Il film: Great Freedom (Grosse Freiheit), 2021. Regia: Sebastian Meise. Cast: Franz Rogowski, Georg Friedrich, Anton von Lucke, Thomas Prenn.
Genere: Documentario, musicale. Durata: 116 minuti. Dove l’abbiamo visto: alla Viennale, in lingua originale.
Trama: L’amicizia in carcere fra Hans Hoffmann, ripetutamente arrestato solo perché gay, e il compagno di cella Viktor Kohl, condannato all’ergastolo per omicidio.
Tra le grandi scoperte dell’edizione 2021 del Festival di Cannes, il grande ritorno sulla Croisette dopo l’interruzione pandemica del 2020, c’era una co-produzione austriaco-tedesca presentata nella sezione Un Certain Regard. Un film forte e al contempo tenerissimo, che ha conquistato il Premio della Giuria nella sua sezione e anche il Queer Palm, il riconoscimento assegnato al miglior film di tutto il festival a tematica LGBTQ. Ha poi mietuto altri successi un po’ ovunque, arrivando persino nella shortlist per l’Oscar del miglior film internazionale a nome dell’Austria, e ora, dopo i passaggi in sala al Torino Film Festival nell’autunno del 2021, è disponibile su MUBI per farsi scoprire e apprezzare dal pubblico nostrano. È il film di cui parliamo nella nostra recensione di Great Freedom.
La trama: la guerra interiore
La Seconda Guerra Mondiale è finita, ma per Hans Hoffmann la libertà è un concetto alieno: in quanto omosessuale, ogni volta che è colto in flagrante si ritrova in prigione per aver violato il paragrafo 175 del Codice penale tedesco. Il film segue le sue vicende alternando tre anni specifici: il 1945, il 1957 e il 1968, quest’ultimo l’anno prima dell’abolizione della legge che criminalizzava l’omosessualità. L’unica costante in questo lungo, tormentato periodo della sua vita è il compagno di cella, l’austriaco Viktor Kohl, che sta scontando un ergastolo per omicidio. Il loro rapporto inizialmente è molto ostile, a causa dell’omofobia di Viktor, ma col passare del tempo tra i due nasce un legame basato sull’affetto e sulla stima reciproca, un legame che aiuterà Hans mentre aspetta che un giorno il suo orientamento sessuale smetta di essere considerato un reato.
Il cast: Germania contro Austria
La pellicola di Sebastian Meise è essenzialmente un duetto tra due grandissimi attori: il teutonico Franz Rogowski, volto del cinema recente di Christian Petzold e istrionico villain in Freaks Out di Gabriele Mainetti, e il viennese Georg Friedrich, grande caratterista che è apparso nei film del concittadino Ulrich Seidl e ha vinto l’Orso d’Argento per la migliore interpretazione maschile alla Berlinale nel 2017. Insieme danno vita a un sodalizio recitativo che mescola sapientemente verosimiglianza e momenti più macchiettistici (Viktor, che si esprime con il dialetto caratteristico di Friedrich, viene schernito per la sua scarsa padronanza del tedesco quando insulta Hans con epiteti omofobi), creando un rapporto credibilmente variegato e umano che scandisce con precisione la lunga prigionia, individuale e condivisa, dell’improbabile duo.
Passione “illegale”
Al secondo lungometraggio in solitario, Meise continua il suo percorso legato alla sessualità, avendo precedentemente parlato di prostituzione e incesto nell’esordio Stillleben (2011) e poi di pedofilia nel documentario Outing (2012), firmato in tandem con il suo co-sceneggiatore Thomas Rieder sulla base delle ricerche effettuate per l’altro film. E al terzo giro decide di accantonare i territori più scabrosi e di concentrarsi su un tema non propriamente allegro ma comunque associato all’ottimismo quale la lotta per la giustizia, e proprio per questo il rapporto fra i due protagonisti rappresenta la doppia anima della pellicola, ancorata in un contesto storico duro e spietato ma al contempo intrisa di vera gioia di vivere, sin dalle scene iniziali che trattano l’omosessualità di Hans come un comportamento umano e allegro, senza i toni punitivi che spesso accompagnano progetti su argomenti simili. La grande libertà è anche questo, il poter raccontare un regime oppressivo – che ne aveva appena sostituito un altro ancora più crudele – con uno spirito che trasforma le celle claustrofobiche in palcoscenici che si aprono su un mondo dove la ricerca del piacere è un inno alla felicità.
La recensione in breve
Sebastian Meise parla della criminalizzazione dell'omosessualità in Germania con brio e tanto calore umano, trasformando l'argomento in un magnifico ritratto di amicizia e felicità.
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