Il film: Dune, 2021. Regia: Denis Villeneuve. Cast: Timothée Chalamet, Zendaya, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Stellan Skarsgård, Jason Momoa, Josh Brolin, Dave Bautista, Javier Bardem, Charlotte Rampling Genere: fantascienza, azione. Durata: 155 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix, in lingua originale.
Trama: La prima parte di un adattamento in due film del celebre romanzo di Frank Herbert, sul conflitto tra la Casa di Atreides e i perfidi Harkonnen.
Per il regista canadese Denis Villeneuve l’idea di adattare il celeberrimo romanzo di fantascienza di Frank Herbert era il sogno di una vita, immutato anche dalle difficoltà che hanno avuto in quell’ambito Alejandro Jodorowsky (le cui tribolazioni artistiche sono poi divenute un documentario sulla mancata realizzazione del film) e David Lynch. Ed è un sogno che ha potuto cominciare a rendere realtà con la prima parte di un ambizioso dittico, un inizio che ha anche segnato la rivalsa della sala sullo streaming con proiezioni di gala a festival come Venezia e Toronto e l’esclusività al cinema per un mese nei mercati internazionali prima dell’uscita ibrida negli Stati Uniti che è toccata a tutti i film Warner Bros. del 2021. È il film di cui parliamo nella nostra recensione di Dune.
La trama: di nuovo su Arrakis
In un futuro lontano, Leto Atreides, sovrano del pianeta oceanico Caladan, riceve dall’imperatore l’incarico di sostituire la casata Harkonnen per l’amministrazione del pianeta desertico Arrakis, fonte preziosa della sostanza psicotropica nota come la Spezia. Leto accetta, seppure con qualche titubanza, dopo essersi reso conto che un’alleanza con i Fremen, gli indigeni di Arrakis, potrebbe rivelarsi strategicamente utile. Quello che non sa è che in realtà l’imperatore intende autorizzare gli Harkonnen a riprendersi il pianeta con la forza e sterminare gli Atreides per questioni di influenza interplanetaria. Particolarmente importante in questo contesto è il figlio di Leto, Paul, i cui poteri psichici ereditati dalla madre Jessica gli fanno capire che Arrakis avrà un ruolo fondamentale nella sua crescita come erede al trono.
Il cast: attori da deserto
Per il suo ambizioso progetto spaziale Villeneuve ha riunito un cast di tutto rispetto, a cominciare da Oscar Isaac, Rebecca Ferguson e Timothée Chalamet come i tre membri della famiglia Atreides, circondati da leali consiglieri e aiutanti che hanno i volti carismatici di Josh Brolin e Jason Momoa. In territorio Fremen vediamo soprattutto Javier Bardem e Zendaya, quest’ultima con un ruolo minore in vista di una maggiore presenza nel secondo film, dove vedremo anche fisicamente l’imperatore (Christopher Walken). Gli antagonisti, in questa sede, sono rappresentati principalmente da un grandissimo e volutamente disgustoso Stellan Skarsgård, che ritrova il piacere dell’essere spudoratamente viscido nel ruolo del barone Vladimir Harkonnen.
L’ambizione di una vita
In un mondo dove il blockbuster è prodotto industriale, spesso con la componente artistica subordinata alla logica di mercato (basti pensare, in ambito Warner, a quanto accaduto con il franchise cinematografico della DC Comics nel 2017), la passione di Denis Villeneuve è palpabile sin dai primi minuti della pellicola, che introducono il mondo immaginato da Frank Herbert con il giusto miscuglio di intrigo ed esoterismo (con il non indifferente contributo della colonna sonora di Hans Zimmer, premiata con l’Oscar e perfettamente in linea con la visione parzialmente tribale del regista per la costruzione di un universo alieno che rimane riconoscibile come allegoria dei conflitti dinastici umani). È fantascienza vecchio stile, su grandissima scala e immaginata con l’intento di andare oltre le limitazioni del genere nella Hollywood influenzata, nel bene e nel male, dai supereroi e dalla proliferazione di CGI.
Un franchise tattile
Girato in teatri di posa e in loco in Giordania e negli Emirati Arabi, il film vuole ricatturare quella dimensione artigianale che accompagnava i blockbuster negli anni Settanta, quando un Guerre stellari non poteva avvalersi di effetti digitali e si recava in luoghi vari per ricreare i posti immaginati da George Lucas. In tal senso, l’operazione di Villeneuve è ancorata in una gloriosa tradizione delle macroproduzioni americane, ma su una scala senza precedenti perché l’uso minimo di ritocchi in post-produzione, che per certi versi fa pensare a quel “tanto tempo fa in una galassia lontana lontana” che ci accompagna dal 1977, non è indice di un lavoro più modesto, anzi: i paesaggi desertici ed acquatici sono tattili, quasi “terra terra”, ma nella visione di Villeneuve e del direttore della fotografia Greig Fraser (che ha girato in IMAX per avere il formato più spettacolare possibile) diventano portavoce di qualcosa di più grande, quasi troppo grande per essere pienamente catturato sullo schermo. Almeno in questa prima, stupefacente parte del dittico.
La recensione in breve
Denis Villeneuve riconferma la sua ambizione visiva e il suo talento per altri mondi con questo spettacolare adattamento della prima metà del romanzo di Frank Herbert.
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Voto CinemaSerieTV