Il film: Babygirl, 2024. Regia: Halina Reijn. Cast: Nicole Kidman, Harris Dickinson, Antonio Banderas, Sophie Wilde. Genere: Erotico, thriller. Durata: 114 minuti. Dove l’abbiamo visto: Su Prime Video, in lingua originale In anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia.
Trama: Una donna di potere viene trascinata in una relazione erotica con un suo dipendente molto più giovane, in cui lui è il dominatore e lei la dominata, relazione che metterà a rischio la vita che si è costruita.
A chi è consigliato? A chi ama i film con protagoniste femminili forti ma con lati oscuri e vulnerabilità. A chi apprezza le storie drammatiche ed i thriller erotici.
Se a Cannes un film sulle sfumature della femminilità in età avanzata – The Substance diretto da Coralie Fargeat con Demi Moore – era stato per noi un vero colpo di fulmine, un film con protagonista un’altra bellissima star nella fase più matura della sua carriera, Nicole Kidman, si è trasformato alla Mostra del Cinema di Venezia in una cocente delusione. Lo associamo al film della Fargeat perché – pur parlando di tematiche completamente diverse – entrambi mettono in primo piano il rapporto della donna con il proprio corpo. Se The Substance – qui la nostra recensione da Cannes – ci aveva positivamente convinto (e sconvolto) Babygirl ci è parso una cozzaglia confusa, che nel suo parlare di femminilità finisce involontariamente per prendere in giro la categoria che cerca di raccontare.
Al centro di questa storia troviamo una protagonista una donna di potere, manager a capo di un azienda di successo, che trova finalmente il coraggio di intraprendere un viaggio alla scoperta della propria sessualità, mettendo però in pericolo, nel farlo, famiglia e carriera. Se l’idea di raccontare come le diverse dimensioni della femminilità si interfacciano e si evolvono, soprattutto in un contesto di “potere” professionale, sarebbe particolarmente interessante, il tono scelto per farlo sembra completamente sbagliato, e la narrazione sfocia presto dal drammatico al ridicolo. Che sia una scelta voluta? Probabilmente, purtroppo però finisce per allontanare lo spettatore dall’elemento più centrale di questa storia, ossia le difficoltà vissute dalla sua protagonista, come analizziamo in questa recensione.
I turbamenti di Nicole
Romy (Nicole Kidman) è una donna affermata, con alle spalle una carriera di successo e con una famiglia solida e amorevole che la appoggia. Una vita perfetta che condivide con il marito Jacob (Antonio Banderas), direttore artistico teatrale appassionato e passionale. Ad incrinare questo ritratto di una vita ideale ci sono però i desideri segreti di Romy, che per quanto nell’ambiente lavorativo adori prendere il comando, nell’intimità anelerebbe essere dominata.
Le sue fantasie trovano uno sfogo con l’arrivo nella sua azienda del giovane Samuel (Harris Dickinson), tirocinante con l’animo da dominatore. Tra i due inizia presto una relazione tormentata, in cui lei scopre lati della propria sessualità che mai aveva esplorato. Ovviamente una situazione di questo tipo non può essere mantenuta segreta a lungo, e Romy teme di mettere in pericolo tutto quello che ha costruito per colpa di Samuel e di quello che prova per lui.
Esplorare la sessualità di una donna (matura)
La premessa del film, ossia quella di esplorare la sessualità femminile nelle sue sfumature, è senza dubbio interessante e “necessaria”, sopratutto visto che tendenzialmente al cinema queste tematiche vengono declinate al maschile. Il problema, nel caso di Babygirl, è che spesso si finisce per sfociare nel ridicolo: ci siamo chiesti più volte se questa deriva da commedia fosse voluta, e se le risate in sala fossero il risultato che la regista voleva ottenere. La domanda che ci siamo posti, quindi, è se questo tono fosse quello “giusto” da dare ad una storia come questa, perchè – e chi scrive è una donna – ci siamo sentite a più riprese infastidite del trattamento riservato al personaggio interpretato da Nicole Kidman. Le donne di potere saranno sempre “irrisolte” in altri contesti della loro vita, e una volta raggiunto il successo finiranno per mettere tutto in pericolo per seguire i propri istinti. I bisogni di Romy – che a conti fatti sono trasgressivi sì, ma nulla di così sconvolgente e di mai visto sul grande schermo – in certi momenti vengono quasi ridicolizzati, involontariamente trattati come se fossero qualcosa che sia giusto prendere in giro.
Il problema più grave, a nostro parere, è che la natura di questi desideri non viene mai veramente esplorata: all’inizio del film si accenna al fatto che lei sia cresciuta “tra comuni e sette”, cosa che fa immaginare allo spettatore che si approfondirà il passato della protagonista declinando le radici “religiose e spirituali” di alcuni dei suoi bisogni. Purtroppo però alla questione non viene più fatta menzione, lasciando la costruzione del personaggio di Romy incompleta e “irrisolta“.
I due protagonisti: Nicole Kidman e Harris Dickinson
Non aiuta, purtroppo, la completa mancanza di sex appeal del coprotagonista maschile di questa storia, Harris Dickinson (caratteristica che invece funzionava particolarmente bene in Triangle of Sadness di Ruben Östlund), al punto che certe scene tra lui e Nicole Kidman finiscono per non sembrare realistiche. Che cosa ha spinto una donna come lei a notarlo? A mettere tutto a rischio per lui?
Nicole Kidman è sempre splendida, anche in una storia come questa, e come interprete fa davvero del suo meglio per dare credibilità a sostanza al suo personaggio. Non è facile comprendere alcune delle sue scelte, e delle pieghe prese dalla narrazione, ma siamo comunque attratti da lei e dal suo carisma.
La recensione in breve
Il film diretto da Halina Reijn esplora un argomento interessante e "necessario", ma lo fa con il tono sbagliato. Sempre bravissima Nicole Kidman.
Pro
- Nicole Kidman ce la mette tutta per rendere credibile il suo personaggio...
Contro
- ...ma si scontra con il tono sbagliato con cui viene narrata la storia.
- Harris Dickinson non trasuda il giusto sex appeal.
- Certe scelte narrative ci sono sembrate sbagliate.
- Voto CinemaSerieTV