Il 25 dicembre 2012 debuttava nelle sale cinematografiche statunitensi l’ambizioso musical Les Misèrables, diretto dal regista britannico Tom Hooper ed ispirato all’omonimo spettacolo teatrale che nel 1985 ha conquistato prima il West End londinese e poi i palcoscenici di Broadway. Il capolavoro musicale di Claude-Michel Schoenberg, Alain Boublil e Herbert Kretzmer è a sua volta tratto (quasi fedelmente) dal capolavoro immortale delle letteratura francese pubblicato da Victor Hugo nel XIX secolo.
Un’eredità ingombrante quella del film diretto dal regista premio Oscar per Il discorso del Re, ma che dieci anni fa ha saputo restituire al pubblico cinematografico globale tutta l’emozione e i grandi temi affrontati prima dal letterato francese, poi dalle straordinarie note musicali che hanno reso Les Misèrables nei decenni passati tra i musical teatrali più complessi ed ambiziosi di sempre. L’adattamento per il grande schermo affidato a William Nicholson è stata inoltre l’occasione perfetta per confezionare un lungomeraggio unico nel suo genere sin dalla sua realizzazione, vincendo una scommessa che ancora oggi lo rende un capolavoro, passateci il termine, quasi “neorealista”.
Le sentite le persone che cantano?
Tutto inizia in realtà nel 1980, quando Claude-Michel Schoenberg, Alain Boublil e Jean-Marc Natel debuttano sui palcoscenici dei migliori teatri di Parigi con Les Misèrables, spettacolo musicale in lingua francese che adatta il capolavoro di Victor Hugo del 1862 ricevendo il plauso internazionale. Un successo strepitoso ed inaspettato che cinque anni dopo, grazie all’adattamento dei testi delle canzoni dal francese all’inglese di Herbert Kretzmer, diventa un trionfo senza precedenti nel West End di Londra prima e a Broadway successivamente. Negli anni, Les Misèrables si trasforma in fenomeno da palcosenico globale, un musical epico che riesce a restituire i momenti più emozionanti della storia di redenzione raccontata da Hugo con scenografie, costumi e musica da antologia.
Un successo teatrale che aspettava un adattamento cinematografico degno nelle mani del regista britannico Tom Hooper e dello sceneggiatore William Nicholson. I due prendono le redini del progetto subito dopo l’Oscar ricevuto da Hooper per Il discorso del Re e mettendo insieme un cast da capogiro per portare sul grande schermo questo racconto senza tempo: non vi bastano interpreti del calibro di Hugh Jackman, Anne Hathaway, Russell Crowe, Amanda Seyfried, Helena Bonham Carter e Sacha Baron Cohen?
Niente playback, stavolta si fa sul serio
Il film diretto da Tom Hooper è rivoluzionario e assolutamente senza precedenti per varie ragioni. Nonostante anche in passato fosse stata parzialmente utilizzata questa tecnica su un set cinematografico, Les Misèrables è il primo lungometraggio ad aver bandito nella sua interezza il playback sul set per tutti gli interpreti e ad aver registrato le loro voci “dal vivo” durante le riprese, con l’aggiunta delle basi musical e delle orchestrazioni in post-produzione. Tutti gli interpreti del film di Hooper, da Jackman alla Hathaway, hanno recitato in melodia i loro ruoli con un auricolare all’orecchio che li guidava, mentre sul set le canzoni venivano semplicemente eseguite su un pianoforte; il risultato, per ovvi motivi, è assolutamente impareggiabile.
La conseguenza di questa scelta artistica fortemente voluta dal regista ha prodotto un musical cinematografico essenzialmente differente rispetto allo show allestito per decenni sui palcoscenici del West End e di Broadway. Registrare dal vivo la voce degli attori comporta un approcio radicale nella gestione della narrazione e del taglio da dare al lungometraggio; rispetto alla pur straordinaria performance canora degli interpreti sul palcoscenico di un teatro, qui Hooper cerca dal suo cast all-star crudezza, voci graffianti, imperfette, lontane dalle intonate e gioiose melodie che hanno fatto grande il musical teatrale di Schoenberg e Boublil. Una trasposizione radicale che ricerca nei suoi tragici personaggi il naturalismo perfetto, quasi a voler eguagliare la carica emotiva e le implicazioni storico-sociali del romanzo di Victor Hugo che non lo show del West End.
La regia neorealista di Tom Hooper
Non è difatti un caso che abbiamo esordito con l’affermazione per la quale Les Misérables di Tom Hooper è un capolavoro del musical dai toni quasi neorealisti; ed in questo, la regia del cineasta britannico ha contribuito grandemente nel concretizzare una magia sul grande schermo sostanzialmente senza precedenti per questo decennale genere cinematografico. Asservendosi fino al parossimo di tecniche come primi e primissimi piani sui volti degli interpreti e di lunghissime riprese senza stacchi o raccordi di montaggio, Tom Hooper firma un adattamento dai tratti naturalistici che enfatizza i dilemmi e gli stenti dei protagonisti del romanzo di Victor Hugo.
Lo spettatore è in questo modo letteralmente catturato dalle emozioni dei personaggi di Les Misèrables entrando così quasi in un contatto intimo con i primi, condividendo con loro ogni lacrima, ogni esitazione, ogni battito del cuore, ogni timore. Le voci dal vivo rimodulano le timbriche e le melodie delle immortali canzoni abbassandole a mo’ di sghembe cantilene recitate come monologhi o soliloqui tra sé e sé, come ideali ed intime confessioni in piano sequenza. Tutto il film è appunto costruito come rilettura neorealista di uno show teatrale che tra le sue carte migliori giocava quelle del pomposo allestimento e delle melodie struggenti ed orecchiabili; nell’adattamento curato da Hooper e Nicholson, lo struggimento dei suoi personaggi viene amplificato grazie ad un approccio che ricerca con grande senso del virtuosimo registico e dell’innovazione tecnica un’immersività emotiva nello spettatore che finisce per mettere a nudo il cuore dei protagonisti sul grande schermo e quello di chi li guarda, dall’altra parte.
Un musical cinematografico unico nel suo genere
A dieci anni esatti dal suo debutto nelle sale cinematografiche degli Stati Uniti d’America, la pellicola di Tom Hooper si attesta come straordinario ed inedito ibrido tra istanze estetiche proprie del musical in costume come l’Oliver di Carol Reed di dickensiana memoria e lo Sweeney Todd riportato in auge da Tim Burton, e approccio crudo e naturalistico fino allo sfacciato parossismo. Un’operazione cinematografica che alla sua uscita divise i fan più sfegatati del musical del West End ma che appagò i cinefili e gli spettatori della grande sala, desiderosi di assistere ad un’esperienza sul grande schermo inaspettatamente immersiva e genuinamente emozionante.
Per questo motivo il decimo anniversario dall’uscita di Les Misèrables merita ancora attenzione e una riflessione sulle ambizioni fuori scala di questa trasposizione imponente e coraggiosa, che pur di restituire al pubblico ritratti strazianti e definitivi dei personaggi creati dallo scrittore francese, si allontana dalla magia del palcoscenico a cui pur deve l’irresistibile ed intenso commento musicale, e consegna alla storia del cinema recente un musical esperienziale ed assolutamente unico nel suo genere.