Il nipote di Oppenheimer, Charles, si è espresso sul film diretto da Christopher Nolan, che sta continuando a mietere successi al box office. In una intervista concessa a Time Magazine ha parlato di quanto c’è di vero nel biopic su Robert Oppenheimer e quanto invece sia stato rielaborato a fini narrativi dall’autore inglese. Nato nell’aprile del 1975 a Santa Fe, quando entrambi i suoi nonni, J.Robert (interpretato da Cillian Murphy) e Katherine “Kitty” Puening (rappresentata da Emily Blunt) erano già morti. Charles ha anche spiegato quale scena del film gli è piaciuta meno.
Charles ha però sempre parlato dell’importante figura di suo nonno Peter Oppenheimer, primogenito del fisico considerato il padre della bomba atomica. Peter, che è venuto al mondo nel 1941, ha trascorso infatti molta parte della sua infanzia a Los Alamos, nei giorni del Manhattan Project. Il film di Nolan, insomma, è credibile dal punto di vista storico o no? Posta così la domanda è tranchant, ma Charles ha le idee molto chiare.
«Ho una visione di mio nonno, di chi sia stato, delle cose a cui teneva, che non sempre viene mostrata nella sterminata quantità di documenti su di lui. Detto ciò, credo che sia emersa la grande complessità delle cose che ha dovuto affrontare e dei problemi e delle opportunità legati al rapporto tra scienza, storia e società», ha detto.
«Ero preparato al peggio, sebbene avessi parlato con Nolan ricevendone una grande impressione – ha raccontato -. L’ho visto al lavoro sul set, quelle volte che sono andato, ed era davvero intenso. Ma non avevo idea se avrei amato il film o meno. È una reazione che ho sempre davanti alle biografie o agli esperti che parlano di mio nonno. Sento come se mancasse sempre qualcosa, a volte la prendo sul personale. Ma mentre vedevo il film, ho scoperto che mi piaceva. Ha raccontato una storia coinvolgente e nel contempo era arte. Sono felice di aver avuto questa reazione, non me l’aspettavo».
La grandezza di un autore come Christopher Nolan, insomma, è stata una garanzia assoluta per Charles Oppenheimer. Che è stato più che felice di confrontarsi con il regista. «Nolan è stato molto chiaro. Mi ha detto che ci sarebbero state parti da drammatizzare un po’ e altre da cambiare. E che come familiare di Oppenheimer avrei amato delle cose e odiato altre. Penso che queste parole mi abbiano portato ad accettare film, anche se l’ho visto molto tardi. E comunque, come rappresentazione drammatica di un fatto storico è stato molto accurato. Ero in disaccordo su alcuni elementi, ma non per colpa di Nolan», ha spiegato.
Charles Oppenheimer non ha partecipato attivamente al film, riconoscendo il pieno diritto e la libertà assoluta a Nolan di adattare un libro, American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer (in italiano Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica. Il trionfo e la tragedia di uno scienziato), scritto da Kai Bird e Martin J. Sherwin. Si è quindi limitato quindi a dare la sua visione di alcune cose e a “difendere” i valori del nonno. «Non riesco proprio a vedermi nei panni di quello che dà consigli cinematografici a Nolan, lui è l’artista, lui è il genio», ha aggiunto.
La parte che è piaciuta meno? Quella sul tentativo di avvelenare il professor Patrick Blackett con una mela piena di cianuro. Una parte che Charles Oppenheimer avrebbe tolto in blocco. «Il problema era già presente in American Prometheus. Se lo leggete con attenzione gli stessi dicono che non vi è nulla di certo su questo, che non sapevano se fosse realmente avvenuto. Non ci sono prove che volesse uccidere qualcuno», ha sottolineato.
«Si tratta di un’accusa molto grave, nata probabilmente da qualche indiscrezione che poi nel libro è stata riassunta in ‘Oppenheimer ha tentato di uccidere il suo professore’. Nel film non mi ha disturbato più di tanto. Mi ha disturbato che nel libro non sia stato messo alcun disclaimer su quello che potenzialmente sarebbe stato solo un pettegolezzo. Al contrario, la drammatizzazione del dialogo con Einstein mi è piaciuta molto. Penso sia stata molto efficace, anche se non era un fatto storico», ha poi concluso.