Il film: Bussano alla porta (Knock at the Cabin), 2023. Regia: M. Night Shyamalan. Cast: Dave Bautista, Jonathan Groff, Ben Aldridge, Nikki Amuka-Bird, Rupert Grint.
Genere: Thriller, fantasy. Durata: 110 minuti. Dove l’abbiamo visto: al cinema, dal 2 febbraio.
Trama: La quiete di una famiglia composta da una coppia di uomini e una bambina viene stravolta quando dei misteriosi individui irrompono nella loro casa chiedendo un sacrificio per scongiurare la fine del mondo.
I racconti alla base dei film di M. Night Shyamalan sono spesso dei racconti morali, se non proprio delle fiabe (The Village, Lady in the Water, The Visit), che attraverso il mistero e la paura pongono i personaggi di fronte a situazioni da cui imparare qualcosa, scoprire un lato dell’umanità. In questa recensione di Bussano alla porta, vi spieghiamo perché il suo ultimo film è forse il più radicale ed esplicito dei suoi morality play.
La trama: uno per tutti
I protagonisti del film sono una famiglia, due papà e una figlia adottata, che stanno trascorrendo una vacanza in una casa di campagna. All’improvviso, irrompe un gruppo di persone, normali e terrificanti al tempo stesso, che li tiene prigionieri chiedendo loro un sacrificio: uccidere uno dei membri della famiglia per salvare l’umanità. Tra paura per ciò di cui questi tipi sono capaci e incredulità per l’annuncio di un’apocalisse, i tre dovranno cercare di liberarsi.
Ispirato al romanzo La casa alla fine del mondo di Paul Tremblay, Bussano alla porta è un thriller in cui il lato fantasy o horror sembra sotteso alla sua struttura, al meccanismo semplice ed efficacissimo della scelta morale impossibile che però poco per volta svela doppi e tripli misteri che la sceneggiatura scritta da Shyamalan con Steve Desmond e Michael Sherman riesce a rendere in modo organico alla questione principale, ossa il conflitto tra benessere comunitario e personale.
Tutti per uno
Bussano alla porta è un film tanto fedele al percorso cinematografico che ha reso famoso il regista di origine indiana quanto sottilmente differente: fedele nello stile, fatto di una cura superiore dell’inquadratura (la fotografia qui è curata da Jarin Blascke), nella composizione dell’immagine, nel senso geometrico della visione in cui spesso i personaggi sono in posizioni inusuali rispetto al frame classico, il che dona allo spettatore un continuo senso di allarme e lo costringe a stare attento a ciò che vede; fedele nella suspense costante che è anche il veicolo di comunicazione delle sue parabole; fedele, come si diceva all’inizio, per la complessità morale dello script che si lega perfettamente alla tensione della narrazione.
Dove il film può risultare un po’ diverso dalla filmografia di Shyamalan è nell’esplicita questione etica e religiosa del plot, che diviene da subito il fulcro della storia, che muove i personaggi e fa progredire la storia: è una scelta onesta e diretta, che dà al film il ritmo spiccio e preciso che è un’altra delle caratteristiche dei film che il regista ha realizzato negli ultimi anni, ma d’altro canto gli toglie un po’ di fascino e mistero, quel senso dell’attesa e della sospensione che avevano anche film più imperfetti, ma più suadenti, come Old e che qui potrebbe essere scambiata (a torto) per un film cristiano e un po’ integralista. In ogni caso, Bussano alla porta è dal punto di vista cinematografico un film molto compatto, diretto e senza sbavature, capace di far risuonare la propria vicenda nello spettatore grazie al talento di Shyamalan di portare il racconto sull’orlo di un abisso senza mai perdere la credibilità e la vicinanza al mondo di chi guarda. Un talento di cui un autore di fantascienza e simili non può fare a meno.
La recensione in breve
Bussano alla porta continua a lavorare sul modo di mettere in scena e inquadrare la tensione tipico di Shyamalan, spostando l'attenzione dalla fiaba al racconto morale: meno suadente di altri suoi film, ma più efficace e compatto.
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Voto CinemaSerieTV