Il film: Galline in fuga – L’alba dei nugget (Chicken Run: Dawn of the Nugget), 2023. Regia: Sam Fell. Cast: Thandiwe Newton, Zachary Levi, Bella Ramsey, Romesh Ranganathan, Daniel Mays, David Bradley, Jane Horrocks, Imelda Staunton, Lynn Ferguson, Miranda Richardson, Nick Mohammed, Peter Serafinowicz.
Genere: animazione, commedia, azione. Durata: 101 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix (screener), in lingua originale.
Trama: La figlia di Rocky e Ginger viene rapita, e le galline devono fare intrusione in una fattoria industriale per salvarla.
Fa un po’ strano vedere direttamente su Netflix, e non più in sala, un nuovo lungometraggio della Aardman, lo studio inglese che negli ultimi anni era diventato uno dei baluardi, per lo meno per il mercato anglosassone, di un cinema d’animazione fatto con tecniche tradizionali (in questo caso la stop motion). Ma è forse anche la conseguenza, inevitabile, di un’evoluzione del panorama audiovisivo che per l’azienda capitanata da Nick Park e Peter Lord, registi del primo Galline in fuga, si era già dimostrato complesso con i due sodalizi, non particolarmente fortunati, per la distribuzione dei loro primi quattro lungometraggi (i primi due con la DreamWorks, con tanto di Oscar per il film dedicato alle avventure di Wallace e Gromit, e i due successivi con la Sony Pictures). Ed eccoci, quindi, in zona streaming per scrivere questa recensione di Galline in fuga – L’alba dei nugget.
La trama: conosciamo i nostri polli
Dopo essere scappati dalla fattoria della signora Tweedy, Ginger, Rocky e compagnia bella si sono costruiti un piccolo paradiso personale su un’isoletta, dove l’unico contatto – minimo – con il mondo esterno è rappresentato dalle periodiche consegne di materiale da parte dei ratti Nick e Fetcher. Per Ginger e Rocky è particolarmente importante non modificare il nuovo status quo al fine di proteggere la loro figlia Molly, la quale invece è curiosa di sapere cosa ci sia oltre l’acqua che la separa da territori sconosciuti. E così, un giorno, lei si allontana da casa e finisce su un camion diretto verso quello che è rappresentato come un luogo meraviglioso per le galline. Ma il marketing, si sa, è ingannevole: trattasi di una nuova fattoria, industriale, dove i pennuti diventeranno dei chicken nuggets. Cosa fare? Semplice, dice Ginger: l’ultima volta c’è stata la fuga. Questa volta, sarà necessario fare l’inverso.
Il cast: tutti insieme diversamente
I personaggi principali del capostipite ci sono quasi tutti, con le loro personalità intatte, ma non sono mancate le polemiche per le scelte di casting in inglese, poiché quasi l’intero cast originale è stato sostituito, a cominciare da Ginger e Rocky: nel secondo caso Zachary Levi ha preso il posto di Mel Gibson (decisione comprensibile poiché la reputazione di quest’ultimo rende difficile usarlo in un lungometraggio per famiglie), mentre nel primo Julia Sawalha è stata rimpiazzata perché ufficialmente la sua voce era invecchiata troppo, ma è poi emerso che questo non era vero (lei ha mandato una registrazione di prova allo studio, che ha ammesso che le tonalità sono esattamente le stesse di due decenni fa), e difatti la nuova interprete di Ginger, Thandiwe Newton, non molto più giovane di Sawalha, ha la sola particolarità di essere più famosa. Bella Ramsey, lanciatissima grazie ai suoi ruoli televisivi per la HBO, contribuisce al ricambio generazionale con la giusta grinta per il ruolo di Molly.
Nuovo ma (troppo) familiare
Il casting era forse un indizio di quanto, per gli standard della Aardman, questo fosse un passo deciso verso il conformismo, quasi come se l’algoritmo di Netflix fosse intervenuto in sede creativa (come già a suo modo accadde con la DreamWorks, che per mantenere Peter Sallis – amatissimo in Inghilterra ma sconosciuto nel resto del mondo – come voce di Wallace nel lungometraggio del coniglio mannaro avrebbe preteso un paio di nomi di richiamo nel cast di contorno). Ma il vero problema sta alla base: laddove Wallace e Gromit, proprio come idea di partenza, hanno un potenziale infinito per gag su gag, il fascino di Ginger e soci è circoscritto alla premessa del primo capitolo, e non basta invertirla per ottenere gli stessi lampi di genio. Rimane il cuore iniettato nell’estetica, tattile e artigianale come sempre, e quella sincerità dà anche alle sequenze più trite e ritrite un qualcosa in più per rendere questo ridondante sequel complessivamente divertente. Anche con il pilota automatico, lo studio di Bristol riesce a portare a casa risultati apprezzabili.
La recensione in breve
Le galline della Aardman tornano con la stessa premessa, invertita, e una struttura a ripetizione che si fa comunque guardare con piacere per la cura certosina dell'apparato estetico e la sincerità delle gag visive.
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