Il film: Confini e dipendenze, 2021. Regia: Nicholas Jarecki. Cast: Gary Oldman, Armie Hammer, Evangeline Lilly. Genere: Thriller. Durata: 118 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix.
Trama: Sullo sfondo di un’anomala serie di overdose da farmaci oppioidi, si incrociano le strade di un agente della DEA sotto copertura, di un professore universitario e di una madre che ha appena perso suo figlio.
Tentando di fare con l’epidemia di oppioidi ciò che Steven Soderbergh fece nel 2000 con la guerra alla droga nel suo cult Traffic, Confini e dipendenze di Nicholas Jarecki mette in scena tre trame inizialmente separate – un agente della DEA sotto copertura, un professore e ricercatore universitario e una madre tossicodipendente in lutto – per poi intrecciarle insieme e dar vita a una narrazione piuttosto avvincente che può contare su attori del calibro di Gary Oldman, Armie Hammer ed Evangeline Lilly. Un film che, oltre ad essere un thriller di intrattenimento, mira a puntare i riflettori su un grave problema di salute pubblica degli Stati Uniti, iniziato alla fine degli anni ’90 ma cresciuto esponenzialmente tra il 2016 e il 2021, quando sono più che triplicate le morti per overdose dovute all’assunzione di oppioidi sintetici.
Nella nostra recensione di Confini e dipendenze vedremo come il lavoro di Jarecki abbia il merito di affrontare tematiche importanti, seppur la complessità dell’argomento meriterebbe forse uno sviluppo più ampio, magari in forma di miniserie. Il cast – come si può già evincere sulla carta – è di talento e riesce spesso a sopperire alla caratterizzazione un po’ debole (e a volte stereotipata) dei personaggi e a un ritmo non sempre costante. Tutto sommato, un film coinvolgente nel momento in cui lo si guarda ma facilmente dimenticabile.
Tre vite, un unico comun denominatore
Sullo sfondo di un’anomala serie di overdose da Fentanyl, si incrociano le strade di tre persone apparentemente lontane tra loro ma tutte accomunate dalla lotta quotidiana ai farmaci oppioidi. Jack (Armie Hammer) è un agente della DEA sotto copertura che, con l’aiuto della propria squadra, mira a smantellare il giro di contrabbando di Fentanyl e ossicodone gestito da un gruppo di armeni sul confine tra Canada e Stati Uniti. Allo stesso tempo, cerca di prendersi cura della sorella (interpretata da Lily-Rose Depp), una tossicodipendente che alterna ricoveri in strutture a continue ricadute. Claire (Evangeline Lilly) è un’architetta ex-tossicodipendente che, oltre alla propria lotta interiore con la passata dipendenza, si ritrova ad affrontare la perdita improvvisa del figlio 16enne David, morto a causa di un’overdose da ossicodone. Un evento che spinge la donna ad improvvisarsi investigatrice per portare a galla la verità sulla tragica fine del ragazzo. Infine, il dott. Tyrone Brower (Gary Oldman) è un professore e ricercatore universitario impegnato nello studio di un nuovo farmaco, il Klaralon, che promette di ridurre drasticamente il rischio di dipendenza. L’uomo, però, si ritroverà presto a combattere contro la causa farmaceutica che finanzia il progetto, dopo essersi reso conto che il medicinale potrebbe causare più morti addirittura dell’ossicodone.
Un dramma reale
Come viene specificato nell’introduzione di Confini e dipendenze, il film di Nicholas Jarecki è ispirato a fatti realmente accaduti. Ma, anche se i personaggi ritratti non avessero alcuna attinenza con la realtà, ciò che invece purtroppo è più che veritiero è il grave problema di salute pubblica che qui viene affrontato, ovvero la crisi degli oppioidi negli Stati Uniti. Si tratta di un’emergenza sanitaria che ha dilaniato l’America dalla fine degli anni Novanta fino al 2022, causando quasi un milione di morti per overdose da oppioidi legali (primo fra tutti il Fentanyl) e illegali (come l’eroina). Una tragica epidemia alimentata da un lato dall’eccessiva prescrizione di farmaci analgesici derivati dall’oppio per il trattamento del dolore cronico, dall’altro dalla quasi totale indifferenza della classe politica, che ha riconosciuto il problema solo nel 2017, sotto l’amministrazione Trump.
Se Pain Hustlers – Il business del dolore (di cui trovate la nostra recensione) affrontava il problema dal punto di vista delle case farmaceutiche – colpevoli di aver attuato un modello di business basato sulla corruzione e sull’incentivo delle prescrizioni mediche di tali farmaci -, qui assistiamo a un ribaltamento del punto di vista, o sarebbe meglio dire dei punti di vista. Lo spettatore viene infatti condotto in un drammatico viaggio attraverso le storie di coloro che devono fare i conti in prima persona con l’impatto che l’abuso di sostanze ha sulla propria vita e su quella dei propri cari.
Molta carne al fuoco
Come si può facilmente evincere, quello della crisi degli oppioidi è problema enorme e complesso, che richiederebbe molto tempo per poter essere completamente sviscerato. Certamente Confini e dipendenze non si prefigge di indagare la questione nella sua totalità, ma è comunque chiaramente progettato per andare a toccare tutti gli aspetti di questa emergenza di salute nazionale in continua escalation, chiamando in campo tutti i soggetti potenzialmente coinvolti, dalle forze dell’ordine ai tossicodipendenti, dalle case farmaceutiche ai ricercatori nel campo dei farmaci. Un progetto di certo ambizioso, il cui “approccio” globale dà però spesso l’impressione che sia stata messa davvero troppa carne al fuoco, finendo spesso per scadere nello stereotipo. Una conseguenza pagata soprattutto dai suoi protagonisti, ai quali viene riservato uno spazio molto limitato per svilupparsi al di là dei cliché che li definiscono. Probabilmente la scelta di strutturare il film in una miniserie sarebbe stata più azzeccata e avrebbe permesso di indagare con più calma e accuratezza i singoli percorsi dei tre personaggi principali prima che le loro strade si intreccino.
La recensione in breve
Confini e dipendenze ha il merito di affrontare tematiche importanti, seppur la complessità dell'argomento meriterebbe forse uno sviluppo più ampio, magari in forma di miniserie. Il cast - come si può già evincere sulla carta - è di talento e riesce spesso a sopperire alla caratterizzazione un po' debole (e a volte stereotipata) dei personaggi e a un ritmo non sempre costante. Tutto sommato, un film coinvolgente nel momento in cui lo si guarda ma facilmente dimenticabile.
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