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Home » Film » Recensioni film » Afire, la recensione del film di Christian Petzold

Afire, la recensione del film di Christian Petzold

La recensione di Afire, il nuovo lungometraggio del regista tedesco Christian Petzold, in concorso alla Berlinale 2023.
Max BorgDi Max Borg25 Febbraio 20234 min lettura
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Una scena di Afire
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Il film: Afire (Roter Himmel), 2023. Regia: Christian Petzold. Cast: Thomas Schubert, Paula Beer, Langston Uibel, Enno Trebs, Matthias Brandt.

Genere: drammatico. Durata: 103 minuti. Dove l’abbiamo visto: alla Berlinale, in lingua originale.

Trama: Due amici – uno scrittore e un artista – decidono di passare insieme l’estate, ma la casa destinata alla loro vacanza ha già un’inquilina…


Correva l’anno 2020, e alla Berlinale debuttava in concorso un film di Christian Petzold, Undine, riflessione sull’amore con inflessioni mitologiche (il titolo allude a una creatura acquatica) e seconda collaborazione consecutiva del regista con due nuovi talenti del cinema teutonico, Franz Rogowski e Paula Beer (con quest’ultima premiata dalla giuria berlinese per la sua interpretazione).

Tre anni dopo, con Rogowski assente giustificato per altri impegni, il cineasta ritrova Beer, sempre nella competizione principale del festival di Berlino, per quello che è stato descritto come il secondo capitolo di una trilogia tematica basata sugli elementi naturali (dopo l’acqua si passa al fuoco), di cui parliamo nella nostra recensione di Afire.

La trama: scrivi che ti passa

È estate, e i due amici Leon e Felix decidono di passare insieme le vacanze in una casa della famiglia del secondo sulla costa del Mar Baltico. Ci sarà da divertirsi, ma anche da lavorare: Leon deve finire un libro e discuterne con l’editore, mentre Felix deve mettere insieme il materiale necessario per l’ammissione in una scuola d’arte. In teoria, nulla di più semplice, solo che la madre di Felix si è scordata di avvisare il duo che una delle camere è già occupata: c’è Nadja, che si guadagna da vivere nei mesi estivi lavorando nel paesino che si trova dall’altro lato del bosco.

Felix in realtà non ha nulla da obiettare, soprattutto quando salta fuori che l’amante occasionale di lei, tale Devid, tifa per entrambe le squadre; Leon è più irritato, anche se gradualmente impara ad apprezzare la presenza di Nadja. Potrebbe essere un’estate di fuoco, forse anche fin troppo, perché i notiziari locali continuano a parlare di potenziali incendi…

Il cast: quartetto “focoso”

Come accennato in apertura, Paula Beer fa da ponte con Undine come presenza quasi magica che spunta dal nulla per stravolgere la vita del protagonista, mentre il represso Leon è l’attore viennese Thomas Schubert, che aveva già recitato al fianco della collega nel 2014, nel western austriaco The Dark Valley (anch’esso presentato alla Berlinale ai tempi).

Felix ha il volto di Langston Uibel, al primo ruolo cinematografico importante dopo un percorso soprattutto televisivo (ha recitato, tra le altre cose, nella miniserie Unorthodox su Netflix), simile a quello di Enno Trebs che ha un ruolo breve ma carismatico nei panni del bagnino Devid. E poi c’è Matthias Brandt, alla seconda collaborazione cinematografica con Petzold dopo La donna dello scrittore (e un sodalizio televisivo con episodi della serie Police Call 110), nella parte di Helmut, l’editore. Un ruolo che gli si addice per legge del contrappasso, essendo lo stesso Brandt uno scrittore nella vita reale.

Vento di passioni e pericoli

I sentimenti sono sempre stati una componente fondamentale del cinema di Petzold (aspetto sottolineato, a volte in maniera inappropriata, da chi ha tradotto i titoli dei suoi film per il mercato italiano, come Transit divenuto La donna dello scrittore), e questo nuovo lavoro non è da meno. È notevole, fondamentale, vitale il contrasto con Undine, dove il fattore acquatico unito a quello architettonico dava alla trama amorosa un che di geometrico e in apparenza freddo, aumentandone sottilmente la potenza in corso d’opera; qui, con il fuoco evocato sin dal titolo (in tedesco Roter Himmel, “cielo rosso”), la passione è palese dalla prima all’ultima inquadratura, al netto della caratterizzazione di Leon che cerca di celare (male, e spesso con esiti spassosi) il disgelo interiore provocato da Nadja.

Dalla grande città, con i suoi quartieri a volte fin troppo sterili nella costante ricerca della modernità, siamo passati alla natura, con una casa circondata dagli alberi e quasi adiacente alla spiaggia, con il raziocinio limitato al futile tentativo di anteporre il lavoro alla vacanza. L’incendio, distruttivo, si fa anche metafora dell’istinto che non può più essere contenuto, e con esso si scatena la parte più sensuale ed emotiva di un film che fa della crisi creativa l’escamotage perfetto per esibire al meglio la padronanza del mezzo cinematografico da parte di un regista che non smette mai di sorprendere.

La recensione in breve

8.0 Focoso

Christian Petzold parla nuovamente di elementi e sentimenti, con un film che fa della crisis creativa la premessa ideale per un esercizio di passione dalla coerenza emotiva e formale infallibile.

  • Voto CinemaSerieTV 8.0
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