Il film: Club Zero del 2023. Regia di: Jessica Hausner. Cast: Mia Wasikowska, Ksenia Devriendt, Luke Barker, Samuel D. Anderson. Genere: Drammatico. Durata 110 minuti. Dove lo abbiamo visto: anteprima stampa al Festival di Cannes, in lingua originale.
Trama: Una nuova insegnante porta i rampolli di un prestigioso collegio inglese a rifiutare il cibo, convincendoli che se lo faranno avranno accesso ad un mondo migliore.
Già passata alle kermesse internazionali con l’acclamato Lourdes (nel 2009 a Venezia) e con il meno apprezzato Little Joe (nel 2019 a Cannes), Jessica Hausner torna in Concorso al Festival francese con una nuova opera, questa volta con protagonista Mia Wasikowska. Come vedremo in questa recensione di Club Zero, il messaggio che l’autrice vuole trasmettere con il suo film arriva molto chiaramente al pubblico, si tratta di un’aspra critica alla società di oggi e a certi suoi estremi, ma forse la sua forza si perde negli esasperati formalismi (a nostro parere un pò fini a se stessi) di cui si fa uso.
La trama: lezioni per non mangiare
Al centro di questa storia troviamo Miss Novak (Mia Wasikowska), un’insegnante assunta da poco in un prestigioso collegio inglese per introdurre i giovani rampolli al “nutrirsi consapevolmente”. I partecipanti si iscrivono al suo corso per ragioni diverse: c’è chi vorrebbe migliorare le proprie performance sportive, chi pensa all’ambiente e al futuro del pianeta, chi lo fa per sentirsi bene con sé stesso e chi semplicemente vorrebbe qualche credito in più per ottenere una borsa di studio. Se le lezioni iniziano in maniera piuttosto innocua, ossia con l’insegnamento di tecniche per approcciarsi ai pasti in maniera più cosciente ed informata, con il tempo Miss Novak spinge i giovani alunni a demonizzare sempre di più il cibo. Tra loro c’è chi è più suscettibile all’indottrinamento – come la giovane Elsa (Ksenia Devriendt), già bulimica, o il ballerino (diabetico) Fred (Fred (Luke Barker), trascurato dai genitori che vivono all’estero – e chi invece resiste, come Ben (Samuel D. Anderson), ma che però presto cederà per le pressioni del gruppo a conformarsi.
A quali estremi potranno arrivare questi ragazzi che si rifiutano di mangiare? Qual è lo scopo di Miss Novak? Con atmosfere inquietanti che si fanno sempre più affini a quelle del thriller – più che della commedia nera satirica – Jessica Hausner ci obbliga a seguire la progressiva discesa all’inferno dei suoi protagonisti, che perderanno sempre di più il contatto, oltre che con i propri genitori e gli altri adulti, anche con la realtà che li circonda, arrivando a credere che otterranno l’accesso ad altro mondo, idilliaco, se solo continueranno a non nutrirsi.
Anoressia e sette
Jessica Hausner parte dall’ossessione tutta contemporanea per il mangiare sano, per le diete – che non si possono più chiamare diete, ma principi di una sana alimentazione – che al giorno d’oggi sembrano essere diventate la chiave per una vita migliore. In un mondo che ci spaventa, e che esula dal nostro controllo, poter controllare quello che ingeriamo sembra la chiave migliore per poter migliorare il presente, non solo il nostro aspetto fisico e la salute del nostro corpo, ma anche quella del resto del pianeta (minacciato dall’eccessivo consumismo). La maschera di salutismo nel film della Hausner si crolla però velocemente, rivelando i comportamenti alimentari dei protagonisti per quello che sono, ossia la “cara vecchia” e semplice anoressia.
Il passo ulteriore dell’autrice è quello di paragonare l’indottrinamento all’anoressia messo in atto da Miss Novak a quello che accade nel contesto di una setta: i protagonisti vengono separati dai loro coetanei e da chi gli vuole bene, gli viene fatto credere di essere speciali e che, comportandosi in un certo modo, saranno gli unici eletti ad avere accesso ad un nuovo mondo più felice.
Una critica alla società contemporanea
A rendere il tutto ancor più inquietante la reazione degli adulti che li circondano: dai più non curanti a quelli che travisano completamente la situazione, permettendo a Miss Novak di avere libero accesso ai loro figli. L’unica che sembra accorgersi di quel che sta accadendo è la madre di Ben, sigle e dalla situazione economica nemmeno lontanamente paragonabile a quella degli altri genitori, ma che non ha gli strumenti per aiutare le giovani vittime. Chi li avrebbe si accorge troppo tardi di dover fare qualcosa, preoccupato più di ammettere il proprio errore nell’aver fatto assumere la donna che di proteggere i propri figli.
Ed è in questo che la critica alla società di oggi messa in atto dalla Hausner si fa più feroce ed efficace, raccontando una classe di privilegiati accecati dal proprio falso buonismo e dall’ostentata (ma falsa) apertura mentale.
L’inquietante Mia Wasikowska
Mia Wasikowska funziona molto bene nel ruolo della leader spirituale, pacata, autoritaria e devota a pratiche come lo yoga, la meditazione e a credenze spirituali verso una divinità materna non ben identificata. Nella sua esasperata gentilezza l’attrice infonde al personaggio un’aria progressivamente più sinistra ed inquietante.
L’efficacia del messaggio che l’autrice vuole diffondere, però, si perde come anticipavamo nei formalismi che costellano il film: la lentezza esasperata di certe sequenze e dialoghi, giusto per fare un esempio, non fa che spogliare di naturalezza il racconto, rendendo così meno incisivo ciò che Hausner vorrebbe trasmetterci. Certe situazioni ci sono sembrate più un esercizio di stile fine a se stesso (ricercando un’estetica alla Wes Anderson) che la critica graffiante che un film come questo presuppone. La ferocia di alcune scene, e ci riferiamo in particolare a quella che ha per protagonista la giovane Elsa, rifocalizza brevemente gli intenti dell’autrice, ma non è sufficiente a riscattare l’intera pellicola e a renderla più tagliente e significativa.
La recensione in breve
La critica alla società contemporanea sottintesa dal film non è così feroce come la sua autrice vorrebbe, molto brava però Mia Wasikowska nel ruolo di leader spirituale, inquietante e sinistra.
- Voto CinemaSerieTV