Le pagine della Storia, della cultura e dell’arte sono piene di personaggi dotati di grande personalità capaci di segnare in modo netto e spesso indelebile il loro tempo. Al di là di quanto riportato dalle cronache, però, da quante sfaccettature era caratterizzata la loro natura e quali dubbi o pensieri hanno attraversato le loro menti nel momento di agire? A queste domande e, probabilmente, molte altre, il cinema prova a dare una risposta grazie a quelli che vengono definiti film biografici.
Perché oltre alla ricostruzione cronologica di fatti e accadimenti, questo genere trova una ragion d’essere quando, accanto al personaggio, ci si preoccupa di lasciare spazio anche al lato umano spesso ignorato dalle cronache. Solo in questo modo, infatti, il racconto non rischia mai di diventare didascalico ma si anima di una vitalità concreta che nulla ha a che fare con la didattica o la semplice compilazione di eventi. Stabilito tutto questo, dunque, andiamo a vedere più nel dettaglio quali sono i migliori film biografici da vedere assolutamente.
1. Jackie (2016)
Quando Pablo Larrain ha presentato il suo Jackie alla settantatreesima edizione del Festival del Cinema di Venezia, è stato subito un colpo al cuore. Il suo racconto, infatti, pur inserendosi nella scia dei film biografici, riesce ad andare oltre la mera ricostruzione di un dato momento storico, lasciando spazio al personaggio che si offre allo sguardo degli spettatori in tutte le sue fragilità. Senza essere tratti in inganno dal titolo, infatti, la volontà del regista non è certo quella di offrire una ricostruzione minuziosa dell’esistenza di Jacqueline Kennedy quanto, piuttosto, di osservarla e scoprire i suoi più intimi tentennamenti di fronte a un evento drammatico e inaspettato.
Tutto inizia, infatti, con la ben nota uccisione del Presidente Kennedy durante la sua visita a Dallas il 22 novembre 1963. Quel giorno la first lady è seduta accanto a lui sulla Cadillac scoperta, rischiando in prima persona la vita. Al di là dell’evento storico, però, la macchina da presa non lascia mai il volto di Natalie Portman che mostra, senza nessuna ostentazione, tutto lo sconcerto e il muto dolore di una giovane donna privata delle sue sicurezze e messa di fronte a un futuro che non si aspettava di dover costruire. In questo senso, dunque, Jackie è un film biografico atipico che, andando oltre il personaggio pubblico, cerca di spogliare l’icona della sua perfezione per consegnare semplicemente l’immagine di una donna.
2. Milk (2008)
Gus Van Sant e Sean Penn hanno portato sul grande schermo l’eccezionale vicenda umana e politica di Harvey Milk. Tutto inizia nel 1970 a New York. Arrivato ai quarant’anni e con un noioso lavoro di assicuratore alle spalle, Milk decide di trasferirsi a San Francisco con il compagno Scott Smith. Insieme aprono un negozio di fotografia proprio nel cuore di Castro, il quartiere diventato punto di riferimento per la comunità gay. Qui Harvey inizia a farsi portavoce di battaglie importanti per l’uguaglianza sociale degli omosessuali. Un fervore che gli vale il titolo affettuoso di Sindaco di Castro Street e il supporto di una grande parte della cittadinanza di San Francisco. Ovviamente la più aperta ed evoluta culturalmente.
Questo sostegno lo spinge a impegnarsi veramente in politica, diventando consigliere comunale dopo aver concorso tre volte senza alcun successo. Il mondo della politica, però, è insidioso e le differenze di vedute portano il conservatore Dan White a uccidere sia il Sindaco Moscone sia lo stesso Milk. È il 27 novembre 1978 quando per molte persone sembra sfumare del tutto il sogno di un paese realmente democratico, capace di non giudicare gli uomini per il colore della pelle o per il loro orientamento sessuale. Distribuito nel 2008 proprio nel giorno dell’anniversario dell’assassinio, il film ottiene un grande apprezzamento dalla critica oltre a due premi Oscar: miglior attore protagonista a Sean Penne e miglior sceneggiatura originale a Dustin Lance Black.
3. Steve Jobs (2015)
Il successo raggiunto da Steve Jobs si deve principalmente a due decisioni discutibili: lasciare il college dopo solo sei mesi e iscriversi a un corso di calligrafia. Qui, infatti, il futuro fondatore di Apple, ha imparato la morfologia e l’utilizzo degli spazi Serif e Sans Serif, oltre alle differenze tra le combinazioni di lettere. Tutti elementi che, dopo dieci anni, avrebbe applicato nella progettazione del primo computer Macintosh. Insomma, la sua sembra essere una grande favola, una sorta di sogno americano in cui l’audacia ha premiato chi ha tentato.
E in parte è stato veramente così, anche se non del tutto. A mostrare l’altra faccia della medaglia dell’uomo che ha rivoluzionato il mondo dell’informatica, è il film biografico diretto da Danny Boyle e interpretato da Michael Fassbender. Base di questa trasposizione cinematografica, poi, è la biografia autorizzata Steve Jobs scritta da Walter Isaacson e pubblicata nel 2011.
Il film divide l’azione in tre diversi momenti temporali tra il 1984, il 1988 e il 1998. Tre occasioni in cui il personaggio di Jobs viene descritto sia da un punto di vista professionale che umano. Due campi in cui, a essere onesti, non sempre riesce a brillare. Nel primo caso, infatti, per inseguire il successo a tutti i costi non tentenna a umiliare o ignorare chi l’ha sostenuto nell’ascesa abbracciando il suo stesso sogno. Per quanto riguarda il privato, poi, nega fermamente la paternità di una figlia che sa perfettamente essere sua. Una personalità complessa, dunque, che offre materiale per un film biografico che sia anche introspettivo.
4. The Wolf of Wall Street (2013)
Uno dei film più difficili e maggiormente compiuti di Martin Scorsese. Almeno parlando dei suoi lavori più recenti. Per non parlare di quel premio Oscar come miglior attore protagonista che sarebbe dovuto andare a uno strepitoso Leonardo DiCaprio. Tutto questo e molto altro è The Wolf of Wall Street, un’esperienza visiva in cui il gusto estetico di Scorsese si fonde con la sua esperienza di regista della New Hollywood per mettere in scena gli eccessi di una vita condotta al massimo. Anche troppo. Al centro della vicenda c’è il personaggio di Jordan Belfort, le cui “avventure” fiscali hanno riempito le pagine dei giornali americani.
Il film segue i suoi passi dagli inizi stentati, ma carichi di aspettative, in cui il giovane Jordan ha nutrito la sua fame di successo come broker. Un’occasione che riesce ad agguantare insieme a Donnie Azoff. I due, infatti, aprono la Stratton Oakmont, una società che, in realtà, nasconde attività poco lecite. Grazie a un certo numero di truffe, infatti, gli impiegati riescono a guadagnare molti soldi su ogni commissione.
L’incredibile carisma di Jordan, poi, fa il resto per costruire un mondo di lusso sfrenato, uso di cocaina e festini a sfondo sessuale. Uno stile di vita che lo stesso Belfort ha descritto nella sua biografia pubblicata negli Stati Uniti nel 2007. Il film ha ottenuto cinque candidature agli Oscar nelle categorie miglior regia, miglior attore protagonista, miglior film, miglior attore non protagonista, miglior sceneggiatura non originale.
5. The Post (2017)
Diretto da Steven Spielberg e interpretato da due degli attori più amati da Hollywood, Tom Hanks e Meryl Streep, questo film può essere considerato un’opera biografica dalla struttura particolare. A essere ricostruito e raccontato, infatti, non è tanto un singolo protagonista quanto un evento ben preciso entrato di diritto nella storia del giornalismo e della libertà di espressione.
Nel 1971, infatti, il New York Times e il Post ricevono da Ellsberg, un analista militare ingaggiato dalla presidenza per studiare la situazione in Vietnam, i cosiddetti Pentagon Papers. In questa documentazione l’esperto aveva messo in chiaro come la guerra, fino alla fine degli anni Sessanta, non avesse compiuto nessun passo avanti e, quindi, venisse considerata inutile e del tutto improduttiva per gli Stati Uniti d’America. Delle dichiarazioni che, sostenute da analisi ben precise, non solo stendevano un’ombra pesante sulla passata presidenza Johnson, ma non contribuivano a fortificare quella di Nixon.
I veri protagonisti di questa vicenda, però, sono Katharine Graham, divenuta proprietaria del Post dopo la morte del padre e il suicidio del marito, e il capo redattore Ben Bradlee. Entrambi, infatti, hanno il coraggio di opporsi al divieto di pubblicazione da parte del governo tanto da affrontare un procedimento di fronte alla Corte Suprema. Un confronto che, grazie al loro coraggio, cambierà decisamente i rapporti con la stampa. La sentenza finale, infatti, decreta la libertà del Post a pubblicare la documentazione visto che la stampa non è destinata a servire coloro che governano, bensì quelli che sono governati. Il film viene accolto positivamente dalla critica e ottiene due candidature agli Oscar 2018, miglior film e miglior attrice, e ben cinque ai Golden Globes.
6. Il giovane favoloso (2014)
Nell’immaginario collettivo la figura di Giacomo Leopardi è affiancata all’idea di un uomo tendenzialmente isolato e piuttosto malinconico, dedito a riflettere sulla condizione del mondo più che a vivere in prima persona il suo tempo. Una visione che, grazie al film di Mario Martone e all’interpretazione di Elio Germano, viene in qualche modo arricchita, se non proprio sovvertita. Il giovane favoloso, presentato alla 71esima edizione del Festival del Cinema di Venezia, cerca non solo la ricostruzione storica degli eventi che hanno caratterizzato la breve vita del poeta ma, al tempo stesso, di riempire i vuoti emotivi lasciati dalla narrazione letteraria.
In questo modo il film offre una visione tridimensionale dell’uomo e un’interpretazione incredibile a Elio Germano che ottiene il Premio Pasinetti a Venezia e il David di Donatello come miglior protagonista. Nonostante tanti apprezzamenti, però, Il giovane favoloso ha anche scatenato le critiche dello storico Ernesto Galli della Loggi, che definisce il film una ricostruzione falsa e romanzata. Appunti cui Martone ha risposto punto su punto per difendere il suo film.
7. Selma – La strada per la libertà (2014)
Diretto da Ava DuVernay, anche questo film ricostruisce un fatto storico per l’evoluzione politica e sociale degli Stati Uniti. Si tratta, ovviamente, della storica marcia che, partendo da Selma, ha rappresentato uno dei gesti più importanti per la lotta dei diritti civili. In modo particolare si fa riferimento al diritto al voto per gli afroamericani che, nel 1964, ancora non era garantito in molti stati del sud. In quell’anno, dunque, Martin Luther King ottiene il Nobel per la pace ma molte persone di colore sono ancora sottoposte a segregazione e minacce fisiche nel caso in cui vogliano esprimere il diritto di partecipare alla vita pubblica e politica del proprio Paese. Quando le violenze raggiungono l’apice in Alabama con la morte del giovane Jimmie Lee Jackson, ucciso a sangue freddo da un poliziotto, Martin Luther King decide di organizzare una marcia pacifica, partendo proprio da Selma.
Un’occasione in cui la polizia si avventa ancora una volta su una folla inerme con una violenza inaudita. Questa volta, però, tutto viene mostrato in diretta, scatenando l’indignazione del paese. Non è un caso, infatti, che nella seconda marcia si uniscano anche dei bianchi. Un gesto che mette immediatamente in allerta la Presidenza. Lungi dal voler essere ricordato dalla Storia come un Presidente razzista, Johnson accetta le richieste di King e consegna agli afroamericani il diritto al voto senza alcun limite. Interpretato da David Oyelowo, che veste i panni di Martin Luther King, da Thomas Geoffrey Wilkinson e Tim Roth, il film ha ottenuto l’Oscar per la miglior canzone originale e tre nomination ai Golden Globes come miglior film drammatico, miglior regia e miglior attore drammatico.
8. The Social Network (2010)
Quando venne presentato nel 2010 durante la Festa del Cinema di Roma The Social Network scatenò un interesse incredibile. E questo non solo per la regia di David Fincher e la sceneggiatura di Aaron Sorkin. A fare notizia, infatti, era proprio la ricostruzione di una vicenda personale che aveva portato a uno dei fenomeni di massa più rivoluzionari degli ultimi anni. Il riferimento, ovviamente, è a Facebook e alla figura discutibile di Mark Zuckerberg. Oggi tutto questo clamore può apparire quasi desueto ma in quegli anni il social network creato da uno sconosciuto ragazzo americano aveva conquistato il mondo, dando l’illusione di aver trovato un nuovo modo per comunicare e rimanere in contatto.
Tutto ha inizio nei primi anni del 2000 quando Mark è un semplice studente di Harvard dalla personalità introversa e dal chiaro talento informatico. Dopo essere stato lasciato dalla sua ragazza, in una sola notte crea e mette in rete FaceMash, un canale dove vengono confrontate tutte le studentesse del collage per la loro bellezza. Grazie a questa bravata informatica, che riscuote grande successo tra i ragazzi, viene notato da tre studenti più grandi alla ricerca di un programmatore talentuoso per dar vita a HarvardConnection, una piattaforma dove mettere in contatto chiunque studi nel college. Un’idea che spinge Zuckerberg a mettersi in proprio progettando e lanciando il social che il mondo conosce come Facebook.
9. The Imitation Game (2014)
È possibile unire eventi di rilevanza storica con un percorso personale fortemente umano? La risposta è ovviamente positiva e trova nel film diretto da Morten Tyldum un esempio ben riuscito. Sarà per l’interpretazione di Benedict Cumberbatch in grado di cogliere le varie sfaccettature di un’epoca e di un personaggio particolare, ma The Imitation Game è, senza ombra di dubbio, uno dei film biografici meglio riusciti anche dal punto di vista emotivo. Tratto da Alan Turing. Una biografia, scritta da Andrew Hodges e pubblicata nel 1983, il film si concentra proprio sull’emblematica figura di Turing che, durante la Seconda Guerra Mondiale, riesce a scoprire una formula per decrittare i messaggi segreti dei nazisti. Questo vuol dire entrare a far parte di un’operazione ad alto livello di segretezza che, a un certo punto, dirigerà.
Nonostante abbia messo il suo talento di matematico al servizio del Paese in un momento di grave crisi mondiale, l’uomo non riceverà un trattamento adeguato e rispettoso. Dopo diversi anni dal termine del conflitto mondiale e dalla missione Enigma, le autorità britanniche iniziano a indagare sulle attività private di Turing e sulla sua presunta omosessualità. Una volta scoperto, viene messo di fronte a una scelta impossibile: essere incarcerato oppure sottoporsi a quella che veniva definita come castrazione chimica. Una condizione che, il 7 giugno 1954, porterà Turing al suicidio. Il film, e ancor prima la biografia, hanno avuto il merito di far conoscere questo personaggio, offrendogli quella gratitudine di cui il suo Paese non fu capace. È ormai appurato, infatti, che se non avesse ideato il suo codice, la guerra sarebbe durata due anni di più e avrebbe avuto un risultato realmente incerto.
10. Judy (2019)
Judy Garland è stata un talento artistico unico nel suo genere. Attrice, cantante e ballerina. Non c’era assolutamente nulla che non riuscisse a fare su un palcoscenico o sul set di un film. Il suo binomio artistico e personale con Vincente Minnelli, poi, fece sognare molti, regalando alcune commedie musicali come Incontriamoci a Saint Louise e diventando la madre di quella che sarebbe diventata Liza Minnelli. Non tutto ciò che luccica è oro, però. La vita privata della Garland, infatti, è stata disseminata dall’uso di anfetamina, alcol e da una perenne malinconia nata dalla consapevolezza di non aver mai vissuto una vita reale. Una sensazione che si avverte chiaramente nel film Judy, diretto da Rupert Goold e interpretato da Renée Zellweger. Un ruolo che le è valso un premio Oscar come miglior attrice e un’interpretazione struggente di una donna sul viale del tramonto.
Il film, infatti, pur arricchendosi di alcuni falshback che riconducono agli anni degli esordi e al grande successo de Il mago di Oz, si concentra sul presente di un’artista arrivata ai quarant’anni con troppi tranquillanti assunti, un numero importante di matrimoni e divorzi che definiscono un fallimento personale evidente. Il suo successo si è offuscato ed anche dal punto di vista finanziario il patrimonio è stato dilapidato.
Così, per garantire una vita più stabile ai suoi due figli più piccoli, decide di accettare un’offerta a Londra, dove la sua stella brilla ancora luminosa. Il luogo è il club Talk of the Town, dove Judy inizia a esibirsi con successo, nonostante continuino a presentarsi i fantasmi di una personalità fragile e insicura. Due aspetti che, insieme agli ultimi eventi deludenti della sua vita sentimentale, la portano ancora a far uso di anfetamine e alcol perdendo l’ingaggio. Così, dopo un’ultima struggente interpretazione di Over the Rainbow, la Garland scompare dalle scene, morendo sei mesi dopo a soli 47 anni.
11. Truman Capote – A sangue freddo (2005)
Chi ha paura di Truman Capote? Parafrasando il titolo dell’opera teatrale di Edward Albee, possiamo dire che ad aver timore di questo particolare personaggio sono stati sicuramente in molti, sia nell’ambito del cinema sia in quello della cultura in generale. I motivi alla base di questo sentimento sono piuttosto evidenti in Truman Capote – A sangue freddo, film biografico diretto da Bennett Miller e interpretato da Philip Seymour Hoffman. La vicenda, in particolare, si concentra sugli anni in cui lo scrittore e sceneggiatore si dedica alla stesura del romanzo – documento A sangue freddo.
Per realizzare questa impresa lunga sei anni, Capote si confronta con una buona dose di cinismo e freddezza con l’assassinio di un’intera famiglia. I due colpevoli sono immediatamente catturati e lo scrittore riesce a venire in contatto con uno di loro. Si tratta di Perry Smith, ossessionato dalla cultura e, al tempo stesso, spietato nelle sue reazioni. In modo incredibile Truman Capote riesce ad aprire una breccia di fiducia in lui facendosi raccontare la verità alla base dei fatti successi in Kansas. Il romanzo regala allo scrittore una forte credibilità nel mondo della letteratura e un premio Oscar come miglior protagonista a Hoffman.
12. Il discorso del re (2010)
Quattro premi Oscar, tra cui miglior film, regia e interpretazione maschile, un Golden Globes per Colin Firth e ben sette BAFTA. Questo è il bottino che Il discorso del re di Tom Hooper riesce a guadagnare durante la stagione cinematografica 2010. Il suo è un film dalla struttura molto classica ma che, puntando tutto sulla caratterizzazione dei personaggi, riesce ad attirare l’attenzione del pubblico e della critica con un racconto inaspettatamente umano. Al centro della narrazione c’è il principe Albert, Duca di York. Si tratta di quell’uomo timido, schivo e balbuziente che avrebbe fatto di tutto pur di evitare gli impegni imposti dalla Corona inglese. Nonostante questo, però, la Storia aveva in serbo per lui un destino ben diverso. Dopo l’abdicazione del fratello per amore dell’americana Wallis Simpson, sale al trono con il nome di Giorgio VI.
Questi sono gli sviluppi noti a tutti, ma il film va a indagare su di una pagina privata, sicuramente poco conosciuta prima che David Seidler scrivesse la sua sceneggiatura. Al centro di tutto c’è il rapporto professionale, trasformatosi poi in amicizia, tra il futuro re e il logopedista Lionel Logue. Di origine australiana e dotato di un eloquio eccellente, presto si guadagna la fiducia della Duchessa e del Duca di York.
Nonostante Logue sia in realtà un attore in serie difficoltà economiche e con una famiglia da mantenere, i due stringono un’amicizia onesta, basata soprattutto sui modi privi si sussiego del primo e sulla sua capacità di individuare le ragioni emotive del problema. Un rapporto, dunque, destinato a durare nel tempo e a forgiare i discorsi più importanti pronunciati dal sovrano. A dettare il ritmo di questo confronto soprattutto umano sono Colin Firth e Geoffrey Rush. Mentre Helena Bonham Carter veste i panni di quella che sarà ricordata come la Regina madre.
13. Aviator (2004)
Cosa ci fanno Michael Mann, Martin Scorsese e Leonardo DiCaprio insieme? Ovviamente realizzano uno dei biopic più estetici che siano mai stati portati sullo schermo. Il primo ha il ruolo di produttore, il secondo quello di regista e il terzo, ovviamente, quello d’attore. Un trio, insomma che, già da solo, garantisce al film un sicuro successo. E, in effetti, Aviator è candidato a ben undici premi, riuscendo ad aggiudicarsene cinque, soprattutto tra le specialità tecniche. Tra tutte le nomination, la più attesa, però, era quella per DiCaprio come miglior attore che, però, per agguantare la statuetta dovrà aspettare ancora qualche anno.
Protagonista assoluto di questo film, comunque, è il personaggio di Howard Robard Hughes, un uomo tanto eclettico e originale quanto ricco. Grazie alle sue finanze, infatti, è riuscito a diventare imprenditore, regista, aviatore e produttore cinematografico. Il suo primo film come regista è Gli angeli dell’inferno, mentre sulle pagine della cronaca cinematografica è noto soprattutto per la sua tormentata storia d’amore con la volitiva Katharine Hepburn.
La sua passione più grande, comunque, rimane l’aviazione tanto da acquistare le quote di maggioranza della compagnia Transcontinental, che diventerà la TWA. Insomma il personaggio ideale per un film biografico che, nei suoi disturbi ossessivi distruttivi, dimostra un’umanità oltre la superficie patinata. Tra gli altri interpreti ci sono Cate Blanchett, Gwen Stefani, Kate Beckinsale e Alec Baldwin.
14. Elvis (2022)
Buz Luhrmann è senza dubbio uno dei registi più musicali che, senza cadere nella struttura classica del muscial, è riuscito a scrivere le sue storie seguendo una personale partitura contaminando generi e creando delle mushup diventati ormai storia per il cinema. Non stupisce, dunque, che abbia sentito l’esigenza di confrontarsi con uno dei personaggi più iconici del panorama musicale americano. Elvis, però, si presenta come un film biografico dall’anima classica, se volgiamo dove vengono ricostruite le fasi salienti della costruzione del mito.
Dai primi passi a Memphis con il disco That’s All Right, Mama, toccando corde personali che riguardano il rapporto con il manager Tom Parker, si ricostruiscono gli anni dell’ascesa e della fama mondiale. Dal punto di vista puramente musicale, poi, Luhrmann ha tra le mani un personaggio d’eccezione come Presley. Inevitabile, dunque, che tutto l’elemento sonoro riecheggi della sua voce e di quello stile inconfondibile che ha infuocato l’America negli anni Cinquanta. A interpretare l’indiscusso re del rock è Austin Butler che, dopo aver mosso i suoi primi passi professionali all’interno del Disney Channel, è approdato sul grande schermo in C’era una volta a Hollywood di Quentin Tarantino
15. Sully (2016)
Per gli americani che quel 15 gennaio 2009 hanno visto planare un aereo US Airways 1549 direttamente sull’Hudson senza nessuna vittima all’attivo, Sully è un vero e proprio eroe moderno. Un titolo che è stato assegnato a questo comandante anche dal resto del mondo che, guardando le immagini del veicolo adagiato sulle rive del fiume, aveva pensato a un altro attacco terroristico. In realtà si tratta di una vicenda nata dall’impatto in decollo con uno stormo di uccelli che mette in crisi l’utilizzo d’entrambi i motori. A quel punto, a dispetto dei suggerimenti dalla torre di controllo, Sully tenta l’unica soluzione possibile per cercare di portare a casa i suoi passeggeri e l’equipaggio.
L’ammaraggio sull’Hudson, dunque, è frutto di un ragionamento veloce ma molto lucido. Una decisione che si rivela vincente perché non verrà registrata alcuna vittima. E come ogni capitano che si rispetti Sully lascerà il velivolo per ultimo, solo dopo aver controllato che non ci fossero passeggeri in cabina. Un film biografico su di lui, dunque, non poteva che essere ben accolto soprattutto se alla regia c’è il tocco asciutto di Clint Eastwood e l’interpretazione è affidata a un artista di mestiere come Tom Hanks.
16. J. Edgar (2011)
Da un eroe americano a un personaggio ambiguo e fin troppo oscuro. Clint Eastwood firma anche la regia del film biografico dedicato al discusso direttore dell’FBI. Protagonista assoluto è Leonardo DiCaprio, che piega la sua immagine a quella di Hoover. L’arco narrativo parte dal 1919 e termina nel 1972, anno della sua morte. Oltre a ricostruire l’ascesa professionale di quest’uomo che, a un certo punto, era a conoscenza dei segreti di gran parte d’America, il film prova a riempire quei famosi vuoti lasciati dalla cronaca storica. In modo particolare si fa riferimento al background famigliare di quest’uomo dall’apparenza fredda e scarsamente empatica.
Chiaro, poi, è anche il riferimento alla sua omosessualità. Particolare che, nella società perbenista in cui è vissuto e in cui ha costruito la propria credibilità professionale, non poteva assolutamente essere rivelato. Da tutto questo, dunque, si ottiene una biografia effettivamente completa, dove il personaggio lascia spazio all’uomo, anche se quest’ultimo è reticente a mostrarsi. Per quanto riguarda l’accoglienza ricevuta, è stata positiva anche se non particolarmente calorosa. La maggioranza dei critici, infatti, pur apprezzando l’interpretazione di DiCaprio, ha accusato J. Edgar di una certa incoerenza. Sta di fatto che non arriva la pioggia di nomination e premi che ci si sarebbe attesa sulla carta.
17. Marie Antoinette (2006)
Come realizzare un film su Maria Antonietta senza cadere in una serie infinita d’immagini retoriche e già viste? Probabilmente Sofia Coppola si sarà posta questa domanda nel momento in cui il progetto ha iniziato a prendere forma nella sua mente. In effetti, la figura di questa discussa regina è stata più volte trattata e rappresentata. In ogni occasione, però, è stata considerata quasi un elemento di contorno, mentre maggior spazio è stato dato agli eventi inerenti la Rivoluzione. La Coppola, dunque, decide di seguire una via decisamente diversa e, come dice il titolo del suo film, Marie Antoniette, concentra la macchina da presa e il focus della narrazione proprio sulla personalità del personaggio.
Con il volto di Kirsten Dunst, dunque, definisce il ritratto di una giovane donna che, andando oltre tutte le cronache storiche, ha vissuto le difficoltà emotive di vestire un ruolo troppo grande anche per lei. Fin dalle prime immagini si comincia a vivere il suo disagio quando, spogliata di ogni elemento della vita precedente, le è chiesto di dimenticarsi di essere un’austriaca e di diventare una principessa francese.
Se si aggiunge che il palazzo è colmo di probabili avversari e non è possibile trovare alcuna consolazione in un matrimonio tra estranei, si comprende il senso di solitudine provato. Un percorso disseminato d’insidie e di errori che la Coppola, però, ricostruisce e gestisce come una sorta di opera rock dal look molto pop che deve tanto al genio tutto italiano di Maria Canonero. Non è un caso, infatti, che le viene attribuito il premio Oscar proprio per i costumi del film.
18. La teoria del tutto (2014)
Stephen Hawking è stato un’icona assoluta della seconda parte del Novecento e dei primi anni Duemila. Non è un caso, infatti, che il suo personaggio sia stato più volte citato in molti prodotti televisivi di successo come The Big Ben Theory e The Simpson. Le cronache lo ricordano come un matematico, fisico, cosmologo, astrofisico e divulgatore scientifico. Quello che gli ha fatto guadagnare i favori del cinema, però, è proprio la sua storia personale. Un percorso fatto d’intelligenza, testardaggine, vitalità nonostante tutto e tanta dedizione da parte delle persone amate. Non stupisce, dunque, che il regista James Marsh prenda in prestito la biografia Verso l’infinito, scritta dall’ex moglie Jane Wilde Hawking per realizzare un adattamento, La teoria del tutto, in cui la questione della disabilità assume un ruolo centrale.
Durante gli anni del college, infatti, a Hawking viene diagnosticata l’atrofia muscolare progressiva. Una malattia che, nel corso del tempo, lo costringe all’immobilità e a quella particolare sedia a rotelle grazie alla quale continuare a esprimersi nonostante non abbia più una voce udibile. In questo senso, dunque, possiamo dire che si tratta di un film molto personale dove il limite, però, non è mai percepito come tale, bensì come un modo per superare se stessi. A dare il volto allo scienziato questa volta è Eddy Redmayne, che ottiene l’Oscar come miglior attore protagonista. Prima di lui aveva vestito i panni di Hawking Benedict Cumberbatch nel film per la televisione Hawking.
19. Bohemian Rhapsody (2018)
Pariamo da un presupposto, Freddie Mercury è inimitabile. La sua voce inconfondibile, oltre a quella presenza scenica capace di tenere il palco come nessun altro front man prima di lui, l’hanno reso un protagonista indimenticabile della scena musicale e della cultura popolare. Per questo motivo, dunque, per Rami Malek non deve essere stato facile immergersi completamente nella sua personalità, cercando di studiare movimenti ed espressioni senza cadere in un ridicolo scimmiottare. Solamente per questo l’Oscar e il Golden Globe come miglior attore protagonista sono più che meritati.
Il film diretto da Bryan Singer, però, cerca di essere più di una semplice ricostruzione biografica. Piuttosto è il viaggio personale, spesso disseminato d’incertezze e dissestamenti, di un ragazzo dalle doti eccezionali e dotato di una libertà personale insolita. Un’anima non priva di contraddizioni ma che, pur amando molto, spesso si è trovata in totale astinenza di questo sentimento. La sua unica famiglia, oltre a quella d’origine, sono stati Brian May, Roger Taylo e John Deacon, con cui ha fondato i Queen. Un rapporto che, nonostante gli alti e bassi naturali in qualsiasi band, non si è rotto nemmeno dopo la scomparsa di Mercury avvenuta il 24 novembre 1991.
20. Amadeus (1984)
Con molta probabilità Miloš Forman firma il primo grande film biografico che ha segnato gli anni Ottanta, almeno dal punto di vista cinematografico. La sua trasposizione dell’opera teatrale di Peter Shaffer, infatti, è entrata in qualche modo nella storia del genere. Non fosse altro per la pioggia di premi che sono arrivati. Nello specifico per Amadeus ci sono stati otto Oscar, quattro Golden Globe, quattro BAFTA e tre David di Donatello. Come se non bastasse, poi, nel 1998 l’American Film Institute lo ha inserito al cinquantatreesimo posto della classifica dei miglior cento film statunitensi di tutti i tempi.
Nel 2019, invece, è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Insomma un grande successo che deve molto anche all’interpretazione di Thomas Hulce che, vestendo i panni di un geniale e incontrollabile Mozart, mette in scena un immaginario antagonismo con Antonio Salieri. E sapete a chi si è ispirato per rendere ancora più realistica la sua interpretazione del genio e sregolatezza? Niente meno che agli sbalzi d’umore di John McEnroe, conosciuto sui campi da tennis per la sua personalità esplosiva.
21. A Beautiful Mind (2001)
Prima di Hawking un altro scienziato ha guadagnato il grande schermo. Si tratta del matematico e premio Nobel John Forbes Nash. Narrato prima dall’omonima biografia Sylvia Nasar, Ron Howard decide di mettersi alla prova con questa personalità veramente incredibile. A dare il volto a quest’uomo geniale ma dalla mente attraversata da troppi fantasmi, è Russell Crowe che, dopo il Gladiatore, affronta la vita di un uomo sceso realmente nell’arena della vita.
Dopo essersi fatto notare mentre era a Princeton per le sue teorie che rendono obsolete quelle di Adam Smith, ottiene un posto di ricercatore al Wheeler Laboratory di Boston. Ma è nel pieno della guerra fredda che trova la grande occasione. A contattarlo, infatti, è il Pentagono per cui inizia a decriptare codici.
Nonostante questo, però, sono anche gli anni in cui si mostrerà, in modo sempre più evidente, la schizofrenia di tipo paranoide. Una serie di allucinazioni, infatti, lo portano a credere di essere al centro di un complotto dei Russi ai danni del governo americano. Nulla di questo, ovviamente, ha alcuna fondatezza ed è così che inizia il suo iter tra cliniche, manicomi e psicofarmaci. Un inferno dal quale sembra impossibile risalire ma che Nash, alla fine, riesce a dominare tanto da diventare insegnante ed essere onorato del più importante tra i premi nell’ambito culturale. Una storia eccezionale, dunque, che vale a A Beautiful Mind ben 4 premi Oscar, tra cui miglior film, miglior regia e miglior attrice non protagonista.