Nel 2011 è iniziato un fortunato sodalizio fra l’attore irlandese Liam Neeson e il regista spagnolo Jaume Collet-Serra, a base di thriller dove il protagonista si ritrova catapultato in situazioni al di là del proprio controllo (con l’apice costituito dal primo titolo, Unknown – Senza identità, racconto spionistico che sovverte l’escamotage dell’amnesia). Una collaborazione che al momento si è interrotta nel 2018 con il quarto film, L’uomo sul treno – The Commuter, un esercizio di suspense che, con fare quasi hitchcockiano, trasforma in complotto la routine quotidiana di un pendolare. Routine quotidiana che viene stravolta fino ad arrivare alla svolta conclusiva di cui vogliamo parlare nella nostra spiegazione del finale de L’uomo sul treno – The Commuter. Ovviamente, questo articolo contiene spoiler.
Trasferta letale
La vita dell’ex-poliziotto Michael MacCauley cambia radicalmente quando, tornando a casa dopo aver perso il suo nuovo lavoro, riceve la proverbiale offerta che non può rifiutare da parte della misteriosa Joanna, che gli chiede di rintracciare una donna. Questa è Sofia, una giovane sotto protezione dopo che suo cugino, Enrique Mendez, è stato ucciso da poliziotti corrotti che hanno fatto sembrare il tutto un suicidio. Una situazione che alla fine porta a un corpo a corpo con l’ex-collega e amico fraterno Alex Murphy, che scopriamo essere quello che ha ucciso Enrique e parte di un giro di membri corrotti in seno alla NYPD. Con l’astuzia, Michael riesce a neutralizzarlo e salvare gli alti passeggeri che erano divenuti ostaggi, e dopo aver affidato Sofia agli agenti federali viene riammesso all’interno della polizia, che stava già indagano sulle malefatte di Murphy. Qualche tempo dopo, mentre Joanna sta tornando a casa da Chicago, Michael – che aveva conservato i dati incriminanti fornitigli da Sofia – la rintraccia e si prepara ad arrestarla.
Il treno dell’imbroglio
Al netto dell’eccessiva somiglianza con Non-Stop, il secondo thriller di Collet-Serra con protagonista Neeson (con un aereo al posto del treno), L’uomo sul treno – The Commuter è interessante per il contesto in cui è stato realizzato. Da qualche anno, infatti, si parla del problema della cosiddetta copaganda, vale a dire l’immagine eccessivamente pulita delle forze dell’ordine nella stragrande maggioranza di film e serie a tema poliziesco, con la corruzione e altri comportamenti scorretti generalmente trattati come elementi minoritari ai quali il sistema in generale si oppone fermamente (tra le altre cose, è uno dei motivi per cui la serie comica Brooklyn Nine-Nine ha chiuso i battenti con l’ottava stagione, girata dopo l’uccisione di George Floyd, argomento parzialmente trattato negli episodi conclusivi).
In tal senso, con Neeson sempre posizionato come l’outsider – forse addirittura allontanato proprio perché non accettava mazzette e simili – che entra in conflitto con una burocrazia ormai quasi irrimediabilmente tossica, la vicenda di Michael MacCauley dà un sapore intrigante al classico espediente hitchcockiano dell’individuo trascinato in qualcosa di molto più grande, con le autorità benevole dei decenni passati sostituite da istituzioni il cui putridume è allo stadio terminale. Il che, paradossalmente, rende queste storie molto più plausibili di quanto uno potrebbe pensare imbattendosi nella sinossi.