Il film: A mano disarmata, 2019. Regia: Claudio Bonivento. Cast: Claudia Gerini, Francesco Pannofino, Francesco Venditti, Mirko Frezza. Genere: Denuncia, drammatico. Durata: 107 minuti. Dove l’abbiamo visto: Al cinema.
Trama: La storia vera di Federica Angeli, coraggiosa giornalista che raccontò i legami tra le cosche mafiose di Ostia con la politica e l’imprenditoria, nonché della sua nuova vita sotto scorta.
Forse qualcuno ricorda, il 7 novembre 2017, la clamorosa e violenta testata data da Roberto Spada, capoclan di Ostia, al reporter RAI Daniele Piervincenzi, che riportò il naso rotto, nel corso di una ripresa giornalistica del programma NEMO? Prima di quell’evento c’era stato già qualcun altro che, dal 2013, ha lavorato costantemente per scoperchiare il marcio nascosto sotto le cosche mafiose di Ostia e cioè i loro legami con imprenditoria e politica. Si tratta della giornalista Federica Angeli, da quasi 10 anni ormai sotto scorta, che ebbe per prima il coraggio di indagare e denunciare i principali esponenti dei clan che infestano il litorale laziale con racket e violenza. Nel 2018 la coraggiosa giornalista scrisse un libro in cui raccontava i suoi millesettecento giorni sotto scorta e, come vedremo in questa recensione di A mano disarmata, l’anno seguente Claudio Bonivento ne realizzò un film, con Claudia Gerini nel ruolo di Federica.
La trama: il coraggio contro la violenza
Nel 2013 la giornalista di Repubblica Federica Angeli, natia di Ostia nonché ancora ivi residente, avvia una coraggiosa inchiesta giornalistica contro gli esponenti del clan Costa (così denominato nella finzione) che ricattano, minacciano e fagocitano le attività commerciali della zona. Dopo aver inoltre assistito ad un’aggressione proprio nei pressi di casa sua, Federica denuncia ai carabinieri l’accaduto. Come conseguenza di tutto questo le viene assegnata una scorta, cosa che rivoluzionerà tutta la sua vita. I suoi familiari e amici non comprenderanno da subito le sue scelte.
L’urgenza della storia
Guardando A mano disarmata è palpabile l’urgenza di raccontare una storia che, purtroppo, ancora non è conclusa, con la recente scarcerazione, l’ottobre scorso, proprio di Roberto Spada, autore della famigerata testata. È palpabile anche la compenetrazione con cui Claudia Gerini ha incarnato la giornalista, abbracciando l’intero arco emotivo di Federica fatto di angosce, paura, tanto coraggio e determinazione. La sceneggiatura, scritta da Domitilla Shaula Di Pietro, con la collaborazione della stessa Angeli, si concentra soprattutto sul vissuto intimo ed emotivo della giornalista, che vede la sua vita rivoluzionata dalle pesanti restrizioni della vita sotto scorta, nonché dall’ostracismo di alcuni suoi concittadini e dall’incomprensione iniziale della sua famiglia.
In questo senso molto forte è la scena che, a metà film, fa da cesura alla vicenda: durante il primissimo tragitto sotto scorta verso casa, Federica ha un attacco di panico e chiede agli agenti di fermarsi vicino al mare perché le manca l’aria. Lì sul litorale comincia a prendere consapevolezza della propria nuova condizione, ma contemporaneamente cerca di riappropriarsi di sé, truccandosi con l’aiuto di uno specchietto potatile. Peccato per la canzone (extra-diegetica, ovvero non proveniente da fonti sonore interne alla scena) che accompagna la scena, esteticamente molto suggestiva, il cui testo didascalico guasta quello che poteva essere un efficace momento di introspezione e presa di coscienza.
Poca inchiesta e molta retorica
Purtroppo quello sul mare non è l’unico momento in cui a prevalere è una certa retorica, accentuata nell’arco del film da dialoghi che rasentano spesso il registro didascalico. La messa in scena risente a volte di una certa ingenuità, come in una scena della prima parte, in cui Federica si apposta fuori la vetrina di una salumeria per spiare un criminale che minaccia una commerciante, senza che il delinquente se ne accorga. Anche una scena di sesso selvaggio sul tavolo, all’inizio, tra Federica e suo marito Massimo (Francesco Venditti), ripresa con luci patinate anni ‘80, è davvero gratuita.
Soprattutto, dell’inchiesta giornalistica di Federica, veniamo a sapere veramente poco: vediamo soltanto la giornalista andare a intervistare, con sprezzo del pericolo, i capiclan in un lido di cui si sono appena impossessati. Ma tutto il resto non viene affatto approfondito. Comprendiamo forse che si sia voluto dare risalto all’arco emotivo della storia e meno all’analisi. Manca però anche una progressione drammaturgica che motivi e accompagni Federica in decisioni che avranno conseguenze devastanti sulla sua vita, prese davvero dall’oggi al domani, senza neanche rifletterci.
Come si racconta è altrettanto importante rispetto al cosa
Merito della sentita interpretazione della Gerini se riusciamo a empatizzare con la Angeli, nel momento in cui deve fronteggiare situazioni più grandi di lei e si trova tutti contro, persino la sua famiglia che, in prima battuta, per paura, non comprende il suo gesto coraggioso. Il fatto che si tratti di una storia vera amplifica la portata emotiva di tutti gli eventi che arrivano allo spettatore con tutto il loro carico di drammaticità. Peccato dunque che una vicenda così importante e urgente da raccontare venga indebolita da una cura non costante nella messa in scena, nonché da mancati approfondimenti in fase di sceneggiatura, tutti elementi che avvicinano il film a prodotti televisivi datati. Non siamo certo i primi ad affermare che come viene raccontata una storia è altrettanto importante rispetto a cosa si racconta. Rimangono la sincerità e l’urgenza, palpabili, alla base dell’operazione filmica, l’intensa performance della Gerini e il contesto popolare di Ostia, esplorato con rispetto e onestà.
Conclusioni
La storia forte e importante della giornalista Federica Angeli viene purtroppo indebolita da forti dosi di retorica, mancati approfondimenti sull’inchiesta e sulle motivazioni psicologiche della coraggiosa protagonista. Fondamentale e vitale l’intensa performance della Gerini nel creare un legame empatico del pubblico col personaggio. Rimangono palpabili l'urgenza e la sincerità alla base del film.
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