Il film: Black Flies, 2023. Regia di Jean-Stéphane Sauvaire. Cast: Sean Penn, Tye Sheridan, Michael Pitt, Katherine Waterston, Mike Tyson e Raquel Nave.
Genere: avventura, azione Durata 120 minuti. Dove lo abbiamo visto: anteprima stampa al Festival di Cannes, in lingua originale.
Trama: Ollie è un giovane paramedico alle prime armi, il ragazzo verrà guidato negli orrori del lavoro sul campo dal ruvido veterano Rut.
I film che raccontano situazioni difficili con crudo ed esasperato realismo hanno da sempre un certo spazio (e successo) nelle kermesse internazionali: i titoli che mirano a sconvolgere per coinvolgere non mancano mai nelle selezioni festivaliere, e la nuova opera di Jean-Stéphane Sauvaire cerca la strada per il cuore dello spettatore proprio attraverso una storia di questo tipo, seguendo le disavventure notturne di un giovane paramedico, tra rianimazioni disperate, parti in casa da madri tossicodipendenti e recupero di cadaveri abbandonati da giorni.
Come vedremo però in questa recensione di Black Flies, il film con Sean Penn e Tye Sheridan più che trascinare lo spettatore quasi lo costringe ad estraniarsi: chi guarda finisce per sentirsi anestetizzato da quanto accade sullo schermo, dal susseguirsi infinito di tragedie e situazioni disperate, poco coinvolto nel viaggio infernale dei suoi protagonisti e scarsamente toccato da una conclusione che si trascina ben più a lungo di quel che sarebbe necessario.
La trama: le notti di Ollie e Rut
Ollie (Tye Sheridan) è un paramedico che, per prepararsi agli esami di ingresso alla facoltà di medicina, lavora ogni notte nelle ambulanze di New York. Nelle sue prime settimane sul campo viene affiancato a Gene Rutkovsky (Sean Penn), detto “Rut”, un veterano da decenni, addirittura tra i primi soccorritori durante l’11 settembre. Il primo ingenuo ma desideroso di imparare e di salvare vite, il secondo esperto e segnato dalle mille tragedie a cui ha assistito, ma pronto ad insegnare tutto quello che sa al giovane collega. I due non potrebbero essere più diversi ma, notte dopo notte, intervento dopo intervento, stringono un legame di sincera amicizia, fatta di fiducia, ammirazione e rispetto.
Un rispetto che, però, porterà Ollie a ignorare volutamente alcuni comportamenti poco ortodossi del collega…
L’inferno a New York
Se le premesse di questa storia potrebbero essere anche interessanti, Black Flies si perde, come vi anticipavamo in apertura, in un esecuzione incapace di coinvolgere: nell’adattare il romanzo di Shannon Burke, Sauvaire confeziona un film che vorrebbe essere un racconto di formazione ma che è più un viaggio in un inferno dantesco, in cui Dante e Virgilio assistono a situazioni sempre più drammatiche e disperate, non ricevono alcun tipo di riconoscimento per le loro azioni e si ritrovano ad alienarsi sempre di più. Con loro però anche lo spettatore finisce progressivamente per distaccarsi dalla vicenda, perdendo anche interesse per il destino dei due protagonisti.
Ci sono degli spunti che sarebbe stato stimolante sviluppare – come il discorso dell’eutanasia su pazienti senza speranza dietro le porte chiuse delle ambulanze – ma nel miasma di disperazione e tragedie sembra perdersi la voglia per cercare quel necessario approfondimento in più.
L’apprendista e il cowboy
Tye Sheridan funziona piuttosto bene nel ruolo di “giovane apprendista”, parte che aveva già interpretato nel recente Il collezionista di carte di Paul Schrader. Il suo Ollie affronta le situazioni più terribili cercando di non perdere la sua umanità, ma finisce per essere sempre più schiacciato dalla realtà che lo circonda. Sean Penn rende il suo Rut un cowboy vecchio stile, segnato da mille battaglie e completamente votato al suo lavoro (tanto che ha divorziato più volte perché non è mai riuscito a trovare un equilibrio tra vita famigliare e professionale). Entrambi i personaggi faticano però a creare una connessione emotiva con lo spettatore, risultando piuttosto respingenti nei loro estremi.
Gli altri personaggi che gravitano attorno ai protagonisti – Michael Pitt nel ruolo di un altro paramedico e Mike Tyson in quello del loro capo – sono tratteggiati con superficialità (e ci sono sembrati anche un po’ caricaturali). Il comparto femminile della storia, inoltre, è un po’ scarso, troviamo solo Raquel Nave nel ruolo della ragazza (sempre svestita) di Ollie e Katherine Waterston in quello dell’ex moglie di Rut; ma, d’altronde, nel mondo duro, disperato – e machista -in cui vivono i nostri protagonisti non esistono nemmeno paramedici donne.
La recensione in breve
Il film con Sean Penn e Tye Sheridan non convince ne coinvolge, lasciando in sospeso alcuni spunti davvero interessanti che avere meritato il giusto approfondimento.
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Voto CinemaSerieTV