Il film: Lady Bird, 2017. Regia: Greta Gerwig. Genere: Commedia. Cast: Saoirse Ronan, Lucas Hedges, Thimothée Chalamet, Laurie Metcalf, Beanie Feldstein. Durata: 93 minuti. Dove l’abbiamo visto: Prime Video.
Trama: Christine McPherson, detta Lady Bird, è una liceale di Sacramento che sogna di studiare a New York. L’ultimo anno di scuola sarà fondamentale per capire qualcosa in più di sé stessa e del rapporto con sua madre Marion.
Molto prima di Barbie e di Jo March, Greta Gerwig, splendida quarantenne di Sacramento, ci aveva presentato un’altra formidabile figura femminile, quella di Christine “Lady Bird” McPherson. Costruendo attorno a lei un film, Lady Bird, che è stato uno dei debutti registici più riusciti degli ultimi anni. Nei film d’esordio c’è il rischio che si voglia mettere in campo tutto, riempiendo la storia di elementi inutili o peggio ancora dannosi.
Specialmente se la storia è in parte quella della propria vita. Invece qui la poetica di Greta Gerwig e il suo registro narrativo umoristico si mostrano in maniera naturale e con dolcezza. C’è un’autrice, un mondo che conosce e spiega benissimo. E c’è una protagonista imperfetta e indimenticabile, resa perfettamente da Saoirse Ronan. Ecco allora la recensione di Lady Bird.
La trama: Sacramento-New York sola andata
Ultimi mesi del 2002 e primi del 2003 per Christine “Lady Bird” McPherson, adolescente dell’ultimo anno di un liceo cattolico di Sacramento dagli occhi di blu brillante. E con capelli dal colore indefinito, frutto di una quantità considerevole di tinture sbagliate. La ragazza che ha deciso di darsi un nome diverso da quello stabilito dai genitori vive dalla parte sbagliata della ferrovia. Con Larry, papà depresso, Marion, mamma infermiera psichiatrica, e con il fratello adottato, Miguel e la di lui fidanzata.
La sua vita è segnata dal desiderio di fuggire da quella città, per andare a New York e studiare nella Grande Mela. Ciò è fonte di aspri conflitti con la madre che la giudica un’ingrata, perché un trasferimento, con annessi studi universitari, sarebbe impossibile da sostenere per la famiglia. Lady Bird divide le giornata con l’amica del cuore Julie. Vivendo prima una love story con Danny (che però è gay), poi con Kyle, con cui consuma una deludente prima volta. Quando l’anno scolastico arriva alla fine, per Lady Bird si affaccia la possibilità di una nuova vita altrove.
L’amara ala della giovinezza
Ammettiamolo: quanti momenti possono davvero rivelarsi chiave nella vita di una ragazzina? Sicuramente il primo amore e la scoperta del sesso. Il consolidamento delle amicizie, quelle che resistono agli anni e alle liti. Lo scontro/confronto con l’autorità genitoriale, che, al netto di ogni possibile crisi, sfocia poi in una connessione più adulta con mamma e papà. Ebbene, tutte queste tappe sono presenti in Lady Bird. E mostrate con intelligenza ed empatia. Dall’amore con Danny (Lucas Hedges) e Kyle (Timothée Chalamet), all’amicizia con Julie (Beanie Feldstein) e Jenna (la ragazza più celebre della scuola), questa giovane donna con propensione a essere al centro dell’attenzione attraversa i piccoli e grandi cambiamenti dell’adolescenza con sarcasmo e malcelata insofferenza.
E più che cercare sé stessa, cerca il suo posto nel mondo. Con una sola certezza: non sarà Sacramento, capitale politica e Midwest della California. Verso cui scoprirà di nutrire affetto e tenerezza solo alla fine. Come? Guidando per le sue strade, in un’ideale passaggio di consegna con la madre. Altro scatto di crescita che la Gerwig mostra in un bellissimo montaggio in cui si alternano i primi piani di Christine e di Marion, mentre attraversano lo stesso ponte.
Senza perdere la tenerezza
Ciò che di miracoloso c’è in questo film è l’equilibrio dei toni, che la Gerwig ottiene con una sceneggiatura calibrata, dai dialoghi briosi, mai banali, toccanti. Si ride tanto, e in modo improvviso, come quando Christine, poco prima di un insperato amplesso con Kyle, entra nella camera dell’amica Jenna e resta sconvolta dalla presenza del lettino abbronzante. O quando la protagonista risponde con acrimonia alla militante antiabortista che tiene un seminario a scuola. Ma il dramma è autentico, genuino.
Ed è la crisi del padre che ha perso il lavoro e quindi ogni certezza di capofamiglia. È il rapporto con la madre, una straordinaria Laurie Metcalf. Il cuore del film è racchiuso tutto in questa relazione in bilico tra crudeltà e amore. Basta un soffio per far pendere l’ago della bilancia da un lato o dall’altro. “Vorrei solo piacerti“, dice Christine a Marion, mentre prova il vestito per il grande ballo di fine anno. Non è solo una richiesta di accettazione, ma un bisogno di essere vista per quella che è. Incoerenze incluse.
Di madri e figlie
Quanto possono essere uguali una madre e una figlia e quanto, invece, diverse? La Gerwig dà una risposta molto netta: Christine deve andare via da lì, deve separarsi dalle sue certezze per diventare una donna. Il film si apre con Lady Bird e Marion che ascoltano l’audiolibro di Furore e commosse stabiliscono una connessione profonda. Salvo poi litigare furiosamente, con tanto di salto di Christine dalla macchina in corsa e braccio rotto. La rabbia, la volontà di essere differente da una madre, è un propellente necessario a ogni essere umano per trovare un’identità originale.
C’è sempre tempo per un rappacificamento, anzi per la serena accettazione di essere ineguali, ma non per questo inconciliabili (come spiega il dolcissimo finale). E non stupitevi se rivedendo o vedendo il film ora sentite nelle vostre orecchie la canzone di Billie Eilish, What Was I Made For?. Perché la domanda che si fa la Barbie di Greta Gerwig, che è a sua volta una figlia al cospetto di una madre, è la stessa che si pongono Christine e Marion. Ed è la stessa che ci chiediamo tutte. La risposta, a volte, non arriva in un’intera vita. O forse cambia assieme a noi.
È nata un’autrice
Quando nel 2017 uscì Lady Bird in molti storsero il naso davanti all’ennesima attrice che sceglieva di diventare anche regista, inserendosi nel solco di una tradizione indie che forse aveva un po’ perso smalto. Ammettiamo di averlo pensato anche noi, eppure, vedendo Lady Bird non si può non ammettere di trovarci davanti a un’opera compiuta e partecipata. Un racconto che, per quanto leggero, rende benissimo la problematicità e l’incertezza di quel tempo sospeso che è l’adolescenza.
In poche parole si vede che la Gerwig è un’autrice con la A maiuscola. E non solo per il suo sguardo femminile, frase che è sempre più svuotata di significato. Ma per l’intelligenza e l’umanità che utilizza nel descrivere una madre che non sa rendersi conto della bellezza della figlia. Presa com’è dal turbinio di una vita priva di emozioni e carica solo di responsabilità. Una madre che però ci prova a chiedere scusa e a raggiungere in qualche modo quella ragazza stramba. Così, inquadratura dopo inquadratura, la Gerwig delinea con umorismo mai cinico un mondo complicato. A volte assurdo, ma vero. Lo fa solo il grande cinema.
La recensione in breve
Greta Gerwig racconta la storia di una ragazzina contraddittoria con leggerezza e autenticità e ci consegna un ritratto bellissimo di un'adolescente solennemente incasinata. Ma proprio per questo, indimenticabile.
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Voto CinemaSerieTV