I Golden Globe sono morti, lunga vita ai Golden Globe! Perché forse non ve ne siete accorti, ma l’organizzazione della stampa estera con sede ad Hollywood che da ben ottantuno anni assegna i prestigiosissimi trofei al meglio del cinema e della tv americani, non è più la stessa dello scorso anno. E, visti i risultati della cerimonia di premiazione di quest’anno (qui trovate la lista di tutti i vincitori), diremmo che è palese. Ma partiamo dai dati di fatto: a trionfare nell’edizione 2024 dei Golden Globe è stato Oppenheimer di Christopher Nolan: il biopic dei record diretto dal regista britannico si porta a casa i riconoscimenti al miglior film drama, miglior regia, attore drama (Cillian Murphy), attore non protagonista (Robert Downey Jr.) e miglior colonna sonora.
Al fenomeno opposto del Barbenheimer che ha infuocato le sale cinematografiche dell’estate 2023, solo le”briciole”: il Barbie di Greta Gerwig si accontenta del trofeo per la miglior canzone originale e del nuovissimo riconoscimento al Box Office Achievement per i film campioni d’incasso. Alla commedia-fenomeno con Margot Robbie e Ryan Gosling gli sono stati preferiti titoli come Povere Creature e Anatomia di una caduta; titoli premiatissimi ai festival dello scorso anno (rispettivamente, Leone d’Oro a Venezia e Palma d’Oro a Cannes) che segnano un fattuale cambio di sensibilità e direzione della restaurata Golden Globes Foundation. Cosa significa tutto questo?
La stampa estera di Hollywood si ripulisce l’immagine
Partiamo dagli scandali che qualche anno fa hanno letteralmente travolto la Hollywood Foreign Press Association, e lo facciamo tracciando il percorso in discesa dal 2018. Sei anni fa, l’attore Brendan Fraser denunciò l’ex-Presidente della HFPA Philip Berk di aver avuto con lui atteggiamenti inappropriati nel corso di un evento pubblico. Alle accuse iniziarono a seguire comissioni interne ed indagini alla struttura e alla membership dell’associazione della stampa estera che culminarono nel 2021. Un anno prima, nel 2020, la giornalista cinematografica scandinava Kjersti Flaa intentò una causa contro la HFPA perché la sua richiesta di poter entrare a far parte dell’organizzazione le era stata sistematicamente respinta a favore di membri non professionisti dello spettacolo e che componevano la stragrande maggioranza numerica della Hollywood Foreign Press Association.
Una causa legale che fu foriera di un’indagine del Los Angeles Times datata 2021 in cui vennero a galla irregolarità e gravi disuguaglianze: la maggior parte dei membri dell’HFPA non erano giornalisti professionisti a tempo pieno, ma piuttosto scrittori freelance part-time per pubblicazioni più piccole e semplicemente non appartenenti all’ordine; inoltre, l’indagine portò alla luce anche una cattiva condotta dei suoi membri, a cui venivano regolarmente offerti accesso ai seti cinematografici ed interviste esclusive con gli attori, nonché gli venivano spesso offerti regali costosi, come soggiorni in hotel costosi e prenotazioni di ristoranti. E, ciliegina sulla torta, la membership della HFPA in data 2021 non comprendeva alcun giornalista straniero di etnia afroamericana; l’ultimo, era stato l’ex-Presidente Meher Tatna nel lontano 2002. Una valanga di accuse ed irregolarità che portarono ad una repentina caduta in disgrazia dell’associazione, adesso di proprietà intellettuale di Eldridge Industries della Dick Clark Productions e con un 20% in più di nuovi membri rispetto al 2021. Nuovi membri scelti per promuovere le pari opportunità e la diversità etnica e culturale dei vari giornalisti che adesso formano le file di una “restaurata” Golden Globes Foundation con oltre 300 componenti e con più professionisti del settore. E visti i risultati degli 81° Golden Globe, forse si vede.
Il sogno infranto del Barbenheimer
Sì perché la nuova associazione di giornalisti stranieri con sede a Los Angeles non solo incensa Oppenheimer di ben 5 riconoscimenti (tutti, più o meno pronosticati) ma preferisce affossare le chance da Oscar di Barbie a favore di almeno due titoli più affini alla sensibilità della critica di settore e meno al box-office o alla popolarità. Perché il lungmetraggio-evento di Greta Gerwig viene battuto nella categoria del miglior film comedy/musical da Povere Creature di Lanthimos, trionfatore a Venezia 80 e di gran lunga il lungometraggio presentato al Lido più applaudito della stampa cinematografica internazionale. Un contentino che la Gerwig (assieme al suo partner Noah Baumbach) poteva effettivamente ottenere nella categoria della miglior sceneggiatura, ma anche in questa istanza Barbie ha ricevuto l’ennesimo colpo di grazia: vince, decisamente un po’ a sorpresa, lo script chirurgico di Anatomia di una caduta, firmato da Justine Triet e Arthur Harari. Anche in questo caso, titolo trionfatore di un altro festival d’autore, quello di Cannes.
Una nuova HFPA che mette da parte i risultati del botteghino mondiale (certo, Oppenheimer è stato comunque il biopic con il maggior incasso di sempre con quasi 1 miliardo di dollari, nonostante tutto) anche nella categoria del miglior film d’animazione, dove al superfavorito della vigilia Spider-Man: Across the Spiderverse gli viene preferito il più criptico e poetico Il ragazzo e l’airone di Hayao Miyazaki. Il Barbenheimer sembra sempre di più un sogno infranto appartenente al passato, cannibalizzato da una cerimonia maggiormente votata al cinema autoriale anziché al fenomeno pop a tutti i costi, come forse invece avrebbe potuto operare la vecchia membership della Hollywood Foreign Press Association.
Un’anticipazione degli Emmy
E nelle categorie televisive? Tutto come da programma, con la quarta ed ultima stagione targata HBO di Succession che si porta a casa quattro statuette (serie drama, attore drama a Kieran Culkin, attrice drama a Sarah Snook, attore non protagonista Matthew Mcfadyen), mentre nella sezione comedy regna sovrano il secondo appuntamento televisivo di The Bear. Lo show culinario-esistenzialista creato da Christopher Storer per Hulu (da noi, disponibile su Disney+) si accaparra tre globi d’oro: miglior serie comedy, miglior attore e attrice rispettivamente a Jeremy Allen White e Ayo Edebiri. Risultati che potrebbero replicarsi nella notte tra lunedì 15 e martedì 16 gennaio, quando a Los Angeles si terrà (posticipata di quattro mesi causa ex-sciopero SAG-AFTRA) la cerimonia di premiazione degli Emmy Awards.
Ai premi della Television Academy di quest’anno proprio la quarta stagione di Succession e la seconda di The Bear hanno dominato le candidature, a cui si aggiunge anche la possibile presenza massiccia di riconoscimenti per Beef – Lo scontro. La miniserie Netflix creata da Lee Sung Jin e con protagonisti Steven Yeun e Ali Wong ha vinto ben tre Golden Globe, e si prepara a fare la parte del leone anche gli Emmy dell’immediato futuro. Ci viene quasi da pensare che, almeno quest’anno, i trofei della HFPA siano più predittivi per le categorie televisive che per quelle cinematografiche. Almeno sulla carta.
I Golden Globe sono ancora l’anticamera degli Oscar?
Perché da qualche anno, e a fasi alterne, i risultati dei vecchi e dei nuovi Golden Globe non sono più quelli che per tradizione e ad apertura della awards season venivano considerati come “l’anticamera per gli Oscar”. Innanzitutto perché, e questo però va messo in conto ogni anno, la stampa di settore non vota per gli Academy Awards, decisi da membri appartenenti a vari settori (attori, registi, sceneggiatori, scenografi, costumi etc.) dell’industria cinematografica; in secondo luogo perché i risultati delle ultime cerimonie di premiazione non hanno poi sempre trovato terreno fertile e nuova conferma ai corrispettivi Oscar. Alcuni dei più recenti esempi: The Fabelmans, Gli spiriti dell’isola, Il potere del cane, 1917, C’era una volta ad Hollywood, Tre manifesti ad Ebbing Missouri, La La Land, tutti lungometraggi incoronati dalla HFPA nelle rispettive categorie che non hanno però poi trovato il beneplacito dell’Academy, a favore di altri contender.
Per questo motivo il trionfo di Oppenheimer e di Povere Creature, che nonostante tutto conferma l’alto posizionamento dei due titoli diretti rispettivamente da Christopher Nolan e Yorgos Lanthimos, non necessariamente presagisce l’ottenimento dell’Oscar al Best Picture. Per decretare tale trend, è lecito attendere i vincitori dei Producers Guild, Directors Guild e Screen Actors Guild Awards, almeno; riconoscimenti dei sindacati di produttori, registi ed attori che sempre di più si sono rivelati negli ultimi tempi favorevolmente predittivi in orizzonte Oscar rispetto ai Golden Globes. E quindi, al momento, calibriamo correttamente l’entusiasmo.