Il film: Doctor Strange, 2016. Regia: Scott Derrickson. Cast: Benedict Cumberbatch, Chiwetel Ejiofor, Rachel McAdams, Benedict Wong, Michael Stuhlbarg, Benjamin Bratt, Scott Adkins, Mads Mikkelsen, Tilda Swinton.
Genere: fantastico, azione. Durata: 115 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Disney+, in lingua originale.
Trama: Il brillante e arrogante chirurgo Stephen Strange viene iniziato all’uso della magia dopo un incidente che gli danneggia in modo irreparabile le mani.
Correva l’anno 2011, e nel primo lungometraggio di Thor gli aspetti ultraterreni del figlio di Odino e della società asgardiana venivano spiegati come il risultato di un mondo dove magia e scienza sono la stessa cosa, rendendo più facile l’inserimento del personaggio in un universo i cui eroi fino a quel punto erano ancorati in un minimo di verosimiglianza. Cinque anni dopo, con le prime iniziative della Fase Tre, il fattore più o meno scientifico è rimasto (i maghi sfruttano l’energia del Multiverso), ma si parla più esplicitamente di magia nel contesto dell’esordio cinematografico di uno dei più noti eroi della Marvel, di cui parliamo nella nostra recensione di Doctor Strange.
La trama: destrezza di mano
Stephen Strange, newyorkese, è un brillante chirurgo, il cui genio è direttamente proporzionale alla sua arroganza. Un atteggiamento che lo rende difficilmente sopportabile al di là del rispetto professionale, come si nota nel suo rapporto non facile con la collega Christine Palmer, con la quale ha avuto una storia. Poi, una sera, un incidente automobilistico gli danneggia le mani in maniera irreparabile, troncandogli di fatto la carriera. Ma un incontro con un uomo che è improbabilmente ritornato a camminare dopo una paralisi teoricamente irreversibile lo spinge a recarsi a Kamar-Taj, dove viene accolto dall’Antico e iniziato all’uso della magia – pardon, delle arti mistiche – e alla conoscenza del Multiverso. Due elementi che saranno molto utili nel momento in cui Kaecilius, ex-discepolo dell’Antico, decide di allearsi con un’entità minacciosa da un’altra dimensione e distruggere lo spazio-tempo.
Il cast: il suo nome è Strange, Stephen Strange
Prima vera “star” a entrare a far parte del Marvel Cinematic Universe (poiché all’epoca sulla cresta dell’onda grazie alla serie Sherlock e il ruolo di Smaug nella trilogia de Lo Hobbit), Benedict Cumberbatch è perfettamente calato nella parte di Strange con il suo stile di recitazione molto intellettuale, a cui si contrappongono con efficacia attori più passionali come Rachel McAdams e Chiwetel Ejiofor, ma anche l’apparentemente poco espressivo Benedict Wong che ruba la scena a tutti con uno humour volutamente sottotono.
Tilda Swinton, eterea come sempre, contribuisce all’aura mistica del film nei panni dell’Antico, e ovviamente – siamo nel 2016, due anni prima della sua scomparsa – c’è il solito cameo di Stan Lee, co-creatore di Strange. Parziale nota dolente è Mads Mikkelsen, la cui consueta intensità non basta per dare sostanza a Kaecilius, un cattivo piuttosto generico anche per gli standard del franchise cinematografico della Marvel.
La formula si fa magica
Quando si ha a che fare con i supereroi, la origin story tende a seguire un determinato schema, e la cosa è particolarmente evidente nel contesto del MCU dove molti personaggi, per loro natura, hanno percorsi simili. Non fa eccezione l’esordio di Stephen Strange che, per peripezie è personalità, è un po’ “Iron Man con la magia”, così come Ant-Man era “Iron Man ma in piccolo”. Ma a fare la differenza è l’approccio del regista Scott Derrickson, proveniente dall’ambiente horror (a lui dobbiamo Sinister e The Exorcism of Emily Rose) e quindi il candidato ideale per tradurre in immagini per il grande schermo l’apparato visivo a dir poco psichedelico che caratterizzava le prime storie di Strange illustrate da Steve Ditko.
Quello che poteva essere il solito racconto di supereroi – e per certi versi lo è comunque – diventa quindi un piccolo trip fatto di intuizioni che ridefiniscono i parametri estetici dell’universo Marvel; un gioco di suggestioni e ripetizioni che genera una letterale collisione fra mondi diversi, all’insegna di un’avventura coerentemente caotica che introduce un eroe carismatico e abbraccia con gioia il potenziale più strambo del franchise.
La recensione in breve
La formula narrativa del genere supereroistico è in bella evidenza, ma piacevolmente elevata dall'incursione nel mondo della magia, con Scott Derrickson che traduce bene in immagini per lo schermo gli universi immaginati dal disegnatore Steve Ditko.
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Voto CinemaSerieTV