Il film: Harry Potter e la pietra filosofale (Harry Potter and the Philosopher’s Stone), 2001. Regia: Chris Columbus. Cast: Daniel Radcliffe, Rupert Grint, Emma Watson, John Cleese, Robbie Coltrane, Warwick Davis, Richard Griffiths, Richard Harris, Ian Hart, John Hurt, Alan Rickman, Maggie Smith, Fiona Shaw, Julie Walters.
Genere: fantastico. Durata: 152 minuti. Dove l’abbiamo visto: su Netflix, in lingua originale.
Trama: La prima avventura cinematografica di Harry Potter, che all’età di undici anni scopre di essere un mago.
Mentre Batman e Superman cercavano di tornare sullo schermo, la Warner Bros. ebbe l’idea di puntare su un altro progetto di fama mondiale da cui trarre un franchise cinematografico, optando per la saga letteraria di J.K. Rowling. Un successo che dura dal 2001, e il cui primo capitolo è oggetto di questa recensione di Harry Potter e la pietra filosofale.
La trama: benvenuti a Hogwarts!
Il piccolo Harry Potter, rimasto orfano, viene affidato agli zii, unici parenti rimasti. Seguono dieci anni di soprusi da parte loro, che lo odiano e non esitano a farglielo sapere praticamente ogni giorno, mentre continuano a viziare il figlio Dudley. Poi, il giorno del suo undicesimo compleanno, Harry scopre di essere un mago, e di essere iscritto a Hogwarts, la più prestigiosa scuola di magia nel mondo. Una volta arrivato lì, si rende conto di essere molto famoso, cosa che gli crea amici e nemici in egual misura. Nella prima categoria rientrano Ron Weasley e Hermione Granger, con cui Harry comincia a indagare su eventi misteriosi che stanno avendo luogo all’interno della scuola.
Il cast: piccoli maghi alle prime armi
Il film ha lanciato le carriere internazionali di Daniel Radcliffe, Rupert Grint ed Emma Watson, rispettivamente nei panni di Harry, Ron e Hermione, così come quella di Tom Felton che interpreta il viscido Draco Malfoy. Il cast adulto è invece la crème de la crème del cinema britannico dell’epoca, da Robbie Coltrane a Warwick Davis passando per Richard Griffiths e Fiona Shaw, da Richard Harris (alla prima di due apparizioni nei panni di Silente prima di morire) a Maggie Smith passando per Ian Hart e il grandissimo Alan Rickman. Camei di lusso per interpreti come John Hurt (Ollivander, il fabbricante di bacchette magiche) e John Cleese (Nick Quasi Senza Testa, il fantasma di Grifondoro). Per volere di J.K. Rowling non ci sono attori americani nei ruoli principali, e la principale eccezione riguarda Zoë Wanamaker, statunitense di nascita ma cresciuta in Inghilterra.
Alta fedeltà
Già all’epoca si era parlato di quanto il film fosse aderente al materiale di partenza, e anche a due decenni di distanza la cosa salta all’occhio, soprattutto alla luce degli episodi successivi: fatta eccezione per qualche dettaglio minore (il libro inizia dal punto di vista dei Dursley) e un personaggio secondario le cui scene sono state tagliate dal montaggio finale (Pix il poltergeist, che doveva avere le fattezze del comico Rik Mayall), il lavoro dello sceneggiatore Steve Kloves, con esplicita approvazione dell’autrice (e del regista Chris Columbus, che sul conservare o meno certi momenti avrebbe consultato le proprie figlie), è piuttosto certosino. Una scelta che da un lato aiuta il cosiddetto worldbuilding, perché i vari dettagli contribuiscono in modo efficace alla resa visiva del Wizarding World e alla sua ricchezza tematica; dall’altro, però, la necessità di non escludere nulla o quasi rende faticosi alcuni passaggi, in particolare prima che ingrani la componente mystery dell’intreccio che è poi diventata uno dei marchi di fabbrica della saga a livello strutturale.
È quasi magia, Harry!
È un’introduzione parzialmente claudicante, ma già con tutte le carte in regola, dagli attori (anche quelli più giovani, dai quali emerge la promessa di talenti da coltivare con successo) al contributo di Kloves passando per tutto il reparto tecnico che, coordinato da Columbus, ha portato sullo schermo un mondo che ancora oggi, anche senza scomodare il paragone con il meno riuscito filone spin-off degli animali fantastici, rimane decisamente incantevole, a partire dalle prime note del tema di Edwige composto da John Williams per trasportare il pubblico entro le mura di Hogwarts e far corrispondere il nostro stupore a quello di Harry, fiondato in un universo che mai aveva pensato di poter vedere. Un universo che per lui, e quelli cresciuti con le sue avventure, è rapidamente diventato casa. Dentro e fuori dallo schermo, da più di vent’anni.
La recensione in breve
Chris Columbus porta con successo sullo schermo lo spirito dei romanzi dedicati a Harry Potter, anche se a volte ne rispetta un po' troppo la lettera.
- Voto CinemaSerieTV