Il film: Pain Hustlers – Il business del dolore, 2023. Regia di: David Yates. Cast: Emily Blunt, Chris Evans, Catherine O’Hara, Andy Garcia. Genere: Drammatico. Durata: 124 minuti. Dove l’abbiamo visto: in anteprima su Netflix.
La trama: Una madre single con pochi soldi ma grandi ambizioni coglie una redditizia opportunità nel settore farmaceutico. Fino a che punto la donna sarà disposta a spingersi per portare al successo un nuovo antidolorifico contenente fentanyl?
Ispirato a un articolo del New York Times del giornalista Evan Hughes successivamente diventato un libro, Pain Hustlers – Il business del dolore ruota attorno all’ascesa della fittizia Zanna Therapeutics (che si rifà alla vera Insys Therapeutics), azienda farmaceutica responsabile di un pericoloso modello di business che ha contribuito a quella che è tristemente conosciuta come la crisi degli oppioidi negli Stati Uniti. Protagonista delle vicende è Liza Drake (interpretata da Emily Blunt), madre single e in difficoltà economiche che, grazie alle proprie capacità e a una determinazione fuori dal comune, riuscirà a fare carriera contribuendo alla diffusione di un pericoloso farmaco analgesico derivato dall’oppio. Al fianco della Blunt, troviamo attori del calibro di Chris Evans, Andy Garcia e Catherine O’Hara.
Nonostante queste ottime premesse, come vedremo nella nostra recensione di Pain Hustlers – Il business del dolore, il film diretto da David Yates manca di mordente e non riesce ad approfondire i temi che vorrebbe portare alla ribalta, dalla già citata crisi degli oppioidi alle problematiche del sistema sanitario americano. Si dedica invece con troppa solerzia al voler assomigliare a una brutta copia di The Wolf of Wall Street, mentre consegna al pubblico dei personaggi che finiscono per essere delle caricature di se stessi. L’unica sopravvissuta a questa strage è Emily Blunt.
La trama: eliminare il dolore
Liza Drake (Emily Blunt) è una madre single della classe operaia che cerca di sbarcare il lunario – con scarsi risultati – lavorando in uno strip club. Proprio qui, conosce il rappresentante farmaceutico Pete Brenner (Chris Evans) che, impressionato dalle capacità comunicative della donna, le propone di lavorare con lui alla Zanna Therapeutics, azienda farmaceutica diretta dall’eccentrico Jack Neel (Andy Garcia). La mansione di Liza è tanto semplice a parole quanto complessa nella realtà dei fatti: riuscire a far prescrivere ai medici il Lonafen, un farmaco per la terapia del dolore oncologico a base di Fentanyl, un oppioide sintetico. Malgrado la sua inesperienza nel settore, la donna si dimostra fin da subito estremamente capace e porta la Zanna Therapeutics dal rischio di fallimento all’essere una tra le principali azienda del mercato dei farmaci. Nonostante il successo repentino e il conto in banca rimpinguato, però, Liza si ritroverà presto di fronte alla verità dei fatti: il Lonafen non è così innocuo come vorrebbero far credere e lei potrebbe essere complice di una cospirazione criminale.
La crisi degli oppioidi
Dopo la serie tv Painkiller (di cui trovate la nostra recensione) Netflix torna a parlare della crisi degli oppioidi, una devastante emergenza sanitaria che ha coinvolto gli Stati Uniti tra la fine degli anni ’90 e il 2022, provocando quasi un milione di morti a causa di overdose. Una vera e propria strage silenziosa che ha visto tra le sue cause anche l’incontrollata prescrizione di farmaci analgesici derivati dall’oppio per il trattamento del dolore cronico, con il conseguente abuso e sviluppo di dipendenza. Come si è arrivati a una tale situazione? Uno sfortunato connubio tra fattori socio-demografici e la disattenzione della politica, che ha riconosciuto il problema soltanto nel 2017 con l’amministrazione Trump. Pain Hustlers – Il business del dolore si muove in questo contesto, ispirandosi alla vera storia della Insys Therapeutics – di cui parla l’articolo di Hughes per il New York Times -, azienda farmaceutica il cui modello di business, improntato sulla disonestà e sulla corruzione, ha fatto sì che il proprio farmaco a base di Fentanyl arrivasse nelle case di più pazienti possibile.
Una moderna Erin Brockovich
Benché le premesse siano un po’ diverse, è facile guardare Liza Drake e correre con la mente ad Eric Brockovich, attivista statunitense magistralmente interpretata da Julia Roberts nel celebre film del 2000 diretto da Steven Soderbergh. Proprio come la Brockovich, quella a cui presta il volto Emily Blunt è una donna in difficoltà economiche ma con grande spirito di iniziativa che, grazie alla propria determinazione, riesce a raggiungere gli obiettivi che si è prefissata. Obiettivi ai quali però è anche disposta a rinunciare, quando si rende conto della corruzione all’interno dell’azienda e che, forse, quel farmaco miracoloso può in realtà generare sofferenza nei pazienti. Sebbene il denaro permetta a Liza di rientrare in possesso della propria dignità, la donna non vuole rinunciare a se stessa e, attraverso un esame di coscienza, si renderà conto che la brama di rispetto e denaro le ha fatto perdere di vista il modo in cui stava ottenendo ciò che aveva sempre desiderato.
Emily Blunt è senza alcun dubbio la parte migliore di Pain Hustlers, che può contare su una protagonista complessa e avvincente, capace di scatenare forti emozioni nel pubblico e di spingerlo alla riflessione. Da evidenziare in particolar modo è il rapporto della donna con la figlia adolescente Phoebe (Chloe Coleman), una relazione portata in scena in modo estremamente delicato al quale il film concede tutto il tempo necessario per svilupparsi. Peccato che, la sceneggiatura del film, non sia all’altezza della sua Liza Drake.
Mancanza di mordente
Pain Hustlers è il tipo di prodotto costellato di star che Netflix spinge per un paio di settimane, solo per poi essere velocemente dimenticato dal pubblico. Nonostante il materiale interessante e un cast a dir poco d’eccezione, il film diretto da David Yates manca di mordente e non fa nulla per approfondire i temi che vorrebbe portare alla ribalta, dalla già citata crisi degli oppioidi alle problematiche del sistema sanitario americano. Quest’ultimo, infatti, è organizzato in modo tale da poter essere facilmente sfruttato da aziende come la Zanna Therapeutics, ma invece di evidenziare quelli che sono gli aspetti malati del sistema, mostra solo il modo in cui determinate persone riescono ad aggirarlo attraverso la corruzione e la minaccia, per poi non ricevere pene abbastanza severe da fungere come deterrente. Quella che poteva quindi essere una critica costruttiva finisce per diventare solo una bruttissima copia di The Wolf of Wall Street, tra sequenze edonistiche, feste eccessive e consumo smodato di droghe. Tutte scene che, tra l’altro, non riescono in alcun modo a coinvolgere tantomeno a divertire il pubblico.
Il cast di Pain Hustlers – Il business del dolore
È quindi normale che di fronte a tutto questo finisca per soccombere anche un cast composto da nomi del calibro di Chris Evans, Catherine O’Hara, Andy Garcia ed Emily Blunt. Come abbiamo già detto, infatti, quest’ultima è l’unica che riesce ad emergere con la sua Liza Drake, mentre gli altri personaggi finiscono per diventare solamente delle caricature di se stessi. Chris Evans è a dir poco sprecato per Pain Hustlers, con un ruolo scontato fino alla nausea, nessuna emozione e battute che definire poco memorabili sarebbe un eufemismo. Il Jack Neel di Andy Garcia ha la capacità di racchiudere in sé qualsiasi tipo di cliché immaginabile che potremmo affibbiare al capo di un’azienda corrotta e Catherine O’Hara nei panni della madre di Liza semplicemente non ha senso di esistere, non per colpa dell’attrice ovviamente. Davvero un gran peccato.
La recensione in breve
Pain Hustlers - Il business del dolore manca di mordente e non riesce ad approfondire i temi che vorrebbe portare alla ribalta, dalla già citata crisi degli oppioidi alle problematiche del sistema sanitario americano. Si dedica invece con troppa solerzia al voler assomigliare a una brutta copia di The Wolf of Wall Street, mentre consegna al pubblico dei personaggi che finiscono per essere delle caricature di se stessi. L'unica sopravvissuta a questa strage è Emily Blunt.
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