Il film: Dante, del 2022. Regia di Pupi Avati. Cast: Sergio Castellitto, Alessandro Sperduti, Carlotta Gamba, Alessandro Haber, Gianni Cavina, Enrico Lo Verso. Genere: drammatico, storico. Durata: 90 minuti. Dove lo abbiamo visto: in anteprima stampa.
Trama: Nel settembre del 1350, Giovanni Boccaccio viene incaricato di consegnare dieci fiorini d’oro come risarcimento a Suor Beatrice, figlia di Dante Alighieri, che è diventata suora a Ravenna. Sarà un viaggio lunghissimo per Boccaccio che, oltre alla figlia del poeta, farà la conoscenza di coloro che in vita offrirono riparo oppure misero in fuga l’intellettuale fiorentino, tacciato di eresia dalla Santa Chiesa per la sua Divina Commedia ed esiliato da Firenze per le sue idee politiche. Seguendo una traiettoria fatta di luoghi, castelli, piazze e palazzi che lo avevano ospitato prima della sua morte a Ravenna nel 1321, Boccaccio ripercorrerà la storia mai raccontata di Dante Alighieri e della sua anima geniale e tormentata.
Non è facile raccontare Dante Alighieri sul grande schermo, la sua vita pubblica e privata, le sue opere letterarie, la sua filosofia e la sua straordinaria importanza nella letteratura e nella cultura italiana prima e mondiale poi. Del resto, le precedenti opere audiovisive di fantasia ispirate alle vicende dell’autore toscano sono rade e di poco interesse; poi però arriva Pupi Avati, regista emiliano da decenni straordinariamente prolifico, che decide prima di pubblicare un romanzo di fantastoria dal titolo L’alta fantasia, poi di trarne un lungometraggio cinematografico diretto dallo stesso. L’ambizione è quella di raccontare un Dante Alighieri inedito attraverso il viaggio, il racconto e gli studi di Giovanni Boccaccio.
Il risultato è Dante, il nuovo film di Pupi Avati che debutterà nelle sale italiane a partire dal prossimo giovedì 29 settembre con 01 Distribution e Rai Cinema. Nella nostra recensione di Dante affronteremo la genesi della pellicola, dal romanzo al grande schermo, per poi analizzare nel dettaglio quanto il regista sia riuscito o meno a slegarsi dalla materia letteraria per intessere un omaggio cinematografico alla vita e alle straordinarie opere di quello che è giustamente considerato il Padre della letteratura italiana.
La trama: nel mezzo del cammin di nostra vita…
Evocazione e viaggio. Questi i due cardini fondanti del Dante diretto da Pupi Avati, elementi essenziali che non soltanto caratterizzavano il romanzo dell’autore emiliano da cui la pellicola, ma anche tutta l’opera letteraria di Dante Alighieri. Raccontando il viaggio che Giovanni Boccaccio (Sergio Castellitto) compie nel 1350 da Firenze a Ravenna per incontrare la figlia del Sommo Poeta fattasi monaca, l’autore de Il Decameron rievoca i punti salienti, la vita privata, i dolori e le sofferenze personali del grande letterato toscano.
Un film dunque dalla struttura erratica ed episodica, che riflette quella dello stesso romanzo. Se Dante era poeta del viaggio per eccellenza, Pupi Avati ha l’ambizione anche qui di narrare quello che è a tutti gli effetti un periglioso viaggio di scoperta, sorprese e conoscenza, prima per lo stesso Boccaccio, voce narrante dell’intero lungometraggio, poi per lo spettatore, accompagnato con dolcezza e profondo senso di riverenza nella gioventù di un Dante Alighieri inedito, di certo lontanissimo dall’immagine scolastica e accademica con la quale siamo forse tutti cresciuti.
Un amore mai corrisposto
In primis, il film di Avati restituisce un’immagine del Sommo Poeta fiorentino solcato da un febbrile impeto di gioventù mai sopito: da una parte, l’amore platonico mai corrisposto per Beatrice (Carlotta Gamba), dall’altra la predilezione per la composizione di sonetti e poesie amorose che lo porterà a farsi un nome nell’ambiente letterario della Firenze del tempo. Nei panni del giovane Dante un intenso Alessandro Sperduti, capace di donare anima e corpo ai tormenti interiori dell’intellettuale toscano. L’Alighieri di Pupi Avati è ormai lungi dal corrispondere alla figura ieratica e accademica che le istituzioni scolastiche italiane ci hanno da sempre fornito, bensì un ragazzo palpitante passione, fervore letterario, politico e sentimentale, tutti nobili valori che lo condurranno però a un destino tragico lontano dalla felicità cercata tra le sue immortali rime.
Enigma Dante
Il Dante di Pupi Avati, così come precedentemente il suo romanzo L’alta fantasia, nasce difatti da un vero e proprio senso di inadempienza verso l’Alighieri, relegato da sempre nelle mani delle gerarchie istituzionali scolastiche e accademiche che, anziché avvicinarlo alla audience dei più giovani lo allontana sempre di più, arroccandolo a polveroso e antipatico autore da studiare . Uno sguardo umano e affettuoso, quello del regista emiliano, che per il suo romanzo trasformatosi in film, in parte si è ispirato al prosimetro della Vita Nova, scritto dall’Alighieri all’indomani della morte di Beatrice, e al Trattatello in laude di Dante di Giovanni Boccaccio, che proprio del suo viaggio da Firenze a Ravenna racconta.
Dante viene così ritratto nella pellicola del 2022 come meritava di esserlo: risarcito della sua ingombrante ombra accademica e riavvicinato alle persone come eterno ragazzo capace di poesia, dal cuore traboccante amore, dal fervore filosofico, politico e scientifico impareggiabile per la sua epoca storica. Un personaggio appartenente alla cultura universale da secoli ineffabile, enigmatico, da molti ritenuto addirittura infilmabile, ma che Avati restituisce a un nuovo pubblico di spettatori cinematografici con la freschezza della gioventù del Sommo Poeta.
Un film che odora di morte
Inoltre, il Dante di Avati è un film che odora di morte e che della morte stessa si impregna tutto: essa fa capolino sin dal suo setting storico con una Toscana medievale cruda e fortemente concreta, flagellata dai postumi di una pandemia di peste che ancora colpisce spietata, che porta via con sé l’amata Beatrice, ma che poi torna prepotente quando scoppia la guerra fratricida tra Bianchi e Neri, e che vedrà coinvolto lo stesso intellettuale, uscitone illeso. Del resto, la morte è la grande protagonista del film di Pupi Avati sin dal suo incipit, quando viene messa in scena la turbolenta notte della dipartita di un ormai anziano Dante Alighieri in quel di Ravenna, vero e proprio deus ex machina narrativo che trent’anni dopo porterà Boccaccio a intraprendere un viaggio di riparazione che ha il sapore di un vero e proprio percorso di memoria, epitaffio definitivo e riverente in omaggio a un poeta morto anch’egli.
Eppure, nonostante tutto, il nuovo film di Avati soffre di un’impostazione fortemente episodica, che invece di enfatizzare i numerosi flashback narrativi dedicati al Sommo Poeta, ne riduce il potere e fascino, producendo infine più smarrimento che vera partecipazione e comprensione. Un adattamento dalla letteratura al cinema che avrebbe di certo giovato di una minor aderenza alla struttura erratica del romanzo d’origine a favore di una maggiore audacia nella messa in scena. Peccato, nonostante il ritratto cinematografico inedito che fa del nostro più grande autore letterario di sempre.
La recensione in breve
Dante, il nuovo film di Pupi Avati, è l'adattamento del romanzo "L'alta fantasia" pubblicato dallo stesso regista; nonostante l'ambizione da fantastoria, il film non riesce a slegarsi del tutto da un andamento erratico e fortemente episodico proprio dell'opera letteraria. La pellicola ci restituisce comunque un ritratto inedito e interessante di un Dante totalmente lontano dall'immagine accademica e scolastica, anche grazie a un bravissimo Alessandro Sperduti nei panni del poeta.
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