Il film: Captain Marvel, 2019. Regia: Anna Boden, Ryan Fleck. Cast: Brie Larson, Samuel L. Jackson, Ben Mendelsohn, Lashana Lynch, Gemma Chan, Djimon Hounsou, Clark Gregg, Lee Pace, Annette Bening, Jude Law.
Genere: Fantascienza, azione. Durata: 124 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Disney+, in lingua originale.
Trama: Carol Danvers, guerriera del popolo alieno Kree, scopre la verità sul proprio passato quando si ritrova abbandonata sulla Terra.
Arrivati al ventunesimo film, e privati della zavorra che era Ike Perlmutter con il potere decisionale definitivo, i Marvel Studios hanno finalmente potuto puntare su uno dei personaggi più popolari e longevi della celebre casa editrice: Carol Danvers. E del suo debutto sul grande schermo parliamo in questa nostra recensione di Captain Marvel.
La trama: alla ricerca del passato perduto
Siamo nel 1995, quindici anni prima degli eventi di Iron Man. È in corso una guerra tra i Kree e gli Skrull, con questi ultimi che hanno il vantaggio tattico di potersi trasformare in chiunque, alterando anche il loro DNA. Durante una missione di routine, la guerriera Vers, al servizio dell’impero Kree, si ritrova abbandonata sulla Terra, e la sua presenza attira l’attenzione di Nick Fury, agente dello S.H.I.E.L.D. Insieme i due cercheranno di capire come sconfiggere la minaccia aliena, nonché risolvere il mistero del passato di Vers, che non ha alcun ricordo prima del 1989 e sarebbe in realtà Carol Danvers, una donna umana scomparsa senza lasciare traccia…
Il cast: Carol, ti presento Nick
Carol è Brie Larson, e al suo fianco torna il Nick Fury di Samuel L. Jackson, alla sua nona apparizione nel Marvel Cinematic Universe. Dai film precedenti tornano anche Clark Gregg (Phil Coulson), Djimon Hounsou (Korath) e Lee Pace (Ronan), mentre la principale new entry, nel ruolo di Talos, leader degli Skrull, è l’attore australiano Ben Mendelsohn. Lashana Lynch interpreta Maria Rambeau, migliore amica di Danvers, e Gemma Chan, successivamente apparsa in un ruolo diverso in Eternals, è Minn-Erva, membro della squadra Kree capitanata da Yon-Rogg (Jude Law). Annette Bening è la Suprema Intelligenza, massima autorità dell’impero Kree, che si manifesta con un volto diverso a seconda dell’interlocutore. Stan Lee, nel primo di due camei postumi, appare nei panni di sé stesso mentre sta memorizzando la sua parte in Generazione X di Kevin Smith, uscito nel 1995. A lui è anche dedicata la consueta sigla iniziale della Marvel, che omaggia tutte le sue apparizioni nei film precedenti e si chiude con la dedica “Grazie, Stan”.
Tornare indietro
Captain Marvel è, innanzitutto, un grande passo avanti per il MCU, con il primo film ad avere una protagonista femminile, mossa ostacolata per anni da Ike Perlmutter che non voleva nemmeno un’antagonista donna (nel caso di Iron Man 3) per questioni di merchandising. Ma è anche un ritorno alle origini, alla nascita del franchise, con la contestualizzazione di elementi noti in un ambito solo apparentemente nostalgico, perché sotto la scorza di ilarità che può generare il riconoscere canzoni e luoghi (a volte con un po’ di amarezza, come nel caso della sequenza ambientata in un Blockbuster) c’è una componente più malinconica tramite il racconto di una donna a cui è stato rimosso il passato. È un film al femminile, e un film femminista (adattando discorsi che Danvers faceva già nelle sue prime apparizioni nei fumetti negli anni Sessanta), ma anche un film profondamente umano, sull’uguaglianza nel vero senso del termine, senza distinzioni in base a presunte superiorità. E in tal senso, è una meravigliosa coincidenza che proprio questo sia il lungometraggio con la dedica iniziale a Stan Lee, i cui editoriali nelle varie testate Marvel inneggiavano sempre alla tolleranza e al rispetto reciproco.
Gioventù posticcia
In mano ai coniugi Anna Boden e Ryan Fleck, l’avventura d’esordio di Carol diventa la giusta commistione di intimo ed epico, ed è significativo che in termini di effetti speciali lo sforzo maggiore sia stato effettuato non per una delle (spettacolari) scene d’azione, ma per un elemento molto più piccolo e umano: le performance di Samuel L. Jackson e Clark Gregg, ringiovaniti di un quarto di secolo per diventare i Fury e Coulson di allora, con un sistema ormai collaudato – la Marvel lo aveva già usato per Guardiani della Galassia Vol. 2, Captain America: Civil War e i primi due Ant-Man – ma per la prima volta usato per l’intero film e non solo per sequenze specifiche (e senza l’ausilio di una controfigura sul set, a causa dell’impatto che avrebbe avuto sulla durata delle riprese). Un lavoro certosino e praticamente invisibile – salvo per alcuni momenti in cui Fury corre e si nota la vera età di Jackson – che eleva il fattore personale di quello che poteva essere “solo” l’ennesimo film di supereroi.
La recensione in breve
Brie Larson si integra perfettamente nel Marvel Cinematic Universe dando vita a Carol Danvers, in un film che si serve del passato per meditare sul presente e pensare il futuro.
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