Ci sono mostri che non dormono mai e spettri che continuano a infestare il cinema anche a distanza di decenni dalla loro prima comparsa sul grande schermo. Fra questi possono essere annoverati non soltanto le creature magiche e gli esseri sovrannaturali che popolano il gotico dall’alba dei tempi, ma anche i loro eredi umani e maledetti, non sempre riconosciuti come tali. Fra questi dissennati protagonisti maschili spicca il nome di Michael Myers, inaffondabile boogeyman di Laurie Strode e di tutta Haddonfield, personale e collettivo, nella saga di Halloween.
Halloween: uno slasher innovativo
La novità assoluta rappresentata dallo slasher horror al suo arrivo rimane, ancora oggi, impareggiata nel genere. Diffusissimo attraverso canali non mainstream e percorsi sotterranei (i cinema grindhouse, ad esempio) rispetto alla distribuzione tradizionale, lo slasher costituiva un horror non mediato rispetto alle opere di matrice fantastica in cui i personaggi umani erano inquadrati nel duello con la propria controparte mostruosa e aliena, in senso letterale (Dr. Jekyll e Mr. Hyde) e in senso lato (Dracula, Frankenstein e ogni invasione extraterrestre). Non mediato perché nello slasher horror a fronteggiarsi sono esseri umani e altri esseri umani, di sesso opposto: maschi contro femmine, dunque, in un mondo spesso iperrealistico in cui è assente la trasformazione bestiale. Più di ogni altra declinazione dell’horror, inoltre, lo slasher ci restituisce la prospettiva femminile dell’unico personaggio che avrà le carte in regola per sopravvivere al massacro ordito dal killer: la final girl.
Quella di Halloween, Laurie Strode, è forse l’unica ad aver attraversato l’intera saga passando per quasi tutti i capitoli che si sono succeduti dal 1978 a oggi, con Halloween Ends a chiudere il discorso, per il momento. John Carpenter le aveva pensate tutte per permettere al suo primo Halloween di aggirare il visto di una censura estremamente penalizzante per un film horror indipendente. Ed ecco che in Halloween c’è violenza ma non c’è (quasi) sangue. Più di tutto, però, c’è la paura: ma cosa permette a Michael Myers di incutere oggi lo stesso timore di cui era foriero più di quarant’anni fa?
Michael Myers: caratteristiche di un villain
Il più popolare epigono di Michael Myers, il Jason Voorhees di Venerdì 13, fornisce una parziale risposta alla domanda: la maschera e l’arma (l’icona, in sintesi) non sono fattori sufficienti per replicare l’operazione del caposcuola con altrettanto vigore. L’ormai leggendario POV che apre il film di Carpenter consegna allo spettatore il punto di vista di Michael Myers che compie il suo primo assassinio: alcuni indizi suggeriscono che i due adolescenti osservati stanno per consumare un rapporto sessuale (la luce della stanza superiore che si spegne) e che questo è direttamente collegato alle ansie di Michael, che sale le scale impugnando un coltellaccio da cucina e uccide brutalmente sua sorella in quello che è l’omicidio più cruento del film.
Ogni influenza possibile dal giallo all’italiana – ben noto al giovane Carpenter – può essere rivisto e rivissuto qui, a partire dal movente sessuale dell’assassino. Il personaggio di Carpenter e Hill sembra accogliere in sé tutte le caratteristiche preminenti delle sagome nere che hanno tallonato giovani ragazze e ragazzi presi da istinti carnali, sulla scia del villain protoslasher Norman Bates. Al termine del POV Carpenter mostra il bambino che si cela dietro la maschera, introducendo una scomoda questione riguardo la precocità sessuale e, insieme, il potenziale per l’incestuosità del killer. In effetti, una volta risorto – in fuga – dall’esperienza dell’istituto psichiatrico in cui era stato rinchiuso, Myers replica quell’omicidio molteplici volte, in una correlazione sempre suggerita fra sesso e violenza.
Furia psicosessuale o Male incarnato?
I problemi con la definizione di Michael Myers come killer psicosessuale (come quelli ampiamente descritti da Carol J. Clover nei suoi studi seminali sullo slasher) sorgono in diverse occasioni. Innanzitutto ogni volta che lo psichiatra che si occupa di lui, dr. Loomis, si arrende all’inesplicabilità di questo individuo e lo ribattezza “Male incarnato”, o con il pronome inglese “it”. Esistono anche numerosi momenti che se non sono frutto di scrittura maldestra sono necessariamente conferme volontarie della natura maligna di Myers, come quello in cui Myers dimostra di saper guidare nonostante l’esilio che in giovane età non gli avrebbe permesso di apprendere quest’abilità.
Per non contare le generose esibizioni della forza sovrumana che gli permettono di sollevare le sue vittime con una sola mano, oppure di sopravvivere illeso ad attacchi multipli e ben centrati (come quello in chiusura del film del ’78), consentendogli i suoi famosi eterni ritorni.
Un killer fra umano e sovrannaturale
Tutte queste idee, insieme alle sue costanti manifestazioni seguite da un’improvvisa dissoluzione nel nulla, sono suggestioni provenienti da un immaginario cinematografico che non confluisce nello slasher horror e che, anzi, continua a sopravvivere nelle decadi in altre forme, ossia il sovrannaturale. Myers possiede atteggiamenti che attingono da più fonti e segue iter non sempre coerenti con l’interpretazione del classico omicida sessualmente disturbato. In “The Shape” convergono, in pratica, due spiriti ben distinti e co-dipendenti; uno umanamente deviato ma psicologicamente frazionabile e uno del tutto irrazionale e ultraterreno. Uno l’incarnazione, di inequivocabile sesso maschile, della violenza che agisce in nome delle sovrastrutture ideologiche, padre e fratello sanguinario che punisce il corpo trasgressivo della donna; l’altro l’ombra preterumana personale e collettiva, lo spettro nero che aspettiamo ma temiamo di trovare sotto il letto o dentro l’armadio, nella nostra stanza o nel giardino, di notte o in pieno giorno.
E forse è proprio questa duplicità inestricabile, questa doppia anima continuamente alimentata, a cristallizzare l’enigma di Michael Myers film dopo film – a prescindere dall’effettiva buona riuscita di questi – e a farne il villain più carismatico e insieme più temibile della tradizione slasher.