Il film: Magic Mike – The Last Dance, 2023. Regia: Steven Soderbergh. Cast: Channing Tatum, Salma Hayek Pinault, Gavin Spokes, Caitlin Gerard, Christopher Bencomo. Genere: Drammatico, Musicale. Durata: 112 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema, in anteprima stampa.
Trama: Dopo una lunga pausa, e in seguito a un affare fallito che lo ha lasciato al verde costringendolo a lavorare come barman a Miami, per Mike Lane è giunto il momento di tornare a spogliarsi sul palco. Con la speranza di coreografare e a esibirsi in quello che considera l’ultimo show della sua carriera, Mike si fa adescare da una donna facoltosa e altolocata e la segue a Londra accettando un’offerta che non può permettersi di rifiutare.
Dieci anni esatti dall’uscita nelle sale del primo capitolo diretto da Steven Soderbergh, arriva nei cinema italiani con Warner Bros. Magic Mike – The Last Dance, capitolo probabilmente conclusivo della parabola del Mike Lane interpretato ancora una volta da Channing Tatum. Messi al chiodo i panni provocanti di spogliarellista dopo il secondo, e poco fortunato, capitolo del 2015 diretto da Gregory Jacobs (qui in veste di produttore), il nostro molleggiato protagonista si esibisce per un’ultimo, nostalgico spettacolo in un film improbabile, imperfetto ma tuttavia affascinante.
Nella nostra recensione di Magic Mike – The Last Dance ci soffermeremo proprio sulle intenzioni di Steven Soderbergh dietro la macchina da presa, qui alle prese con un terzo episodio che gioca (così come molti dei suoi film precedenti) con i toni e con i linguaggi propri a differenti generi cinematografici. Il risultato, è un melting pot a tratti confusionario, poco ispirato ma dalle idee interessanti e generose.
La trama: provaci ancora, Mike
Dopo un affare che lo ha lasciato letteralmente prosciugato di denaro e una lunghissima pausa dalla sua ultima esibizione come spogliarellista, Mike Lane (Channing Tatum) è costretto a tirare avanti lavorando come bartender per alcuni clienti facoltosi di Miami, in Florida. L’incontro con la ricca Maxandra Mendoza (Salma Hayek) sarà non soltanto l’inizio di un rapporto sentimentale e di fiducia che non aveva mai provato prima, ma anche l’occasione per uscire dai confini degli Usa e visitare Londra, dove Maxandra gli proporrà un impiego allettante: prendere le redini del vecchio teatro dell’ex-marito della donna, diventare regista teatrale e coreografo e “svecchiare” il pubblico includendo nella piéce teatrale numeri di spogliarellismo.
Magic Mike – The Last Dance segna il ritorno dietro la macchina da presa per Steven Soderbergh dopo aver “abbandonato” la sua saga cinematografica nel 2013 con il primo, fortunato capitolo. Prendendo il testimone della regia di Gregory Jacobs dopo Magic Mike XXL del 2015, Soderbergh mette in scena un terzo episodio (forse) conclusivo per certi versi sorprendente ed inaspettato. Anche se molto, in fase di scrittura, non torna proprio, rendendolo il meno compatto della trilogia.
Da spogliarellista a coreografo
La scrittura del film, basata su una sceneggiatura originale affidata a Reid Carolin (era già autore degli script dei primi due capitoli), ha però l’ambizione inusitata di prendere il personaggio di Mike Lane e di tramutarlo in “altro” rispetto alle aspettative che il pubblico più affezionato alla serie e alla prestanza fisica di Channing Tatum potevano pretendere. A partire dal setting, Magic Mike – The Last Dance ribalta le sicurezze della audience target della saga creata da Soderbergh spostando le relazioni dei suoi personaggi fittizi dall’assolata Florida all’austera Londra del West End di matrice teatrale.
Un’inversione inedita che Steven Soderbergh mette in atto per porre l’attenzione sull’evoluzione del protagonista titolare. Se il precedente capitolo di Gregory Jacobs poteva essere comodamente assimilato ad un lungometraggio di rise and fall per Mike Lane, The Last Dance ne raccoglie i cocci e il fallimento per confezionare un nostalgico, ultimo spettacolo prima che l’affascinante personaggio interpretato da Channing Tatum esca di scena ed abbandoni le luci dei riflettori. Questa volta, forse, una volta per tutte.
Lo spogliarellismo come arte senza confini
Nonostante le buone intenzioni e l’idea anche buona sulla carta di cambiare completamente il punto di vista del racconto e parte dei personaggi, Magic Mike – The Last Dance è ammorbato da una scrittura che non rende giustizia ai pure interessanti e variopinti comprimari che accompagnano Channing Tatum nell’ultimo atto del viaggio cinematografico del suo “magico” Mike; su tutti, una vulcanica Salma Hayek nei panni della facoltosa Maxandra Mendoza, vera e propria co-protagonista femminile che non soltanto riesce a tenere testa (ed attenzione del pubblico) grazie alla sua presenza scenica, ma che dona al film di Steven Soderbergh anche il suo significato più intimo e genuino.
Perché nonostante uno script svogliato e a tratti assolutamente improbabile, il film in uscita giovedì 9 febbraio tenta una strada differente rispetto a quella intrapresa nei due capitoli degli anni precedenti; mescolando la grande tradizione del teatro inglese con le lisergiche e sensuali coreografie dell’ensemble di spogliarellisti ingaggiato da Mike e Maxandra, il regista Usa eleva la professione che aveva reso celebre il protagonista titolare ad arte totale e senza confini, sdoganando per sempre lo spogliarellismo come spettacolo basso a discapito di una visione non più classista, bensì senza confini.
Channing Tatum come Bob Fosse?
Proprio accostando spogliarellismo, coreografie da cardiopalma ed eccitazione sensuale alla magia démodé del palcoscenico teatrale, Soderbergh imprime nell’ultimo ballo del Mike Lane di Channing Tatum un’aura simpaticamente accostabile a quella di Bob Fosse. Maestro assoluto della coreografia teatrale e poi regista cinematografico di capolavori come Cabaret e All That Jazz, sembra ritornare in vita nei panni del rinnovato Mike, qui alle prese con un percorso di rinascita personale e professionale come inedito regista teatrale d’avanguardia.
Un accostamento azzardato quello che mette in scena Steven Soderbergh, ciliegina sulla torta di un sequel che rispetto ai due che lo hanno preceduto perde di forza narrativa, qualità di scrittura e scavo psicologico ma che restituisce in maniera ancora una volta discutibile tutta la verve di grande sperimentatore cinematografico del regista, mai ritroso di fronte alle sfide del formato, del linguaggio e del tono da dare alla sua prossima creatura di celluloide.
La recensione in breve
Il terzo capitolo della serie con Channing Tatum torna nelle mani di Steven Soderbergh e sembra chiudere un percorso, quello del suo protagonista, nella maniera più inaspettata possibile. Nonostante una scrittura ai limiti dell'improbabile, Magic Mike - The Last Dance fornisce alcune riflessioni interessanti sull'importanza della danza e sulla gerarchia delle arti al giorno d'oggi.
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