Film: Mio fratello rincorre i dinosauri. Regia: Stefano Cipani. Cast: Alessandro Gassman, Isabella Ragonese, Francesco Gheghi, Lorenzo Sisto, Arianna Becheroni, Roberto Nocchi, Rossy De Palma. Genere: Commedia/Drammatico. Durata: 98 minuti. Dove lo abbiamo visto: su Netflix.
Trama: Quella di Jack è una famiglia speciale. I suoi genitori, infatti, riescono a creare per tutti un ambiente di grande serenità dove spesso si toccano anche delle punte di sana follia. In questo ambiente intimo, che condivide con le due sorelle maggiori, un giorno entra anche una creatura misteriosa.
Si tratta di Giovanni, un fratello tutto nuovo cui fare da guida e con cui condividere avventure. Progetti che trovano conferma nella “diversità” del piccolo. Il bambino, infatti, ha una caratteristica speciale, un cromosoma in più che, agli occhi del mondo, lo definisce down ma per Jack ne fa una sorta di supereroe.
Questo, almeno, fino a quando non si scontra con la realtà dei fatti: quel fratello, tanto atteso, è fragile e potrebbe rappresentare una responsabilità importante da assumere. Così, in un continuo bilanciamento tra amore e necessità di allontanarsi da una situazione per lui troppo soffocante, Jack arriva all’adolescenza, quell’età ingrata in cui ci si vergogna di tutto.
Figurarsi di una famiglia diversa dalle altre. Ma, alla fine, dopo aver perso gran parte del suo equilibrio ed aver ferito proprio la creatura cui tiene di più, il ragazzo trova un equilibrio adulto grazie all’estemporanea vitalità priva di filtri di quel fratello speciale.
Qual è il tono giusto per comunicare dei messaggi importanti o rendere accessibili degli argomenti tanto ostici da essere trattati raramente? Per molti la scelta migliore e più appropriata potrebbe essere un linguaggio ben appurato e valutato attraverso il quale costruire un’atmosfera importante, consapevole ed incredibilmente seria.
In alcuni casi, poi, sarebbe bene inserire anche delle note di tragedia. In questo modo si consegnano delle narrazioni dalle note drammatiche che, con tutte le buone intenzioni del caso, spesso finiscono con il cedere ad una certa autocelebrazione del loro impegno.
Nonostante questa sia la strada più seguita, però, ne esiste anche un’altra che è in grado di aprire delle prospettive inaspettate. Si tratta dei toni lievi, dell’autoironia e della freschezza del linguaggio grazie ai quale costruire una narrazione empatica, realistica e spesso consolatoria. In questo ambito ogni nota tendente alla drammaticità spicciola e scontata viene accantonata, preferendo veicolare un’esperienza e un’emozione attraverso il potere di un dolce sorriso. Ed è proprio questo ciò che accade durante la visione di Mio fratello rincorre i dinosauri.
Nato dal romanzo biografico di Giacomo Mazzariol, il film mantiene tutta la freschezza delle pagine scritte riuscendo a stimolare una naturale lievità grazie alla quale tutto è normale, soprattutto avere un fratello speciale. Perché quella di Jack e di Giò è una storia comune, più di quanto si possa credere, e come tale è stata trattata dal regista Stefano Cipani che, come vedremo dalla recensione di Mio fratello rincorre i dinosauri, dimostra di avere i toni giusti per parlare di crescita, appartenenza, perdita e ritrovamenti.
La trama: storia di Jack e Giò
Per Jack la sua famiglia è fonte di gioie e dolori. Da una parte, infatti, adora far parte di quel bizzarro nucleo capitanato da due genitori che, altrettanto originalmente, non si sono dimenticati di amarsi. Oltre a questo, poi, hanno investito i propri figli di una forza vitale incredibile, facendoli sentire parte di un insieme attraverso la gestione democratica della quotidianità.
Per la famiglia Mazzariol, due sono le consuetudini cui è impossibile rinunciare: le votazioni per prendere una decisione e la “gita” al parcheggio del discount per parlare di cose importanti. Jack, però, come ogni adolescente inizia a sentirsi soffocato da tutto questo, spinto verso una realizzazione esterna di se stesso. Se a questo, poi, si somma anche la conoscenza con Arianna, una ragazza molto impegnata nel sociale di cui Jack si è invaghito al primo sguardo, si spiega molta della sua inquietudine.
Nonostante questo però, gran parte delle insofferenze del ragazzo vengono dalla sua convivenza con il fratello più piccolo Giò. Affetto dalla sindrome di Down, infatti, il bambino vive gioiosamente e senza schemi la sua vita, incentivato anche da un ambiente casalingo che lo ha sempre stimolato a trovare una sua voce. Nonostante questo, però, Jack sembra essere insofferente proprio al caos naturale e agli imprevisti portati dalla presenza del fratello.
Un fastidio che a volte si esprime in scoppi di rabbia, altre in esasperazione. Eppure, nonostante neghi la sua esistenza con gli amici, il legame tra i due è indubbio. Un’unione le cui radici sono state piantate il giorno stesso in cui i sui folli genitori, portandoli al parcheggio del discount, hanno annunciato a lui e alle sue sorelle l’arrivo di Giovanni. Certo, le cose sono andate un po’ diversamente da come erano state programmate. Ma chi può dire che non sia stato un bene?
La famiglia che aiuta a crescere
Fino ad ora è stato evidenziato come i protagonisti di questa vicenda siano essenzialmente Jack e Giò che, attraverso tutte le insidie del loro rapporto, definiscono la natura e il ritmo di questa narrazione leggera e importante al tempo stesso. Nonostante questo, però, esiste anche un terzo elemento principale che assume, in un blocco unico, il ruolo di coprotagonista. Si tratta della famiglia, di quel nucleo insolitamente positivo e vitale che circonda i due ragazzi, offrendo loro tutte le possibilità per mettersi alla prova con il mondo esterno.
Dal punto di vista narrativo non si tratta certo di una novità. Non è la prima volta, infatti, che gli sceneggiatori utilizzano gli ambienti più intimi e famigliari per lasciare evolvere ed esprimere varie tipologie di emozioni. In effetti si tratta di un terreno fertile, soprattutto allo scoppio di situazioni potenzialmente drammatiche. Ciò che sorprende in questo caso, invece, è la funzione consolatoria e incoraggiante assunta dal nucleo dei Mazzariol che, con un’evidente indifferenza nei confronti del giudizio esterno, affrontano l’imprevisto con una forza vitale irrefrenabile.
In particolare Alessandro Gassman e Isabella Ragonese offrono il ritratto di due figure genitoriali forti, salde e innovative che, attraverso la loro visione moderna della vita, lavorano per costruire un nido all’interno del quale proteggere i propri figli. Tutti, senza distinzione di cromosomi, possono usufruire del loro abbraccio colmo di calore come del loro sorriso dolce e a volte stralunato.
Un risultato che deve essere costato un dispendio di energie ai due reali protagonisti ma, nel romanzo come nel film, questo senso di pesantezza o stanchezza non passa mai. Al suo posto si è scelto di mostrare il risultato finale, quello che Davide e Katia hanno deciso di donare ai propri figli, guidandoli verso una consapevolezza del mondo e di come poterlo interpretare in modo personale.
Una regia ad altezza di bambino
Ciò che effettivamente rende questa storia reale, concreta ed emozionante, però, è il punto di osservazione utilizzato. Trattandosi di un racconto di crescita, infatti, il regista decide di posizionare la telecamera sempre ad altezza ragazzo o bambino. Questo vuol dire che, dal punto di vista strettamente narrativo, Jack e Giò sono le voci guida, i due elementi essenziali cui è affidato il canto e controcanto della loro vicenda. In questa gestione particolare, dunque, il mondo adulto appare sempre in loro relazione e, cosa ancora più importante, non assume mai un atteggiamento di superiorità.
Come accennato, poi, anche la posizione della camera rispetta questo andamento, non muovendosi mai oltre l’orizzonte del mondo dei due fratelli. Anzi, senza mai essere invadente, la regia si concentra sul volto di Francesco Gheghi che, nei panni di Jack, offre un’interpretazione credibile ed essenziale delle insofferenze che sconvolgono un ragazzo di quattordici anni.
Allo stesso modo segue ogni movimento che Lorenzo Sisto compie, dando al suo Giò una rappresentazione concreta senza caricarla di nessun tipo di enfasi. Insieme definiscono un mondo ben preciso, il loro, da cui gli altri entrano ed escono, ne fanno parte in modo naturale o si escludono. E mentre chi li circonda rimane ad osservare con rispetto ed amore, i due ragazzini costruiscono un movimento in eterna progressione all’interno del quale crescere insieme.
La recensione in breve
Il film, non discostandosi dai toni utilizzati nel romanzo omonimo, dimostra come sia possibile raccontare una vicenda di crescita e di ragazzi speciali senza cadere nei toni artefatti di una storia con tanto di morale finale. In questo modo, dunque, quella di Jack e Giò è la naturale quotidianità di un rapporto in evoluzione in cui il concetto di diversità ha un peso ma non è mai percepito come un'ostacolo.
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Voto CinemaSerieTV