Il film: Napoli Magica, del 2022 Regia: Marco D’Amore. Cast: Marco D’Amore, Lino Musella. Genere: Pseudo-documentario. Durata: 90 minuti. Dove l’abbiamo visto: In anteprima, al Torino Film Festival.
Trama: Marco D’Amore e la sua troupe iniziano a girare un documentario alla ricerca delle radici magiche e leggendarie di una delle città più antiche e straordinarie del mondo. Durante le riprese, il regista finisce però per sprofondare egli stesso in un abisso oscuro e surreale…
Dopo la ribalta nei panni di Ciro Di Marzio in Gomorra, Marco D’Amore torna su Sky nella doppia veste di regista e protagonista del documentario Napoli Magica, con l’ambizioso obiettivo di dare voce al volto più oscuro, leggendario e soprannaturale della città partenopea.
Il fascino millenario di Napoli e delle sue antiche tradizioni, dal munaciello al Conte di San Severo, e da Pulcinella alla leggenda della sirena Partenope, rappresentano un percorso incredibilmente evocativo, e offrivano una ghiotta occasione per un percorso documentaristico, o per un buon thriller all’insegna del mistero.
In apparenza, gli ingredienti ideali per un successo assicurato. Com’è andata? Scopriamolo in questa recensione di Napoli Magica.
La trama: i misteri di Napoli, dalla realtà al mito
Marco D’Amore e la sua troupe attraversano le strade di Napoli e intervistano gli abitanti della città per scoprire quale sia, secondo loro, la vera magia della città.
Malgrado la grande varietà delle risposte, tutti sembrano concordare su un aspetto: proprio come il canto della mitica sirena Partenope, uccisasi per non essere riuscita a sedurre Ulisse, anche la magia della città da lei fondata sembra essere ormai soltanto un’eco lontana, persa nelle nebbie di un remoto passato.
Certo, ci restano il calore e l’irriverente simpatia dei napoletani, ma il volto più oscuro e misterioso della città sembra essersi dissolto, inevitabilmente confinato nel terreno del folklore e nella superstizione. Ma è davvero così?
Il percorso della troupe fa tappa in tutti i luoghi simbolo della tradizione partenopea, esplorando le mille leggende di Napoli: Forcella e la sua misteriosa Y, il mito di Virgilio mago e dell’uovo, la peste, il Conte di San Severo.
Tra storia e superstizione, mistero e poesia, la telecamera attraversa tutti i luoghi più iconici della città, dal cimitero delle Fontanelle a Castel dell’Ovo, e dalla cappella del Cristo Velato alle catacombe di San Gaudioso.
Improvvisamente, durante l’ultima tappa del percorso, il racconto abbandona il mondo della realtà: Marco D’Amore incontra una presenza soprannaturale e inizia a sperimentare in prima persona una serie di visioni e allucinazioni, che lo conducono dapprima nell’oscura “città sotto la città”, dove dimorano le anime dei morti, e successivamente nel passato, all’incontro con i volti mitici della tradizione napoletana.
Sarà però Pulcinella a svelargli l’unico, vero segreto che consente di comprendere tutti i misteri di Napoli…
Crisi di identità: né finzione, né documentario
L’argomento era ottimo, le risorse a disposizione più che adeguate, e l’effetto-Gomorra avrebbe potuto tranquillamente fare il resto: insomma, le premesse per realizzare un’opera convincente e suggestiva c’erano davvero tutte.
Eppure, Napoli Magica incespica e tradisce le attese, accusando una grave crisi di identità.
Com’è evidente, per raccontare i misteri della città partenopea erano disponibili due strade: quella del documentario, o quella della finzione.
D’Amore, però, si fa prendere la mano e sceglie di percorrerne una terza – ben più complessa e impegnativa – rappresentata dall’ibridazione dei due generi.
Una soluzione di per sé legittima, che richiederebbe tuttavia un approccio diametralmente opposto: anziché esaltare i tratti più efficaci di entrambi i linguaggi, il prosimetrum di Napoli Magica sembra utilizzarne, sempre a sproposito, soltanto gli aspetti peggiori.
La componente documentaristica è artificiosa e priva di ogni naturalezza: proprio come in un brutto spot pubblicitario, i napoletani intervistati recitano le proprie battute a memoria e ne scandiscono ogni singola parola, senza mai un barlume di vera autenticità.
Anche le emozioni collettive risultano vistosamente fittizie: a un tratto, dopo che un’anziana signora ha appena finito di raccontare una storia di mistero, la folla addirittura si zittisce di punto in bianco e si finge pensierosa per lasciare spazio alla colonna sonora, anziché reagire in maniera naturale.
Purtroppo non si tratta di uno scivolone isolato, bensì di un vero e proprio filo conduttore, che si protrae tra frasi fatte e battute preconfezionate senza mai dare spazio alla naturalezza.
Le cose non vanno meglio sul fronte della finzione, che vorrebbe attingere al filone del realismo magico senza però mai tentare di imbastire un’avventura, o quantomeno un percorso narrativo: il viaggio del regista nel lato oscuro e sotterraneo di Napoli è semplicemente troppo didascalico per suscitare immedesimazione, e troppo scialbo per dare vita a un viaggio onirico.
Una regia narcisistica soffoca la voce della città
Il peccato più grave di Napoli Magica sta però nella regia e nella direzione creativa adottata da Marco D’Amore, che finisce per peccare di eccessivo narcisismo, rovinando l’intero potenziale del progetto.
Anziché tacere e lasciar parlare la città, fino a coglierne i sussurri più oscuri, antichi e reconditi, il regista utilizza il suo pseudo-documentario per orientare la luce dei riflettori sempre e soltanto su se stesso, così da emergere dapprima come l’unico vero “amico di tutti i napoletani”, e poi come (letteralmente!) il solo detentore della conoscenza perduta della città.
In definitiva, Napoli Magica ci propone un goffo viaggio iniziatico volto soltanto alla celebrazione personale del regista, che sfocia a più riprese nell’involontaria auto-parodia.
La delusione è cocente, perché ogni volta che il regista-protagonista si allontana per qualche minuto dalla scena, o concede il microfono agli abitanti della vera “Napoli magica”, riusciamo a intravedere un enorme potenziale trascurato, o soltanto abbozzato.
Anche il duetto accademico tra gli intellettuali Totò e Peppino – che nella seconda metà del lungometraggio sono chiamati a interpretare le due anime della città – potrebbe offrire vaste possibilità comiche e narrative, se non venisse relegato al rango di un macchiettistico interludio.
La recensione in breve
Napoli Magica finisce per dissipare il proprio immenso potenziale nel peggiore dei modi, rivelandosi troppo artificioso per un documentario, troppo didascalico per un racconto di fantasia e troppo disomogeneo per un ibrido. Il viaggio alla scoperta dei misteriosi abissi della città partenopea si ferma alla superficie, e celebra soltanto il proprio autore.
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Voto CinemaSerieTv