La nuova stagione al British Film Institute di Londra apre con una rassegna dedicata a John Barry, storico compositore delle colonne sonore di James Bond; prima di ogni pellicola scelta, però, appare un messaggio di avvertimento: il linguaggio utilizzato, infatti, potrebbe essere considerato offensivo oggi.
Un avvertimento specifico è stato inserito anche per il film Si vive solo due volte del 1967, che potrebbe contenere degli stereotipi razziali obsoleti. Nello specifico all’interno della pellicola si vede Sean Connery, nei panni di James Bond, che cerca di passare per giapponese.
Problema di carattere sessuale, invece, presenta Operazione Goldfinger del 1954. In questo caso, infatti, a creare discussioni potrebbe essere la scena in cui Bond si impone fisicamente su Pussy Galore all’interno di un fienile. Un momento che Ian Flaming ha cercato di spiegare in modo piuttosto maldestro in una lettera datata 1959, per quanto riguarda il romanzo.
Secondo lo scrittore, infatti, questa “aggressione” da parte dell”uomo giusto” era necessaria per “curare il carattere lesbico della sua malattia psicosomatica”. Come se non bastasse, poi, il ritratto dello scagnozzo coreano di Goldfinger, Oddjob, che ha la palatoschisi, è stato a lungo citato da molti come perpetuante uno stereotipo che equipara la disabilità alla malvagità.
Le pellicole di Bon, però, non sono le sole ad aver presentato questi problemi per la rassegna. Altri titoli, infatti, sono il thriller Deadfall con Michael Caine, La scogliera dei desideri con Elizabeth Taylor e Richard Burton e Four in the Morning interpretato da Judi Dench. Per spiegare la situazione, è intervenuto anche un portavoce del BFI, rilasciando una dichiarazione al The Guardian.
In quanto ente di beneficenza culturale responsabile della conservazione dei film e delle immagini in movimento, oltre che della loro presentazione al pubblico, affrontiamo continuamente le sfide presentate dalla storia dei programmi cinematografici e televisivi e il modo in cui riflettono le opinioni prevalenti del loro tempo. Mentre abbiamo la responsabilità di preservare i film il più vicino possibile alla loro accuratezza contemporanea, anche laddove contengono un linguaggio o una rappresentazione che rifiutiamo categoricamente, abbiamo anche una responsabilità nel modo in cui li presentiamo al nostro pubblico. Gli avvisi di attivazione/avvisi sui contenuti che forniamo in tutti i nostri spazi espositivi e piattaforme online fungono da indicazioni sul fatto che un film o un’opera riflette visioni del tempo in cui sono stati realizzati e che potrebbero causare offese.