Il film: Fairytale (Skazka), 2022. Regia di Alexander Sokurov. Cast: Lothar Deeg, Tim Ettelt, Vakhtang Kuchava, Fabio Mastrangelo, Alexander Sagabashi, Michael Gibson. Genere: fantastico, animazione. Durata: 78 minuti. Dove l’abbiamo visto: al Locarno Film Festival, in lingua originale.
Trama: in un misterioso mondo ultraterreno si incontrano Adolf Hitler, Joseph Stalin, Benito Mussolini e Winston Churchill, con ognuno che riflette sulle proprie azioni in vita e si interroga sulla sua presenza in questo non-spazio dopo la morte, dove fanno capolino anche Gesù e Napoleone Bonaparte.
Dopo aver portato a Locarno il suo primissimo lungometraggio nel 1987, il grande regista russo Alexander Sokurov (che preferisce usare la versione occidentale del suo nome di battesimo, anziché la traslitterazione dell’originale cirillico) è tornato in Svizzera 35 anni dopo, lasciando fisicamente la Russia (dopo che gli era inizialmente stato impedito per la sua posizione apertamente antiputiniana) con un’opera nuova e sorprendente, che ha stregato la critica ma non è riuscita a ottenere il benestare della giuria ufficiale. Ne parliamo in questa recensione di Fairytale.
La trama: per me si va nella città dolente
Rifacendosi a un immaginario quasi dantesco (il progetto nasce come alternativa a un’idea basata proprio sulla Divina Commedia e resa impossibile dalla pandemia), Sokurov mette in scena un misterioso aldilà, dove si incrociano varie figure importanti del ventesimo secolo: Adolf Hitler, Joseph Stalin, Benito Mussolini e Winston Churchill. Tutti dittatori tranne Churchill, il quale però si trova nel medesimo non-luogo perché, come ha spiegato il regista, non è che il Primo Ministro inglese dell’epoca fosse uno stinco di santo. Appaiono anche, brevemente, Gesù e Napoleone Bonaparte, presenze fluttuanti in questo ambiente strano sulla cui natura si interrogano tutti i protagonisti.
Il cast: voci dall’oltretomba
Fairytale è un film d’animazione, dove le varie figure storiche sono state ricreate tramite tecnologia deepfake, mentre le voci sono state affidate a sei attori: Lothar Deeg e Tim Ettelt doppiano Hitler, mentre Vakhtang Kuchava presta la voce a Stalin. Mussolini è Fabio Mastrangelo, e per il ruolo di Churchill si alternano Alexander Sagabashi e Michael Gibson. Ciascuno recita nella propria lingua, creando una cacofonia che rispecchia il caos del bislacco purgatorio immaginato da Sokurov.
Tirare le somme
Non vuole essere un film-testamento, ma è difficile non leggere nell’ipnotico fascino di Fairytale una sorta di bilancio della carriera di Sokurov, uno dei grandi cantori audiovisivi della Storia umana del secolo scorso. Tra il 1999 e il 2011 ha firmato una magnifica tetralogia sul potere che corrompe l’animo umano, concentrandosi su tre figure storiche – Hitler, Lenin e l’imperatore Hirohito – prima di reinterpretare a modo suo una delle sue principali ossessioni, il mito di Faust. Hitler ritorna in questa sede, accompagnato da altri individui logorati dal potere, come se il regista volesse dire la parola definitiva su uno dei capitoli più bui della Storia umana relegandone i responsabili al vagare eterno in uno spazio ultraterreno, che spegne gli entusiasmi dittatoriali con monocromatica precisione.
Cinema pandemico
Fairytale è un film nato durante e in reazione alla pandemia, per mantenere vivo il flusso creativo mentre lockdown e misure restrittive bloccavano progetti più ambiziosi. Ed è, per certi versi, un perfetto titolo pandemico, che sotto la scorza della fiaba e dell’immaginario da altro mondo cela un ritratto lucido e agghiacciante di una realtà di cui stiamo ancora pagando il prezzo. Una pandemia ha spinto Sokurov a evocarne un’altra, dove il morbo era un misto di odio, megalomania e violenza che, a decenni di distanza, non è mai stato debellato del tutto. E se per i personaggi raffigurati dal regista non c’è più modo di tornare a vedere le stelle, d’altro canto il clima punitivo non si applica al film stesso, e non occorre lasciare ogni speranza prima d’entrare in quel mondo.
La recensione in breve
Il regista russo Alexander Sokurov rimane lucido e preciso come sempre, riflettendo sul male in maniera animata e onirica e rifacendosi a immagini degne di Dante.
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