontro in terra asiatica, Desmond Doss era riuscito a salvare le vite di ben 75 soldati, senza mai imbracciare alcun tipo di arma sul campo di battaglia; un gesto di estremo coraggio che l’allora Presidente Usa Harry Truman celebrò consegnando al nostro giovane obiettore di coscienza la medaglia d’onore. Raccontare questa incredibile storia vera per Gibson ha equivalso a fare un po’ i conti con i suoi stessi valori, la sua fede e le sue ossessioni cinematografiche di sempre. A partire dalla scelta di girare il suo quinto lungometraggio non negli Usa e in Giappone, bensì nel Nuovo Galles del Sud, in terra australiana.
Traslando le pagine della Storia nel continente natio, il regista premio Oscar sembra riappacificarsi con le sue radici e le sue esperienze artistiche degli esordi, firmando al contempo una struggente lettera d’amore ai luoghi della sua infanzia e della sua adolescenza. Un film che del resto trasuda da ogni poro e da ogni inquadratura la fibra di cui è fatto Mel Gibson in cabina di regia: un’idea di cinema, la sua, senza compromessi, che di certo evoca scambi di opinioni e mette in discussione le visioni personali dello stesso autore, ma che qui funziona quando la si analizza come vero e proprio antidoto al suo celeberrimo Braveheart. Nel cult del 1995, Gibson allestiva un kolossal medievale crudo e iperrealistico, dove la libertà veniva conquistata a suon di epiche colluttazioni e uso (im)proprio di armi bianche; con Hacksaw Ridge, invece, il cineasta firma la regia di un war movie tematicamente antitetico dove il protagonista, pur vivendo in presa diretta gli orrori degli scontri tra americani e giapponesi, preferisce salvare vite anziché imbracciare armi letali.
Hacksaw Ridge è un film conservatore?
Certo è che c’è da chiedersi quanto fascino personale possa aver esercitato un’incredibile storia vera come quella di Doss sulla sensibilità artistica di Mel Gibson, che da sempre non ha mai fatto mistero delle sue visioni della società tout court, del suo fervente integralismo cattolico e delle sue posizioni conservatrici. Forse nel processo di trasmutazione dal Gibson-uomo al Desmond-personaggio traspare uno slancio dall’afflato sicuramente personale, eppure La battaglia di Hacksaw Ridge riesce intelligentemente a svicolare lo spettatore dalla trappola dell’immedesimazione del film nel suo autore.
Questo perché la solida scrittura e una visione registica fortemente equilibrata tra intimismo psicologico e spettacolo raccapricciante della guerra, fanno del quinto film dietro la macchina da presa del Mad Max del cinema australiano il più appassionante e sincero della sua carriera dopo i fasti di Braveheart. Un lungometraggio tematicamente senza compromessi, che più che respingere, spinge invece lo spettatore a prendere parte a uno degli atti di eroismo e di fede più straordinari mai accaduti nel corso della sanguinosa Seconda Guerra Mondiale. Senza beceri giudizi etico-morali e prese di posizione di sorta.
La recensione in breve
Il quinto film da regista di Mel Gibson sembra racchiudere più anime dentro la sua struttura narrativa, rimanendo però sempre fedele ai temi e le ossessioni dell'autore australiano. Raccontando la storia vera dell'obiettore di coscienza Desmond T. Doss, Gibson regala ad Andrew Garfield il ruolo della sua vita e confeziona un war movie sincero e appassionante.
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Voto CinemaSerieTV