La vita è bella, film diretto e interpretato da Roberto Benigni su un padre che, internato in un campo di concentramento insieme al figlio, gli fa credere di essere all’interno di un elaborato gioco, non è tratto da una storia vera: nel 1998, Benigni e Cerami, co-autori della sceneggiatura, scrissero un romanzo omonimo ispirato al copione.
Diversamente da quanto riportato da alcune testate, il film non si ispira nemmeno alle reali vicende dello scrittore Shlomo Venezia, sopravvissuto alla deportazione ad Auschwitz e scomparso nel 2012: Venezia fu semplicemente il consulente alla sceneggiatura, su richiesta dello stesso Benigni.
La commovente storia, concepita come una favola ambientata durante la Shoah, che vede nel cast anche Nicoletta Braschi e Giorgio Cantarini, pur unanimemente apprezzata, è stata criticata di recente dalla senatrice Liliana Segre come la banalizzazione di un qualcosa di terribile.
Il titolo del film venne inizialmente concepito dagli autori, insieme a Roberto Benigni, per esprimere la ferrea determinazione del protagonista nel perseguire la felicità, anche nelle circostanze più drammatiche. La scelta definitiva fu poi ispirata dal fortuito ritrovamento di due citazioni significative: la prima, tratta dal testamento di Lev Trockij, recita
“La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza e goderla in tutto il suo splendore»; la seconda, di Primo Levi, contenuta in Se questo è un uomo, afferma: «Io pensavo che la vita fuori era bella, e sarebbe ancora stata bella, e sarebbe stato veramente un peccato lasciarsi sommergere adesso”
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