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Home » Film » Piccole donne, la recensione del film del 2019 di Greta Gerwig

Piccole donne, la recensione del film del 2019 di Greta Gerwig

La recensione di Piccole donne del 2019: la regista Greta Gerwig spinge sull'acceleratore della modernità.
Francesca FiorentinoDi Francesca Fiorentino22 Febbraio 20239 min lettura
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Piccole donne film 2019
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Il film: Piccole donne, 2019. Regia: Greta Gerwig. Genere: Sentimentale, drammatico, storico. Cast: Saoirse Ronan, Emma Watson, Florence Pugh, Eliza Scanlen, Laura Dern, Timothée Chalamet, Meryl Streep, James Norton, Bob Odenkirk, Louis Garrel. Durata: 134 minuti. Dove l’abbiamo visto: al cinema.

Trama: Jo March è un’aspirante scrittrice e nel suo primo romanzo racconta la storia delle sue tre sorelle Meg, Amy e Beth e del legame viscerale con la loro coraggiosa madre, in un’epoca storica in cui essere donne coraggiose e impegnate era considerato inappropriato.


Dovessimo parlare della caratteristica principale di Piccole donne, primo di una serie di tre romanzi pubblicati da Louisa May Alcott a partire dal 1868, diremmo sicuramente la sua capacità di resistere alle decine di riletture e interpretazioni che cinema e televisione gli hanno riservato. La sua modernità, infatti, è tutta concentrata nella bellezza di un gruppo di personaggi femminili, portatori di una visione del mondo ottimistica e vitale, valida oggi come ieri. L’adattamento firmato da Greta Gerwig nel 2019 prova a mettere in luce altri aspetti nascosti del libro, a volte con qualche affanno di troppo, ma con una certa genuinità di fondo. Nel film del 2019, insomma, non trova spazio solo quella Jo March che ha fatto sognare milioni di ragazze in tutto il mondo con il suo carattere impavido, ma, ognuna con la sua originalità, anche tutte le altre figure che attorno a lei gravitano, sfaccettate e originali. Ecco allora la recensione di Piccole donne il film del 2019 diretto da Greta Gerwig.

La trama: quattro sorelle

Le quattro protagoniste di Piccole donne diretto da Greta Gerwig nel 2019

New York, seconda metà dell’800. Jo March è un’aspirante scrittrice che lavora come istitutrice. Il suo sogno, nemmeno troppo segreto, è quello di diventare una grande autrice, ricordata nei secoli. Sotto pseudonimo, propone i suoi scritti a un editore che, pur apprezzandone la qualità, la tratta con freddezza, pagandola poco. Nonostante questo, pubblica i racconti. Felice per il traguardo raggiunto, Jo ha un duro confronto con il professor Bhaer, un docente che condivide la stessa abitazione con la signorina March e che la ammira profondamente. Proprio questo suo sentimento lo spinge a dirle che i suoi racconti sono poca cosa, che in realtà è destinata a ben altre opere. La ragazza punta sul vivo gli risponde in maniera dura. Poi, a causa di un’emergenza familiare, deve ritornare nella sua città natale, Concord.

Sua sorella Beth, infatti, si è aggravata. Conosciamo così la vita delle sorelle March, Meg, Jo appunto, Beth e Amy, quattro ragazze che vivono una vita all’insegna della carità cristiana e dell’amore per il prossimo. Affamate di vita e a loro agio con tutte le arti. Guidate dalla loro Marmee, con un pensiero rivolto al padre impegnato al fronte con l’esercito unionista, le loro giornate passano tra giochi, spettacoli e riflessioni sulla vita e l’amore. La conoscenza del vicino di casa Laurie, attratto da Joe, innesca una serie di eventi che porteranno alla trasformazione della famiglia March. Rifiutato dalla ragazza, Laurie sposerà Amy. Mentre Meg si accaserà con il signor Brooke, precettore di Laurie. Tutto questo mentre Beth si ammalerà gravemente, fino a morire. Quel dolore, assieme a un possibile ripensamento della sua storia con Laurie, subito cancellato dopo il matrimonio del ragazzo, spinge Jo a scrivere un romanzo diverso dal solito, Piccole donne, per il quale lotterà con le unghie e con i denti.

Luci e ombre

Jo March con i capelli corti circondata dalle sorelle in Piccole donne di Greta Gerwig del 2019

Greta Gerwig ci consegna una rilettura godibile del classico della Alcott (che forse meriterebbe un film a sé), con sprazzi di ironia e un’intelligente considerazione sulla situazione femminile dell’800. Una donna aveva ben poche scelte davanti a sé per trovare il suo posto nel mondo. O si sposava o diventava ricca (come spiega la simpatica zia March interpretata da Meryl Streep). Ma come sarebbe stato possibile fare soldi in un mondo che equiparava le attrici a prostitute e in cui una scrittrice era obbligata a far morire la sua protagonista o a farla sposare?

Greta Gerwig dipinge questo quadro sfruttando una tavolozza di colori caldi e rassicuranti. E un cast ottimo, se si eccettua per il povero Louis Garrel, del tutto fuori parte nei panni del tedesco Bhaer. Saoirse Ronan, è una Jo credibile e appassionata, Emma Watson regala alla sua Meg una certa calma (per quanto il suo personaggio non sia sviluppato in maniera articolata), così come Eliza Scanlen è una Beth delicata e fragile. Ma è Florence Pugh, la civettuola Amy, a essere la vera rivelazione del film, con una tempra e un carattere tali da rendere simpatico un personaggio solitamente odioso. I suoi duetti con Laurie, un ottimo Timothée Chalamet, sono davvero brillanti.

Tra una storia e l’altra

Saoirse Ronan e Timothée Chalamet in una scena di Piccole donne di Greta Gerwig del 2019

Piccole donne di Greta Gerwig, però, è un film stratificato e complesso. Il primo livello, per così dire, è quello classico che racconta la storia delle sorelle March, per come l’abbiamo sempre conosciuta. Intelligenti, sensibili, coraggiose, sono il frutto perfetto di una famiglia illuminata che va controtendenza rispetto all’America moralista dell’800. Qui, come spettatrici e spettatori, abbiamo la possibilità di identificarci con un racconto codificato, ma sempre ricco di spunti di riflessione sulla condizione femminile e non solo. Un racconto a cui la Gerwig dona inoltre un colore più umoristico che si fa apprezzare e che ci avvicina ancora di più alle protagoniste. Il secondo livello, più nascosto ma fondante di tutta la storia, è quello della vera storia di Louisa May Alcott che fa capolino nelle avventure di Jo e nelle sue peregrinazioni per vedere finalmente pubblicato il suo libro.

Questa parte, pur soddisfacendo il nostro desiderio di vedere sempre più storie dedicate a donne forti, è alla fine quella più incerta. La regista, che in più di un momento sovrappone il suo sguardo a quello di Jo/Louisa, interviene non tanto sull’intreccio del romanzo, quanto sul suo mito. Un mito che, volente o nolente, al netto di un normale invecchiamento, si è trasmesso fino a oggi in maniera vivida. E che le Gerwig sovverte senza farsi troppi problemi, ma in maniera imprudente. Il riferimento è allo svelamento della grande bugia che avrebbe sostenuto il romanzo della Alcott, quel finale idilliaco, con l’amore tra Jo e Bhaer, che l’autrice avrebbe creato solo per venire incontro alle richieste del suo editore.

Libertà, amore…

Saoirse Ronan in una scena di Piccole donne 2019

Questo Piccole donne del 2019 è, infatti, anche un’interessante riflessione sulla libertà dell’arte e degli artisti. Quanto una scrittrice, una regista, hanno il controllo sulle loro creazioni e quanto invece si scende a patti col diavolo pur di arrivare a dama? La risposta che il film dà è che i compromessi sono leciti se portano alla realizzazione di un sogno. Il gioco di rimandi continui tra l’eroina del romanzo, la sua creatrice e la regista che con il suo sguardo prova a dare unità a tutto, sembra però la parte più zoppicante del film. Jo/Louisa, dunque, per blandire l’editore Dashwood, desideroso di avere un lieto fine romantico del libro per vendere più copie, sceglie per quieto vivere di scrivere l’epilogo che conosciamo: il lungo bacio sotto la pioggia tra Jo e il professor Bhaer. Che adesso, ironicamente, ci viene presentato come posticcio e risolto in una sequenza di pochissimi minuti.

…e (finti) happy ending

Saoirse Ronan è Jo March davanti al suo romanzo in Piccole donne 2019

È un passaggio che di fatto rappresenta il vero momento di rottura di Piccole donne 2019 con gli adattamenti del passato, ma finisce per sottrarre un po’ di magia al racconto. Dimentichiamo per un secondo il fatto che il finale della storia a cui il pubblico, da anni, si è rapportato in una determinata maniera, sia un’escamotage fatto per questioni di marketing (è successo davvero, ma preferivamo non saperlo, non in un film intitolato Piccole donne, sicuramente sì nel biopic dedicato alla Alcott).

Il colpo di scena orchestrato dalla Gerwig, per affermare anche l’insindacabile libertà di un’autrice di trasformare un materiale letterario classico in qualcosa di nuovo, è troppo ideologico. Se ci appare più centrato il momento in cui Jo/Louisa contratta royalties e diritti del romanzo (“Se devo immolare la mia eroina all’altare del matrimonio deve valerne la pena“, dice a un certo punto al signor Dashwood), il resto sembra un po’ incerto, nebuloso. Allora in questa sovrapposizione ideale tra le creatrici d’arte Louisa, Jo e Greta, sentiamo un’infinitesima nota stonata in una sinfonia tutto sommato armonica.

Tra memoria e presente

Emma Watson è Meg in Piccole donne del 2019

Tra gli elementi più interessanti di Piccole donne di Greta Gerwig c’è l’andirivieni temporale della narrazione, che si muove da un presente in cui Jo è protagonista assoluta (anche come demiurga della storia) a un passato in cui sono le relazioni con le amate sorelle, la madre e l’amico del cuore Laurie a essere messe a fuoco. Può sembrare disturbante a una prima occhiata, in realtà questo movimento continuo tra presente e memoria è il cuore pulsante del film. Piccole donne è sempre stato un racconto femminile e femminista. Nessuno mai potrebbe negare questo spirito che pervade le pagine del romanzo. Eppure non è questo, o almeno non è solo questo, che rende la favola della Alcott così moderna.

Quanto la crescente e insaziabile fame di vita delle sue protagoniste, la loro identità originale, diversa per tutte. Se Meg trova pace nel matrimonio con il signor Brooke, che non considera affatto come una diminuzione della sua libertà (anche questa è una scelta potente), Amy trova il modo di sbocciare anche come artista e non solo come futura sposa di un uomo benestante. Beth, infine, la figura più dolente di tutta la storia, è la vera occasione di crescita per Jo. Josephine prende il coraggio a due mani e si lancia nell’avventura newyorchese con la forza dirompente di una donna libera. Ma è in quel confronto con la sorella morente, sulla spiaggia, a crescere e diventare adulta. Qui la Gerwig ci regala il momento più bello di tutto il film. Un passaggio di consegne mostrato al pubblico con una luce abbacinante e davanti a un oceano tempestoso che non può non emozionare anche i cuori più duri.

La recensione in breve

6.5 Incerto

Greta Gerwig rilegge in maniera irriverente Piccole donne di Louisa May Alcott, consegnandoci una storia moderna e ricca di sfumature, con una protagonista indomita, Saoirse Ronan, e tante altre figure femminili sfaccettate, su tutte la Amy di Florence Pugh. C'è però qualcosa che stona nell'adattamento, un tradimento del racconto, fatto sicuramente con motivazioni buone, che finisce per sottrarre magia a un film con momenti luminosi.

  • Voto CinemaSerieTv 6.5
  • Voto utenti (2 voti) 9.3
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