Il film: Quel maledetto film su Virzì, 2023. Regia: Stefano Petti. Genere: documentario, mockumentary. Cast: Alessio Accardo, Stefano Petti, Gabriele Acerbo, Paolo Virzì, Paola Tiziana Cruciani, Ottavia Virzì, Micaela Ramazzotti, Bobo Rondelli, Valerio Mastandrea, Carlo Virzì, Francesca Archibugi, Corrado Fortuna, Matilde Gioli, Massimo Ghini, Mario Sesti. Durata: 88 minuti. Dove l’abbiamo visto: Anteprima alla Festa del Cinema di Roma.
Trama: Dopo aver accumulato centinaia di interviste per realizzare il film definitivo su Paolo Virzì, tre documentaristi disfunzionali si scontrano sul modo di concludere il progetto, cimentandosi con la difficoltà di ridurre vita e opera del Maestro a un’ottantina di minuti. Mentre i tre dibattono le loro ossessioni su Virzì, quest’ultimo li sorprende con una proposta che consentirebbe di finire il film e voltar pagina. Riusciranno ad arrendersi alla realtà imprevista e abbandonare le loro manie cinefile?
Se amate un regista a tal punto da sognare di dirigere un documentario su di lui, allora comprendete perfettamente lo struggimento dei tre protagonisti di Quel maledetto film su Virzì, divertente documentario dedicato all’autore livornese. Un lavoro mastodontico, durato svariato diversi anni, che ha da poco visto luce, guadagnandosi la presentazione alla Festa del Cinema di Roma. E il prossimo passaggio in esclusiva su Sky Documentaries il primo novembre alle 21.15 e in streaming solo su NOW. Come vedremo nella recensione di Quel maledetto film su Virzì, Stefano Petti, Alessio Accardo e Gabriele Acerbo (gli ultimi due anche autori del libro biografico My Name is Virzì – L’avventurosa storia di un regista di Livorno) realizzano un omaggio molto intelligente a Virzì. Molto più acuto di quanto la tragicomica confezione faccia pensare.
La trama: C’era una volta un documentario
Alessio Accardo, Stefano Petti e Gabriele Acerbo, tre documentaristi disfunzionali (la definizione è loro), decidono di girare un documentario su Paolo Virzì, che loro considerano regista di grande talento e originalità. Fin qui, tutto normale. Il problema è che tra l’idea di partenza e il traguardo, passano la bellezza di 10 anni (anche qualcosa in più). Anni di tormento artistico per i nostri eroi, di confronti ora serrati ora languidi sul senso ultimo di un lavoro ontologicamente sfuggente. Lo scorrere dei lustri, infatti, indica non solo quanto sia difficile dedicarsi a una materia mutevole, come può essere la vita e l’arte di un artista. Ma anche quanto sia sfidante stare dietro (letteralmente) a un autore che ha energia da vendere.
Paolo maledetto
Da livornese verace, Paolo Virzì ha liquidato il documentario a lui dedicato come un’opera che sarà possibile chiudere solo alla sua morte. In realtà, per quanto il doc sia parziale e meriti di essere aggiornato di anno in anno, proprio come si fa con le schede di Wikipedia, Quel maledetto film su Virzì dice tanto del regista. Nonostante la sua forma volutamente incerta e autoironica. Il documentario di Stefano Petti già dal titolo mostra una impossibilità di fondo, una resa. Come si può raccontare vita e opere di un autore in continuo artistico divenire, sfuggente, che si concede col contagocce, che non ha alcuna intenzione di essere rappresentato come venerato maestro (non ancora, almeno)?
Probabilmente proprio come hanno fatto Petti con la fondamentale collaborazione di Alessio Accardo e Gabriele Acerbo, ovvero lasciandosi (amabilmente) tiranneggiare dal protagonista. Mettendosi in crisi, lasciandosi travolgere dai dubbi. O meglio, oscillando tra due certezze antitetiche. Saranno anche dilemmi da cinefili, e quindi per esperti del genere, ma quando i tre discutono su quale approccio scegliere per la regia del doc, se quella del classico film intervista o il metacinema puro, lo spunto di riflessione non è per niente banale. E tutto il progetto è una dimostrazione che per certi temi non si possa prescindere dall’ironia, da un sano distacco dalla materia di partenza. Meglio il metacinema, insomma.
Gli amici di Paolo
Il gioco di Quel maledetto film su Virzì funziona molto. Soprattutto quando sono in scena gli ospiti d’onore, ovvero amici e colleghi che di Paolo Virzì sono stati collaboratori. E che fingendo fastidio (o no?) raccontano tanti piccoli aneddoti sul regista. Da quanto ami i suoi interpreti, alla tempra nucleare che da sempre lo contraddistingue. Tra questi amici ci sono Francesca Archibugi e Valerio Mastandrea, l’ex compagna Paola Tiziana Cruciani e la figlia Ottavia, Bobo Rondelli e tanti critici cinematografici, da Paola Casella a Mario Sesti. Al di là di questa gigantesca supercazzola, conscia di esserlo, c’è una gustosa verità di fondo. E cioè che Paolo Virzì è davvero un regista come nessun altro. No, non diremo come fanno tutti l’erede della grande commedia all’italiana (anche se lo pensiamo), ma uno di quelli che l’ha interpretata meglio, facendola sua. E forse trasformandola per sempre.
La recensione in breve
Quel maledetto film su Virzì non è certamente un documentario didascalico o con intenti educativi. Non lo si vede certo per studiare il cinema dell'autore livornese, ma per goderselo da un punto di vista diverso. Così, quando ascoltiamo le note della colonna sonora di Ovosodo ci si stampa un bel sorriso sul viso. Bene hanno fatto quindi i tre autori a misurarsi in questo modo originale con Paolo Virzì.
-
Voto CinemaSerieTV.it