Scritto e diretto da Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch, Le otto montagne è un film del 2022 tratto dall’omonimo romanzo di Paolo Cognetti. Si è imposto all’attenzione internazionale con la vittoria del premio della giuria al 75.mo Festival di Cannes. E per la vittoria di quattro David di Donatello, tra i quali quello per il miglior film. Un’opera maestosa, quella firmata dalla coppia di registi belgi, eppure profondamente intima. Supportata dalle efficaci interpretazioni di Luca Marinelli e Alessandro Borghi.
Capaci di dare corpo e anima a due protagonisti, Pietro e Bruno, legati da un’amicizia inscalfibile. Anche quando la vita li separa, per permettere a ognuno di loro di realizzare le loro identità umane. Amici che si attraggono e respingono con la stessa forza. Amori, famiglia, dubbi, sogni si intrecciano allora in una storia incastonata in uno scenario naturale che toglie il respiro, quello della Val d’Ayas in Valle d’Aosta. Dove quelle rocce antichissime sono testimoni silenziose di due vite come tante altre. Eppure, uniche. Ecco allora la spiegazione del finale de Le otto montagne.
Amicizia e radici
«Non pensavo di trovare un amico come Bruno nella vita. Né che l’amicizia fosse un luogo dove metti le tue radici e che resta lì ad aspettarti». Si apre così Le otto montagne. Con la voce fuoricampo di Luca Marinelli che racconta la grande storia d’amicizia che lo ha legato a Bruno. Siamo nel 1984. Pietro è un ragazzino di 12 anni che trascorre le vacanze estive nel paesino di montagna di cui è originario il padre ingegnere. Nonostante l’uomo non sia spesso presente, dedica il tempo che può al figlio. Instillandogli l’amore per la montagna. Quando Pietro incontra il coetaneo Bruno diventano subito amici. E la relazione si rivelerà fondante per le vite dei due.
I genitori di Pietro si offrono addirittura di ospitare Bruno per permettergli di studiare nella scuola di Torino (non senza capricci da parte di Pietro, spaventato dal fatto che uno come lui possa essere “rovinato” in città). Il ragazzino, però, è costretto a tornare col padre. Pietro e Bruno, quindi, non si vedranno per molto tempo. Fino a quando, anni dopo, Pietro, alla morte del padre, non torna al paese per recuperare una baita malandata che ha ricevuto in eredità. È proprio Bruno a portare Pietro presso il rudere. Riprendono così a frequentarsi. Quella baita diventa un luogo di socialità dove spesso si radunano gli amici di città di Pietro, a partire da Lara una ragazza con ha una breve frequentazione e che attira l’attenzione di Bruno.
Crescere da soli
Col passare del tempo Pietro trova la sua strada, il suo posto nel mondo, viaggiando verso il Nepal e diventando un rinomato scrittore. Così Bruno, ormai legato a Lara, che gli dà anche una figlia, Anita, è ormai lanciato nella nuova attività di alpeggio, che lo distoglie tuttavia dalla cura della baita. Pietro finalmente è realizzato, anche se non riesce più a essere presente come prima («Sono andato troppo lontano dovevo restare qui», dirà poi a Lara). Pietro e Bruno si riuniscono in una cena e Pietro racconta cosa sia la teoria delle otto montagne. Una sorta di mappa intorno al mondo che trova il suo centro in quei monti della Val d’Aosta e nell’amico del cuore Bruno.
Angosciato da difficoltà economiche crescenti e da un rapporto che non è più quello di prima, Bruno rifiuta l’aiuto di Pietro. La sua attività casearia fallisce, Lara lo abbandona, portando con sé la figlia. Bruno resta allora da solo nella baita, dopo aver ottenuto il permesso di Pietro e dopo aver chiesto all’amico, tornato in Nepal di raggiungerlo. La visione che Pietro si trova davanti è angosciante. Bruno è ormai un eremita completamente distaccato dalla realtà.
Separarsi per sempre
Neanche la neve che blocca la baita lo spinge a salvarsi. Discute con Pietro che non riesce a farlo rinsavire. Bruno è ormai tutt’uno con quei luoghi, con quelle montagne che non gli hanno mai fatto male. Durante una nevicata abbondante le squadre di soccorso provano a mettersi sulle tracce di Bruno, il cui corpo però non si trova. Pietro e Lara devono far fronte all’assenza di Bruno e separarsi da quella presenza enigmatica. Tempo dopo, un gruppo di corvi si nutre beccando qualcosa sulla neve. Pur non venendo mai detto esplicitamente, il riferimento è alla sepoltura celeste.
Un rituale funerario nepalese in cui il corpo del defunto viene usato per cibare gli avvoltoi, animali sacri che vengono equiparati agli angeli. Come a dire che la morte sia un passaggio da celebrare in mezzo alla natura. E senza dolore. Pietro, ormai sereno, spiega che non si può tornare alla montagna che è al centro di tutte le altre. Così come non si può tornare all’inizio della propria storia. Si può solo vagare per le otto montagne. Portando nel cuore l’amico che si è perduto sulla più alta di esse.